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Irena Krzyżanowska, la donna che salvò i bambini ebrei nel ghetto di Varsavia

- 25/01/2020
Irena Sendler


Nata come Irena Krzyżanowska (conosciuta anche come Irena Sendler, dal cognome di suo marito) il 15 febbraio 1910 a Varsavia dal dottor Stanisław Krzyżanowski, un medico, e sua moglie Janina, perse il padre nel febbraio del 1917, morto a causa del tifo contratto durante il trattamento di pazienti che i suoi colleghi si rifiutarono di trattare per paura di contrarre la malattia, tra cui molti ebrei. Dopo la sua morte, i leader della comunità ebraica offrirono a sua madre un aiuto per pagare l’educazione di Irena.

Sendler studiò letteratura polacca all’Università di Varsavia, e si oppose al sistema del “ghetto” tra i banchi che esisteva in alcune università polacche prima della guerra. A seguito della sua protesta pubblica, fu sospesa dall’Università di Varsavia per tre anni.

Il ghetto di Varsavia

irena sendler
Irena e una bambina

Irena è cresciuta nella città di Otwock, in Polonia. Nata figlia unica, nella sua vita ha avuto un figlio e una figlia. La sua secondogenita, Janka, vive ancora a Varsavia, in Polonia, mentre Adam è morto nel 1999.

Già nel 1939, quando i tedeschi invasero Varsavia, Irena iniziò ad aiutare gli ebrei offrendo loro cibo e alloggio. Tuttavia, quando il ghetto di Varsavia fu eretto nel 1940, Irena non poté più aiutare gli ebrei isolati.

Il Ghetto era un’area delle dimensioni del Central Park di New York, dove 450.000 ebrei furono costretti a entrare. Una volta creato il ghetto di Varsavia, si adoperò per salvare i bambini orfani.

Irena usò la sua posizione come dipendente dei servizi sociali della municipalità e l’aiuto di uno dei lavoratori del dipartimento delle malattie contagiose (membro di Zegota) per entrare nel Ghetto di Varsavia alla ricerca di eventuali sintomi di tifo. Otaegota (pronunciato Zegota), nome in codice completo “Konrad Żegota Committee” era il Consiglio polacco di aiuto agli ebrei, la resistenza polacca sotterranea attiva tra il 1942 e il 1945 nella Polonia occupata dai tedeschi.

Irena e i suoi aiutanti realizzarono oltre 3.000 documenti falsi per aiutare le famiglie ebree prima di unirsi alla divisione per bambini di Zegota, di cui divenne responsabile. Inoltre, usò il vecchio palazzo di giustizia ai margini del ghetto di Varsavia (ancora in piedi tutt’oggi) come una delle principali vie di “contrabbando” di bambini.

La fuga dei bambini

Irena e le dieci compagne che andarono con lei nel ghetto, adoperarono molti, molti metodi per far fuggire di nascosto i bambini. C’erano alcuni mezzi di fuga: le ambulanze, il tribunale, le condotte fognarie e altri passaggi segreti sotterranei, i carrelli che potevano trasportare bambini nascosti nei sacchi, nei bauli o nelle valigie,

C’era una chiesa vicino al ghetto, ma l’ingresso che conduceva era “sigillato” dai tedeschi. Se un bambino parlava bene il polacco e recitava alcune preghiere cristiane, poteva essere introdotto di nascosto attraverso l’ingresso “sigillato” e poi portato dalla zona ariana. Questo espediente era però piuttosto pericoloso, poiché i tedeschi usavano spesso una scusa per ingannare i polacchi e poi arrestarli.

Irena e la sua rete si assicurarono che ogni famiglia che nascondeva un bambino si rendesse conto che il bambino doveva essere restituito ai parenti ebrei, dopo la guerra.

Irena Krzyżanowska oggi
Irena negli ultimi anni della sua vita

L’arresto di Irena

Irena, il cui nome in codice era Jolanta, fu arrestata il 20 ottobre 1943. Fu condotta nella famigerata prigione Piawiak, dove fu costantemente interrogata e torturata. Durante l’interrogatorio subì la frattura di gambe e piedi.

Dalla biografia si legge che l’ufficiale tedesco che la interrogava era giovane, elegante e parlava perfettamente il polacco. Ciò che interessava sapere erano i nomi dei leader di Zegota, i loro indirizzi e i nomi degli altri coinvolti.

Irena fornì loro la versione che lei e i suoi collaboratori avevano preparato nel caso in cui fossero stati catturati, ma ciò non bastò per evitare la condannata a morte per fucilazione. Non perse comunque la vita, grazie a Zegota che corruppe il suo boia e l’aiutò a fuggire. Il giorno seguente i tedeschi proclamarono comunque a gran voce la sua esecuzione con manifesti appesi in tutta la città.

Durante i restanti anni della guerra, visse nascosta, proprio come i bambini che aveva salvato. Era l’unica, dopotutto, a sapere dove si trovassero.

La fine della guerra

Alla fine della guerra, prese le bottiglie dove aveva nascosto i foglietti con tutti le informazioni ed iniziò a cercare i genitori viventi, che purtroppo erano quasi tutti morti nel campo di sterminio di Treblinka.

Terminata la guerra e l’occupazione tedesca, i nomi dei bambini vennero consegnati a un comitato ebraico, che riuscì a rintracciare circa 2.000 bambini.

Nel 1965, Irena Sendler venne riconosciuta dallo Yad Vashem di Gerusalemme come una dei “Giusti tra le nazioni”, arrivando, nel 1991, ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Israele.

Nel 2003, papa Giovanni Paolo II le inviò una lettera personale lodandola per i suoi sforzi durante la guerra. Il 10 ottobre dello stesso anno Irena ricevette la più alta decorazione civile della Polonia, l’Ordine dell’Aquila Bianca, e il premio Jan Karski “Per il coraggio e il cuore“, assegnatole dal Centro Americano di Cultura Polacca a Washington D.C.

Proclamata “eroe nazionale” il 14 maggio 2007 all’età di 97 anni disse: “Ogni bambino salvato con il mio aiuto è la giustificazione della mia esistenza su questa terra, e non un titolo di gloria”.

Irena Sendler si è spenta a Varsavia il 12 maggio 2008.

Irena Krzyżanowska

La memoria di Irena oggi

La storia di Irena ha raggiunto la fama mondiale molto tardi. Oggi oltre 750.000 siti internet in tutto il mondo parlano di lei

In una delle prime lettere di Irena alle ragazze, scrisse:

La mia emozione è oscurata dal fatto che nessuno della cerchia dei miei fedeli colleghi, che ha costantemente rischiato la vita, vivrà abbastanza a lungo da godersi tutti gli onori che ora stanno piovendo su di me. Non riesco a trovare le parole per ringraziarvi, mie care ragazze. Prima che fosse scritta “La vita dentro un barattolo” – nessuno in Polonia e nel resto del mondo si preoccupava della mia persona e del mio lavoro durante la guerra

Anna Mieszkowska autrice del libro “Nome in codice: «Jolanta». L’incredibile storia di Irena Sendler, la donna che salvò 2500 bambini dall’Olocausto” che racconta la storia della vita di Irena afferma: “Tutti quelli con cui ho parlato lavorando a questo libro, hanno affermato che l’interesse internazionale e polacco per le attività di Irena Sendler è stato iniziato e provocato dalle attività delle ragazze del Kansas e dalla divulgazione in America.

Fonti: irenasendler.orggariwo.net

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