Ricorre oggi per la comunità LGBTI+ il “Coming Out Day“, in cui si celebra a livello internazionale la consapevolezza della propria sessualità e l’importanza di esplorare la propria identità.
L’espressione “coming out” è una semplificazione dell’inglese “coming out of the closet“, ossia letteralmente “uscire dall’armadio“, nell’accezione di “venire allo scoperto“. In italiano non esiste un corrispettivo come ad esempio in spagnolo (salir dal armario) o dal francese (sortir du placard), ma viene piuttosto utilizzata la formula “dichiararsi”.
Il coming out è una scelta personale, volontaria e consapevole, attraverso la quale si rende partecipi gli altri del proprio orientamento o della propria identità di genere. Non va confuso con l’outing, che rappresenta invece la dichiarazione della sessualità altrui senza il consenso del soggetto interessato.
Coming Out Day: la Storia
Il Coming Out Day fu festeggiato per la prima volta l’11 ottobre 1988, dall’intuizione di uno psicologo del New Mexico, Robert Eichberg, e da Jean O’Leary, politica e attivista lesbica di Los Angeles, durante il workshop The Experience and National Gay Rights Advocates. Fu scelta la data dell’11 ottobre in quanto primo anniversario della seconda marcia nazionale su Washington per i diritti LGBT: un’occasione eccezionale di condivisione e partecipazione che superò le 200.000 presenze.
Il primo Coming Out Day si tenne presso la sede della National Gay Rights Advocates a West Hollywood, in California, alla presenza dei delegati di 18 Stati e dei principali media nazionali. La seconda edizione ebbe luogo a Santa Fe con 21 stati, mentre solo nel 1990, e grazie al coinvolgimento della Human Right Campaign, la celebrazione del Coming Out Day si estese all’intero territorio statunitense. Da allora, ogni anno ha abbracciato e interessato sempre più persone.
Sia la O’Leary, apertamente lesbica, che Eichberg, attivista e militante, morirono nel 1995: la O’Leary per un cancro ai polmoni ed Eichberg per le complicanze dell’AIDS.
Della O’Leary, Gloria Steinem del New York Times ha scritto “ha aiutato il movimento delle donne a riconoscere il costo universale dell’omofobia, e il movimento gay ha visto che emarginare le voci delle lesbiche avrebbe solo diminuito il suo potere.”
L’importanza del Coming Out
Ogni Coming Out è una piccola rivoluzione, e come ogni rivoluzione rompe un ordine precostituito per dare spazio ad una nuova visione e ad una prospettiva forte, inedita e libera.
La paura, la diffidenza e la chiusura rispetto alla realtà lgbt+ è spesso avallata da una sfiducia diffusa nei confronti degli omosessuali e della conoscenza della loro dimensione sociale. Il Coming Out, tuttavia, è anche per queste ragioni fondamentale nel processo di normalizzazione di una condizione personale che coinvolge l’intera collettività.
Bisognerebbe entrare nell’ordine di idee che, grazie al proprio coming out, familiari e amici che prima guardavano con diffidenza il mondo lgbt+, considerandolo lontano e distante dalla propria quotidianità, realizzerebbero che l’omosessualità è una condizione che li riguarda da vicino, e che il mondo LGBT+ è un caleidoscopio di realtà, identità ed espressioni di genere che attengono solo a chi li vive, e che meritano rispetto.
Il coming out aiuta chi ci sta attorno a comprenderci meglio, ma soprattutto noi stessi: se da un lato, fatto in un ambiente non ostile, allontana il pregiudizio sociale e crea un senso di comunità, dall’altro ha effetti benefici anche sulle persone omosessuali e transgender come accrescere la propria autostima, sviluppare rapporti più genuini, alleviare lo stress personale, entrare in connessione con altre persone LGBT+.
Il risvolto sociale positivo del coming out (ricordiamo che solo a seguito delle rimostranze degli attivisti lgbti siamo giunti all’ottenimento di una legge per i diritti civili), inoltre, si accompagna ad un senso di liberazione, sollievo e benessere mentale che nella gran parte delle situazioni coinvolgono positivamente la sfera personale e affettiva, spesso migliorando i rapporti con le nostre persone care.
Secondo uno studio condotto dall’ISPES, gli uomini gay hanno una probabilità di tentare il suicidio di tre volte superiore rispetto agli uomini eterosessuali, il 32,5% di gay e lesbiche sotto i 20 anni ha pensato almeno una volta di suicidarsi e il 10,8% ci ha provato davvero.
D’altro canto, è raccomandabile scegliere con attenzione con chi e quando fare coming out: il rischio è di ritrovarsi in un ambiente ostile e compromettere delicati equilibri nel contesto in cui viviamo. La nostra confessione potrà portare confusione, intolleranza, mancata accettazione della realtà, addirittura ritrovarsi fuori casa senza un sostegno economico. Il consiglio è sempre uno: decidere cosa è meglio per se stessi, soppesando tutte le variabili e cercando anzitutto alleati che possano sostenerci nei momenti di difficoltà.
Non si può vincere da soli una battaglia contro se stessi. Informare, creare campagne di sensibilizzazione, combattere la discriminazione, creare ponti tra eterosessuali, gay, lesbiche e transgender è il presupposto vitale per far sì che il colorato mondo lgbti+ venga considerato come un contesto di contaminazione positiva, arricchimento, sostegno reciproco e autentica libertà.