Il 31 luglio 1919 nasceva a Torino Primo Levi.
Simbolo italiano della lotta all’antisemitismo, Primo Levi sopravvisse alla deportazione nel campo di sterminio di Auschwitz, dove rimase per circa un anno.
Nato da una famiglia di origine ebraica, subisce gli effetti delle leggi razziali sin dall’Università, dove portò a termine a fatica gli studi in chimica. Dopo la laurea si avvicina agli ambienti antifascisti e viene presto arrestato per essere condotto ad Auschwitz. La drammatica esperienza nel campo di concentramento è raccontata nel toccante romanzo “Se questo è un uomo”, di cui Levi confesserà essere «nato fin dai giorni di lager per il bisogno irrinunciabile di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi».
Ad oggi, “Se questo è un uomo” è una delle opere memorialistiche sui lager nazisti più lette e più complete della storia della letteratura. Alle testimonianze della vita ad Auschwitz, infatti, si alterna l’analisi delle complesse regole della società dei detenuti.
Il lungo e travagliato viaggio di ritorno dal lager verso casa di Primo Levi, che lo vide attraversare ben sei nazioni, è descritto nel romanzo “La tregua“, diventato nel 1997 un film con John Turturro (nei panni di Levi) per la regia di Francesco Rosi.
In occasione del centenario dalla nascita, numerose iniziative in Italia e nel mondo, dal Brasile alla Turchia celebreranno la memoria dello scrittore con momenti di lettura, riflessioni e approfondimenti tratti dai suoi capolavori letterari.
Ricordare oggi Primo Levi è quanto mai necessario per rinsaldare il legame di ognuno di noi con la memoria del dolore, perché l’antisemitismo, soprattutto quello emergente, resti confinato ad una dimensione ideologica malata e incompatibile con i valori di uguaglianza e convivenza tra i popoli.
La memoria va custodita, protetta, salvaguardata. Così come vorrebbe Primo Levi.