C’è stato un tempo (secoli, in realtà) in cui l’Islam considerava l’omosessualità come una normale variante del comportamento umano.
Letto così sembra strano, soprattutto pensando che oggi la gran parte delle nazioni del mondo in cui l’omosessualità è punita con la pena di morte (impiccagione o lapidazione) sono di religione islamica. Eppure l‘Impero Ottomano, che concentrava tutto il potere del mondo musulmano, non ha mai punito il sesso gay o lesbico come un crimine, se non dalla seconda metà dell’800.
Dobbiamo l‘omofobia islamica, infatti, alla colonizzazione cristiana. Maometto stesso, secondo alcuni musulmani, avrebbe sostenuto e protetto le minoranze sessuali e di genere. Questo lato “rainbow” dell’Islam è oggi taciuto e censurato, rinnegato dai più, perché i cristiani non vedessero i musulmani come passivi e deboli. Ma la sua storia si perde nei secoli.
La cultura musulmana è radicata in quella greca
Gli imperi islamici ottomano (turco), savafide (sciita dell’Iran) e moghul (indiano) condividevano tra loro una cultura di base comune, che traeva origine dall’antica Grecia. Per questo, esattamente come accadeva nella comunità ellenica tra gli erastes (l’amante adulto) e l’eromenos (il giovinetto efebico), era piuttosto comune che nel mondo islamico gli uomini più anziani con la barba molto lunga, chiamati “khatt“, si sollazzassero con quelli più giovani, ancora imberbi, detti “amrad“.
Quando poi gli “amrad” diventavano adulti e adempivano ai propri doveri riproduttivi, si facevano crescere la barba e diventavano a loro volta inseguitori dei maschi più giovani, o potevano essere liberi di praticare sesso libero con prostitute e altre donne.
Tutta la società accettava questo modo di fare, soprattutto nelle classi più alte. Gli storici raccontano però di un certo pregiudizio verso i “mukhannas“, da alcuni considerati trangender, che anche da adulti si radevano la barba per continuare ad essere oggetto del desiderio degli uomini. Il loro ruolo nella società era quello di servitori.
Non solo donne vergini in Paradiso
In nessun passo del Corano si specifica che le “vergini” nell’aldilà fossero solo di sesso femminile.
Le “hur” (o “houris”), ossia le fanciulle vergini, hanno infatti una controparte maschile, i “ghilman“. Il Corano afferma che “i vergini immortali s’aggireranno tra loro per servirli. Quando li vedi, pensi che siano perle sparse“.
Sodoma e Gomorra: la versione del Corano
Oltre al mondo greco, l’Islam ha dei punti di contatto anche con la religione ebraica, con la quale condivide episodi biblici e profeti. Anche nel Corano si racconta di Sodoma e Gomorra, proprio come nella Bibbia, ma Allah sembra non punire la condotta omosessuale, bensì altro.
Nella storia che conosciamo, due angeli giunti a Sodoma incontrano il loro padrone Lot, e si recano a casa sua. Gli estranei saranno presi dagli abitanti della città, che li reclamano perché potessero stuprarli e goderne. Allah, però, raderà al suolo Sodoma per punire lo stupro, la violenza e la violazione dell’ospitalità (che nel mondo arabo è sacra), non per l’atto sessuale consumato tra uomini.
Islam e amore lesbico
Poco si conosce oggi della vita sessuale delle donne nell’antico mondo islamico, perché come sappiamo si adottava una società patriarcale.
Nell’antico Islam, però, il sesso lesbico era usato come cura, perlomeno dopo la sua depenalizzazione avvenuta nel XVI secolo (probabilmente perché ritenuto poco rilevante).
C’è addirittura un termine, “Sihaq” (letteralmente: “sfregamento“) che lo indica precisamente. I medici credevano che le pulsioni saffiche di sviluppassero da un forte prurito sulla vulva di una donna, e che questo pizzicore potesse essere lenito solo dagli umori sessuali di un’altra donna attraverso lo sfregamento dei genitali. Anche questo rimedio era stato ereditato dalla cultura greca.
Qualche tempo dopo, lo scienziato italiano Prosper Alpini attribuì al caldo e all’eccesso di cibo la causa dell’eccessivo desiderio sessuale nelle donne, dovuto quindi ad uno squilibrio umorale. Per questo raccomandava di adoperarsi per fare il bagno.
Moltissimi libri hanno celebrato coppie lesbiche nella storia dell’Islam, sin dal X secolo: si pensi a “Le funzioni dell’amore saffico” nel libro di Salma e Suvad, giusto per citarne uno. L’amore saffico era quindi anch’esso molto comune, ed era celebrato anche con la poesia.
Pare anche che le donne musulmane contraessero una rudimentale forma di unione civile o matrimonio: in molti palazzi sono stati rinvenuti dei contratti con i quali le donne giuravano di proteggersi e curarsi a vicenda.
L’arrivo dei cristiani e il dominio del patriarcato
Gli Europei di religione cristiana si sono introdotti nella società musulmana attraverso il colonialismo, come è accaduto in Egitto, e con il commercio, com’è accaduto nell’impero Ottomano.
Questi non fecero che esportare le proprie pratiche e le attitudini culturali, deridendo quelle locali. Se all’inizio l’Impero Ottomano ha resistito alla colonizzazione occidentale, già nel 1870, in piena epoca vittoriana, il codice penale indiano considerava l’omosessualità un crimine. Ci sono voluti 155 anni per depenalizzare l’atto tra persone dello stesso sesso.
La società araba si ritrovò a dimostrare a se stessa e ai colonialisti occidentali di essere potente e virile, e il tribalismo crebbe in maniera esponenziale e aggressiva, lasciando ai margini i deboli e chiunque non soddisfacesse lo stereotipo machista. Fu il trionfo della già preminente società dominante patriarcale, che trovò facile sottomettere le donne e criminalizzare chi non si rifletteva nell’eteronormatività.
L’Islam di oggi non ha nulla a che fare con quello che per secoli ha prosperato nel mondo arabo. Persino Maometto, come detto, proteggeva le minoranze, e se i musulmani dovessero riscoprire i primi passi della prima cultura islamica non ci sarebbe motivo per opporsi alla comunità lgbt.
Ludovic Mohamed Zahed, imam gay franco-algerino, afferma che essere un vero musulmano significa “difendere i diritti umani, la diversità e rispettare l’identità. Se si crede nella tradizione, si difendono in modo proattivo le minoranze sessuali e di genere e i diritti umani“.