Questa settimana la rubrica BL Legalità prende spunto dalla notizia che il Tribunale di Riccione ha riconosciuto il doppio cognome ai figli gemelli di due mamme ottenuti con la fecondazione medicalmente assistita. Grazie alla sentenza, l’ufficiale di Stato civile del Comune di Riccione procederà all’annotazione dell’atto di nascita dei figli della coppia, indicando quale secondo genitore la donatrice di ovuli.
Grande novità? Sentenza mai emessa in precedenza? La risposta è no ad entrambe le domande.
Il Tribunale di Riccione ha riconosciuto un diritto al pari di molti altri Tribunali, purtroppo non tutti.
Non si tratta, tuttavia, di un diritto costituzionalmente garantito come quello ad ottenere la pensione di reversibilità, ma di un diritto in via di riconoscimento da sempre più Tribunali in Italia.
Il fondamento di queste decisioni trae la sua origine dalla sentenza n. 19599 emessa dalla Corte di Cassazione in data 30 Settembre 2016.
Doppio cognome al figlio di due mamme: l’importante precedente
Una cittadina italiana ed una spagnola, legittimamente coniugi in Spagna, (ricordiamo che la Legge Cirinnà è giunta molto dopo rispetto alla legislazione spagnola, nella fattispecie), hanno entrambe donato gli ovuli per il concepimento mediante procreazione medicalmente assistita.
Il certificato di nascita del minore riportava, a parere di chi scrive correttamente, che entrambe le donne erano madri e conseguentemente anche i loro cognomi.
Rientrate in Italia le due donne hanno chiesto la trascrizione dell’atto di nascita in Italia, tuttavia rifiutata dall’Ufficiale di Stato Civile di Torino per ragioni di ordine pubblico.
Le due donne, che nel mentre avevano divorziato, hanno fatto ricorso avverso il rifiuto dell’Ufficiale di Stato Civile. Il ricorso è stato rigettato dal Tribunale di Torino, che ha confermato la decisione presa dall’Ufficiale poiché nell’ordinamento italiano “madre è soltanto colei che ha partorito il bambino”.
Le due donne hanno poi appellato la sentenza del Tribunale di Torino rivolgendosi alla Corte d’Appello che, con decreto del 04 Dicembre 2014, ordinava all’Ufficiale dello Stato civile di procedere alla trascrizione dell’atto di nascita.
La motivazione che portò a mutare l’esito del giudizio di primo grado è piuttosto significativa: “la mancata trascrizione dell’atto di nascita di […] comprimerebbe il diritto alla sua identità personale e al suo status in Italia, sul cui territorio egli non avrebbe alcuna relazione parentale; né con la […] che pure è la sua madre genetica (avendo donato l’ovulo), né con i parenti di quest’ultima, con la conseguenza che nessuno potrebbe esercitare la responsabilità genitoriale nei suoi confronti e rappresentarlo nei rapporti con le istituzioni sanitarie e scolastiche e che sarebbe persino problematico per la […] tenerlo con sé e spostarsi insieme a lui, senza considerare l’incertezza giuridica in cui il bambino si troverebbe nella società italiana, anche per la perdita dei diritti successori nei confronti della […] .”
Purtroppo o per fortuna, visto che poi si è arrivati alla decisione della Corte di Cassazione, contro questa decisione è stato promosso ricorso in Cassazione dal Procuratore generale della Procura e dal Ministero dell’Interno.
Entrambi i ricorsi sono stati dichiarati infondati.
Doppio cognome al figlio di due madri: la decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, in questa decisione, ha chiarito dei punti fondamentali che successivamente sono stati cristallizzati in Italia dall’approvazione della Legge Cirinnà che ha ulteriormente consolidato il diritto a vedere trascritto l’atto di nascita riferito a due mamme e contenente i due cognomi.
La Corte ha chiarito che l’atto di nascita valido ed efficace nell’ordinamento in cui è stato emesso deve essere trascritto salvo che questo non sia contrario all’ordine pubblico.
La domanda cui la Corte ha dato successiva risposta era relativa a cosa debba intendersi come ordine pubblico?
La risposta è stata “ il giudice italiano, chiamato a valutare la compatibilità con l’ordine pubblico dell’atto di stato civile straniero, nella specie atto di nascita, i cui effetti si chiede di riconoscere in Italia, a norma degli artt. 16,64 e 65 della Legge n. 218 del 1995 e 18 DPR n. 396 del 200, deve verificare non già se l’atto straniero applichi una disciplina della materia conforme o difforme rispetto ad una o più norme interne (seppure imperative o inderogabili), ma se esso contrasti con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, desumibili dalla Carta costituzionale, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.
Il principio di diritto enunciato è stato quindi “il riconoscimento e la trascrizione nei registri dello stato civile in Italia di un atto straniero, validamente formato in Spagna, nel quale risulti la nascita di un figlio di due donne, in particolare, da una donna italiana (indicata come madre A) che l’ha partorito, nell’ambito di un progetto genitoriale realizzato dalla coppia, coniugata in quel paese non contrastano con l’ordine pubblico per il solo fatto che il legislatore nazionale non preveda o vieti il verificarsi di una simile fattispecie sul territorio italiano, dovendosi avere riguardo al principio, di rilevanza costituzionale primaria, dell’interesse superiore del minore, che si sostanzia nel suo diritto alla continuità dello status filiationis, validamente acquisito all’estero ( nella specie, in un altro paese della UE).
Va evidenziato un ulteriore passaggio di fondamentale importanza:
“il diritto alla conservazione del cognome costituisce un profilo complementare del diritto all’identità e alla circolazione delle persone e poiché, come nella specie, la nazionalità dipende dalla sussistenza del rapporto di filiazione, il mancato riconoscimento di quest’ultimo avrebbe l’effetto di compromettere quel diritto all’identità personale del figlio di cui la nazionalità è un elemento costitutivo”.
Questi passaggi hanno costituito, anche prima dell’approvazione della Legge Cirinnà, un fondamento valido e solidissimo che poi hanno consentito anche ai vari Tribunali, ultimo quello di Riccione, di riconoscere nuovi diritti che sono comunque riconosciuti a livello internazionale.