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Quarto Sciopero Globale per il Clima: Fridays For Future. Tutti per un mondo sostenibile ma in troppi ignorano la grande causa: l’allevamento.


Oggi si è celebrata in migliaia di piazze mondiali l’ennesimo sciopero studentesco per il clima. L’utilizzo del verbo “celebrare” non è casuale. Il lodevole slancio di tutte le ragazze e i ragazzi che marciano, capeggiati da Greta Thumberg, probabilmente è la cosa più bella che le manifestazioni di piazza abbiano visto in maniera universale.

Per chi fosse ancora perplesso sulle tematiche, aimè, le cronache meterologiche dell’ultimo mese , solamente osservando l’Italia, sono più che veritiere. La frana nel savonese che ha distrutto l’A26, l’allagamento di Venezia, Matera e Lamezia Terme e gli smottamenti che in tutte le regioni si sono registrate hanno indubbiamente una causa comune. Il clima sta cambiando velocemente. Il riscaldamento globale è tangibile. Le perturbazioni di stampo tropicale stanno aumentando e ai poli la neve scarseggia.

Questo articolo non vuole essere la mera cronistsoria della marcia per il clima del 29 novembre 2019.

Vogliamo analizzare un altro dato allarmante che viene poco menzionato nelle cause. Ormai la popolazione di tutte le nazioni si sta rendendo conto che l’utilizzo massiccio di plastiche usa e getta, di idrocarburi e metalli pesante deve assolutamente essere ridotto in tempi brevi.

Poco si sa, invece, della massiccia sproporzione poco sostenibile che rappresenta l’allevamento intensivo.

A mezza bocca i mass media allarmano le persone su questa causa. In pochi sanno che la leader, se così si può chiamare, di FFF è vegana. Sta di fatto che il problema maggiore non viene preso sul serio. Vi riportiamo anche il discorso integrale tradotto di Greta alle Nazioni Unite cliccando qui.

Oggi abbiamo visto che i cortei si sono spinti davanti alle filiali dei negozi delle multinazionali come H&M, Apple, Zara, Amazon e così via, ma abbiamo visto gli stessi manifestanti, voglio credere ignari, entrare in fast food o mangiare derivati animali.

Gli studi e le ricerche sull’impatto degli allevamenti sono alla portata di tutti. Milioni di capi di bestiame vengono allevati in batteria, come oggetti, per “nutrire” miliardi di persone. La “macchina animale” (come viene chiamata da chi investe in questo mercato) Non è affatto efficiente e necessita di attenzioni del tutto molto poco ecologiste.

Attualemnte la CO2 emessa da questo indotto rappresente il 50% , la percentuale più alta e più impattante.

Vi riportiamo i dati e l’articolo pubblicato dalla NEIC (Nutrition Ecology International Center) che è la fonte più autorevole che da anni rileva e pubblica dati in merito.

Gli animali d’allevamento sono davvero inefficienti come “macchine” per convertire proteine vegetali in proteine animali; di conseguenza, per produrre cibi animali vengono consumate molte più risorse rispetto a quelle necessarie per la produzione di cibo vegetale. Questo enorme spreco di risorse è una delle conseguenze meno pubblicizzate, ma la più devastante, della tanto decantata “Livestock revolution” (Rivoluzione del bestiame). È innegabile che questo spreco di risorse provochi un enorme impatto ambientale sul pianeta. Come affermato dal World Watch Institute, con l’evolversi della scienza dell’ecologia, è ormai assodato che gli appetiti umani per la carne animale siano la vera forza scatenante di tutte le principali categorie di danno ambientale che in questo momento minacciano il futuro dell’umanità: la deforestazione, l’erosione, la scarsità  d’acqua, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità, l’ingiustizia sociale, la destabilizzazione delle comunità e la diffusione delle malattie.

Nonostante questo, il consumo di carne pro capite è più che raddoppiato nella scorsa metà  del secolo, anche mentre la popolazione continua a crescere. Di conseguenza, il consumo totale di carne è aumentato di 5 volte. Questo ha a sua volta imposto una pressione sempre più alta sulla disponibilità  d’acqua, di terra, di mangime, di fertilizzanti, di combustibile, di capacità  di smaltimento dei rifiuti, e sulla maggior parte delle altre risorse limitate del pianeta. [WWI2004]

Degradazione del suolo

La degradazione del suolo è uno dei problemi più seri che l’agricoltura moderna si trova ad affrontare. Mentre servono da 20 a 1000 anni per la formazione di un centimetro di suolo, le Nazioni Unite hanno stimato che il vento e l’acqua erodono l’1% del suolo del pianeta ogni anno. Generalmente è poco noto come l’allevamento di animali sia uno dei fattori che più contribuiscono all’erosione. Quando un pascolo è sovrasfruttato, il bestiame compatta il suolo con gli zoccoli e strappa la vegetazione che tiene assieme il terreno, diventando così causa di erosione. L’allevamento intensivo, invece, distrugge il suolo perchè la coltivazione di cereali per mangimi, necessaria a mantenere quest’industria, richiede moltissimo terreno coltivabile. Di conseguenza, la terra arabile pro capite disponibile nel mondo continua a decrescere costantemente: è passata da 0,40 ettari per persona nel 1961 a 0,25 ettari nel 1999. Un esempio estremo di degradazione del suolo è il fenomeno noto come desertificazione. L’agricoltura può contribuire alla desertificazione sia direttamente, tramite pratiche agricole dannose come la coltivazione intensiva, il sovrasfruttamento dei pascoli, e un uso smodato di acqua, sia indirettamente, quando la terra viene deforestata per creare nuove terre coltivabili o nuovi pascoli per il bestiame. [Horrigan2002]

A livello internazionale, si sono verificati seri problemi di compattamento del suolo, erosione e diminuzione di fertilità  in molte aree dedicate all’allevamento di bovini. Queste comprendono l’Ovest americano, l’America centrale e meridionale, l’Australia e l’Africa sub-sahariana. Il Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) stima che il 20% dei pascoli del mondo abbiano subito un sostanziale degrado dal 1945, e che il ritmo di distruzione sia in continua crescita. [Cox2000]

Deforestazione

In soli dieci anni (dal 1990 al 2000) l’Amazzonia Brasiliana ha perso un’area di foresta pari a due volte il Portogallo: la stragrande maggioranza di quest’area è diventata pascolo per bovini, per il consumo interno e per l’esportazione in Europa, Giappone, USA. Il tasso annuo di deforestazione ha continuato ad aumentare negli anni successivie nel 2002 è aumentato del 40%. Il 10% dell’area deforestata è usata per la coltivazione della soia (usata come mangime per animali negli allevamenti intensivi), il resto è riservato al pascolo; dopo pochi anni, l’area va incontro a un processo irreversibile di desertificazione, e quindi diventa necessario abbattere una nuova porzione di foresta, in un circolo visiono che degrada l’ambiente sempre di più. Tra il 1997 e il 2003 il volume dell’esportazione di bovini dal Brasile è aumentato di oltre cinque volte; l’80% di questo incremento di produzione ha avuto luogo nella foresta Amazzonica. [Kaimowitz2003]

Inquinamento chimico

Gli esseri umani hanno praticato l’agricoltura per più di 10.000 anni, ma sono negli ultimi 50 anni i coltivatori hanno sviluppato una pesante dipendenza dai fertilizzanti chimici sintetici e dai pesticidi. I raccolti in realtà  assorbono solo da un terzo alla metà  dell’azoto applicato al terreno come fertilizzante: le sostanze chimiche rimaste inutilizzate inquinano il suolo e l’acqua. Dato che, secondo le statistiche della FAO, metà  dei cereali e il 90% della soia prodotti nel mondo sono usati come mangimi per animali, e che queste sostanze chimiche sono per la maggior parte usate nelle monocolture per la produzione di mangimi animali, è chiaro che la maggior responsabilità  per questo enorme uso di sostanze chimiche sta proprio nella pratica dell’allevamento del bestiame. Se la terra fosse usata per produrre cibo per il consumo umano diretto, in maniera sostenibile, usando la coltivazione a rotazione, sarebbe necessaria una quantità  di sostanze chimiche di gran lunga inferiore.

Uso dell’energia

La conversione da cereali a carne implica un’enorme perdita di energia, specialmente se per la conversione si utilizzano i bovini. La quantità  media di combustibile fossile necessario a produrre 1 kcal di proteine dalla carne è di 25 kcal, vale a dire 11 volte tanto rispetto a quello necessario per la produzione di grano, che ammonta a 2,2 kcal circa. Il rapporto è di 57:1 per la carne di agnello, 40:1 per quella di manzo, 39:1 per le uova, 14:1 per il latte e la carne di maiale. [Pimentel 2003]

A farmer veterinary walks inside a poultry farm

Consumo d’acqua

Il consumo d’acqua è una delle maggiori cause di impatto ambientale dell’allevamento di bestiame. L’agricoltura, per la maggior parte dedicata alla produzione di bestiame e di mangime, consuma più acqua di qualsiasi altra attività  negli Stati Uniti, e in generale utilizza il 70% dell’acqua usata in totale nel mondo. L’acqua richiesta per produrre vari tipi di cibo vegetale e foraggio varia dai 500 ai 2000 litri per chilo di raccolto prodotto. Il bestiame utilizza in modo diretto solo l’1,3% dell’acqua usata in totale in agricoltura; tuttavia, se si prende in considerazione anche l’acqua richiesta per la coltivazione dei cereali e del foraggio per uso animale, la quantità  d’acqua richiesta è enormemente più elevata.

Gli studi sul consumo d’acqua per la produzione industriale, compresa quella alimentare, non forniscono mai dei risultati “esatti” e uguali tra loro, in quanto tali risultati dipendono da svariati fattori, come i mangimi utilizzati, il clima, la qualità del suolo, i metodi di irrigazione, le differenze genetiche delle piante, la produttività degli animali, e altre variabili. Il Pacific Institute riporta una quantità variabile da 15.000 a oltre 70.000 litri d’acqua per la produzione di 1 Kg di manzo, mentre per i vegetali per il diretto consumo umano indica un range da 500 a 2000 litri per Kg (per gli ortaggi, i cereali, i legumi e la soia) [Gleick2008].

Altri studi riportano valori ancora più alti per i cibi animali: uno studio di Pimentel at al. mostra che per 1 Kg di manzo da allevamento intensivo sono richiesti 100.000 litri d’acqua (200.000 per l’allevamento a pascolo), mentre conferma i valori di 500-2000 litri per i vegetali (2000 litri per 1 Kg di soia, 1910 per il riso, 1400 per il mais, 900 per il grano, 500 per le patate) [Pimentel1997].

Nonostante la variabilità, sia nelle stime del consumo d’acqua che nelle modalità di coltivazione, è unanime e vasta l’evidenza che porta all’incontestabile conclusione che la produzione di cibo animale per il consumo umano richiede da 3 a 50 volte la quantità d’acqua necessaria alla produzione di cibo vegetale. Considerando la variabilità tra le specie animali, i metodi d’allevamento, i metodi di coltivazione dei mangimi, il clima, la qualità del suolo, ecc., si può concludere che, in media, i cibi animali richiedano 10 volte tanta acqua rispetto ai cibi vegetali. Questo spiega la grande differenza di consumo d’acqua tra una dieta strettamente vegetale e una che contiene prodotti animali.

Il direttore esecutivo dell’International Water Institute di Stoccolma, ha dichiarato “Gli animali vengono nutriti a cereali, e anche quelli allevati a pascolo richiedono molta più acqua rispetto alla produzione diretta di grano. Ma nei paesi sviluppati, e in parte in quelli in via di sviluppo, i consumatori richiedono ancora più carne […]. Ma sarà  quasi impossibile nutrire le future generazioni con una dieta sul genere di quella che oggi seguiamo in Europa occidentale e nel Nord America”. Ha aggiunto inoltre che i paesi ricchi saranno in grado di aggirare il problema importando acqua virtuale, il che significa importare cibo (mangime per animali o carne) da altri paesi, anche da quelli che non hanno abbastanza acqua. [Kirby2004]

Smaltimento delle deiezioni

Quando gli animali vengono allevati coi metodi tradizionali, le loro deiezioni sono considerate di grande utilità  – un elemento chiave nei sistemi di agricoltura a rotazione, che producono una grande varietà  di cibo e mantengono il suolo sano e fertile. Tuttavia, quanto troppi animali vengono allevati in un’area troppo piccola, l’ambiente circostante non è in grado di smaltire tutte le deiezioni prodotte. Questo è quanto accade ogni giorno negli allevamenti intensivi “senza terra”, tanto diffusi nei paesi sviluppati e in rapida espansione in quelli in via di sviluppo. Negli USA, vegono chiamati “Strutture per l’ingrasso” (Animal feeding operations – AFOs) quelle fattorie o recinti in cui gli animali vengono tenuti e allevati in aree chiuse. Questi animali producono enormi quantità  di deiezioni: per esempio, la quantità  di deiezioni prodotte da una singola vacca da latte equivale a quella prodotta da 20-40 persone. [EPA2005]

Le deiezioni liquide e semi-liquide del bestiame contengono livelli di fosforo e azoto al di sopra della norma, perchè gli animali possono assorbire solo una piccola parte della quantità  di queste sostanze presenti nei loro mangimi. Quando gli escrementi animali filtrano nei corsi d’acqua, l’azoto e fosforo in eccesso in essi contenuto rovina la qualità  dell’acqua e danneggia gli ecosistemi acquatici e le zone umide. Circa il 70-80% dell’azoto fornito ai bovini, suini e alle galline ovaiole mediante l’alimentazione, e il 60% di quello dato ai polli “da carne” viene eliminato nelle feci e nell’urina e finisce nei corsi d’acqua. [CIWF2004]

Oggi, le deiezioni in eccesso vengono sparse sul terreno, mettendo in pericolo la salubrità  delle acque e i pesci che ci vivono. I depositi di deiezioni degli allevamenti intensivi sono spesso dei puzzolenti laghi di escrementi e hanno già  causato disastri ambientali in molti stati degli USA, spandendo batteri infettivi nei fiumi circostanti e filtrando fino alle falde acquifere utilizzate come acqua potabile. [NRDC1999]

Riscaldamento globale e piogge acide

Il riscaldamento globale è causato dal consumo di energia, dato che nel mondo moderno le fonti primarie di energia sono combustibili ad alto contenuto di carbonio i quali, se bruciati, emettono diossido di carbonio, o altri gas serra. Come fatto notare in precedenza, l’allevamento di bestiame è una delle cause principali dell’aumento di uso di combustibile. Ma il bestiame emette anche gas serra in modo diretto, come sottoprodotto della digestione. I bovini emettono una quantità  significativa di metano, un potente gas serra, nell’aria. [WWI2004]

Ricerche svolte nel Regno Unito indicano che la fermentazione nello stomaco di bovini e ovini è responsabile del 95% del metano prodotto dagli allevamenti, mentre il resto viene causato dalle deiezioni. Lo stesso studio mostra che un terzo delle emissioni di ossido d’azoto dell’intera nazione deriva dalle deiezioni animali, mentre il 39% delle emissioni di ammoniaca sono causate dagli animali d’allevamento. [CIWF2002]

Inoltre, l’alto contenuto di ammoniaca delle deiezioni animali è una delle cause principali delle piogge acide.

Riferimenti bibliografici

[CIWF2002]
CIWF, “The Detrimental Impacts of Industrial Animal Agriculture”, CIWF Trust, 2002

[CIWF2004]
CIWF, “The global benefits of eating less meat”, CIWF Trust, 2004

[Cox2000]
Cox J., Varpama S., “The ‘Livestock Revolution’ – Development or Destruction”, Compassion in World Farming. September 2000.

[EPA2005]
US Environmental Protection Agency, “Region 9: Animal Waste Management – What’s the problem”, July 2005 – http://www.epa.gov/region09/cross_pr/animalwaste/problem.html (as accessed 30-8-2005)

[Gleick2008]
Gleick P, Cooley H, Cohen M, Morikawa M, Morrison J, Palaniappan M (2010) The World’s Water 2008-2009. Pacific Institute, Island Press.

[Horrigan2002]
Horrigan L., Lawrence R.S., Walker P., “How Sustainable Agriculture Can Address the Environmental and Human Harms of Industrial Agriculture”, Environment Health Persepctive, May 2002, vol. 10, number 5

[Kaimowitz2003]
Kaimowitz D., Mertens B., Wunder S., Pacheco P. “Hamburger connection Fuels Amazon Destruction”, Center for International Forestry Research (CIFOR), april 2003

[Kirby2004]
Alex Kirby, “Hungry world ‘must eat less meat'”, BBC News Online, August 15 2004

[NRDC1999]
Natural Resource Defense Council, “America’s Animal Factories How States Fail to Prevent Pollution from Livestock Waste”, NRDC Report, 1999

[Pimentel2003]
Pimentel D., Pimentel M., “Sustainability of meat-based and plant-based diets and the environment”, Am J Clin Nutr 2003;78(suppl):660S-3S

[Pimentel1997]
Pimentel D., Houser J., Preiss E., White O., “Water Resources: Agriculture, the Environment, and Society”, Bioscience, February 1997 Vol. 47 No. 2.

[WWI2004]
World Watch Institute, “Meat – Now, it’s not personal!”, World Warch magazine, July/August 2004

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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