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Perché ci frega così tanto dei chili in più di Vanessa Incontrada?

- 14/12/2019
vanessa incontrada grassa


Da buona figlia degli anni 90, ho conosciuto Vanessa Incontrada in TV quando ero piccola. Me la ricordo nei film all’italiana, su Italia uno, nei programmi musicali, a Zelig. E’ una donna di grande talento, spiritosa, divertente e molto auto ironica. Non mi è mai dispiaciuta e non ha mai attirato l’attenzione su di se, se non per il suo ottimo lavoro.

Ultimamente però, si sta parlando di lei. E tanto. E il motivo non è, purtroppo, inerente alla sua professione. Se ne parla perché Vanessa Incontrada è stata ultimamente vittima di body shaming.

Ma cos’è il body shaming? E soprattutto, perché è importante parlarne?

Il body shaming (vergogna del corpo) è l’atto di deridere una persona per il suo aspetto fisico. E’ quel comportamento che attua una persona per far sentire in imbarazzo qualcun altro per via del suo corpo. E nel caso di Vanessa, come in tutti i casi di personaggi famosi vittime di questo fenomeno (ma non solo, purtroppo) non è stata una persona o due a farlo, ma migliaia di persone tramite i social e il web in generale, diventando una vera e propria shit storm.

Perchè Vanessa Incontrada? Vanessa è stata vittima di body shaming perchè pare che il pubblico non abbia apprezzato il fatto che si sia ingrassata (io non me ne sono accorta): infatti, se vogliamo essere un po’ più tecnici, qui parliamo di fat shaming, cioè quando si deride una persona in quanto grassa.

Dietro a questo fenomeno, ci sono diversi fattori che sento la necessità di sviscerare.

Prima di tutto il fatto che il body shaming è un fenomeno che avviene soprattutto “contro” le donne.

Il motivo principale per cui le donne sono assoggettate da tale fenomeno è che le donne sono più indotte a dover rispettare dei canoni di bellezza che la società ci impone. Basta vedere le pubblicità, la televisione, le riviste e su internet che si percepisce immediatamente che la “normalità” (e qui le virgolette ovviamente sono d’obbligo) è la magrezza. E non solo: il trucco ben fatto, le sopracciglia rifatte, il corpo depilato, i capelli fatti, le scarpe giuste ecc.

Sono abbastanza sicura che tutt* qui hanno bene in mente il canone di bellezza di cui sto parlando. Ed è tristemente comprensibile. Purtroppo sin da piccol* siamo sommersi nell’idea che questi standard di bellezza irraggiungibili dettati dal capitalismo siano giusti e che è nostro compito raggiungerli .

Irraggiungibili perchè esiste photoshop, sia chiaro. Ma andiamo avanti.

Per noi donne è una vera e propria ossessione: sembra che sia per noi un dovere dirci a vicenda “Ehi, così non vai bene e dovresti essere così” oppure “come sei grassa, mangia di meno!” od anche “mamma mia sei anoressica, mangia di più!”. Come se tutte noi avessimo il compito di adempire al canone di bellezza imposto e non solo, che non tutte lo possono raggiungere e che chi lo raggiunge (e lo fa notare agli altri, deridendoli) sia migliore e più felice degli altri.

Comunicazione di servizio: non è cosi e non serve a nulla. Ne a migliorare il proprio aspetto fisico (e vi assicuro che non tutt* hanno questo obiettivo nella vita e certo non deve renderne conto a* altr*) ne a sentirsi più felici. Anzi rendi molto più infelice la persona che stai commentando, perchè non sai come possa prenderla e se ha avuto o meno un trauma in passato inerente alla sua condizione fisica.

Seconda comunicazione di servizio: se rendi infelice una persona non rende più felice te.

Ovviamente il body shaming capita anche all’uomo, ma è meno frequente (ma non meno grave!). Il motivo è che all’uomo gli è concesso di fare qualche “sgarro”. Non a caso, esempio banale: l’uomo con la pancetta piace, la donna con la pancetta è un’alcolizzata da birra, e di solito non è sempre apprezzata e/o accettata. L’uomo non è assoggettato dal canone di bellezza imposto di cui scrivevo prima, perlomeno non tanto quanto la donna. Tecnicamente questo fenomeno si chiama Double Standard e magari ne parleremo in un altro articolo.

La donna deve essere perfetta per sentirsi amata, se raggiunge il modello di riferimento che tutte noi dovremmo seguire saremo felici. All’uomo questa assurda richiesta non gli viene fatta.

E’ il patriarcato.

vanessa incontrada cicciona
Vanessa Incontrada

Un altro fattore correlato è proprio la concezione del corpo della donna. In questa società il corpo femminile non viene mai considerato come una proprietà della donna stessa, ma sempre di un altra persona (di sesso maschile), di più persone (di sesso maschile) o di più persone (di sesso maschile) che amministrano un paese o una religione: lo Stato o la Chiesa (basta pensare alla legge sull’aborto: perché queste istituzioni dovrebbero decidere sul mio Utero?).

Stupido, vero? Ma è così. Ed è così anche quando violi l’intimità di una persona commentando il suo corpo. Se questa persona non ti chiede un parere sulla sua condizione fisica, non sei legittimato a darlo, perché il corpo appartiene a quella persona, non a te, quindi tu non c’entri assolutamente nulla. Decide quella persona come mantenere il proprio corpo, come agghindarlo o non agghindarlo, se renderlo magro o grasso. E non sta a te giudicarlo. E se tu non hai laurea in medicina e la persona in questione non ti chiede un parere clinico, non sei nemmeno autorizzato a definirla anoressica o obesa …chiaro, vero?

Da quando mi sono accorta di quanto fosse deleterio questo fenomeno per tutt* noi, proprio perché crea imbarazzo, fa sentire gli altri inferiori e inadatti, ho deciso di non commentare più nessun* con un apprezzamento al fisico, a meno che mi si chieda un opinione. I pareri non richiesti, soprattutto se da persone che non conosci, li vedo molto maleducati ed invadenti (si, anche i “ehi bella!!!” urlati dalle macchine mentre io cammino da sola sul marciapiede).

Sono sempre stata in sovrappeso, e soffrivo moltissimo della mia condizione fisica. Per tutta la vita ho subito body shaming e mi sono sempre sentita sbagliata: non trovavo mai le taglie per i jeans, non mi rivedevo nelle pubblicità in TV e, ancora peggio, mi sentivo personificata nel mio corpo sovrappeso, come se io non fossi nient’altro.

Ma questa mia condizione è stata la mia salvezza: il mio sentirmi in difetto, perché venivo derisa, mi ha fatto apprezzare la diversità, e mi ha fatto capire di quanto sia in realtà una ricchezza. Mi ha reso una persona sensibile e inclusiva.

Poi, dopo anni ed anni in cui non mi accettavo, c’è stata un altra rivelazione, forse la più bella della mia vita:

La perfezione non esiste.

Non è necessario seguire quel canone imposto.

Quel canone imposto non è reale.

Non è necessario inseguire quel canone per essere felici.

Solo una volta sono riuscita a perdere i miei chili e vi assicuro che non c’è nessuna felicità aldilà magrezza imposta. Sono invece molto più felice di aver perso delle persone che non mi accettavano così com’ero: sono loro la vera zavorra.

E qui ritorno da Vanessa, per concludere.

Vanessa ha risposto agli attacchi di body shaming con resilienza, lanciando un messaggio meraviglioso a tutt*, esponendolo nel monologo che ha interpretato giorni fa su Rai1.

Dicendo semplicemente la realtà:

La perfezione non esiste e non serve essere belle e magre per essere amate.

Non ci deve interessare quello che pensano l* altr* di noi. (ed io aggiungo, se non ti viene richiesto, non commentare il corpo altrui. Non ti dovrebbe proprio interessare)

Siamo noi che dobbiamo amare noi stess* e il nostro corpo, per essere davvero felici. Possiamo essere esattamente ciò che vogliamo, anche se questo non rientra nel canone standard.

Perchè siamo noi che conviviamo con il nostro corpo tutti i giorni per il resto delle nostre vite.

Con il nostro corpo. Con il mio corpo.

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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