Come tutti sappiamo, per rallentare la propagazione del Coronavirus nella provincia di Hubei, la Cina ha adottato misure drastiche, da alcuni definite “draconiane“, che dopo un mese e mezzo stanno sortendo i primi risultati.
La Cina sembra infatti aver rallentato l’epidemia di coronavirus, ma esperti di geopolitica, giornalisti e attivisti temono che questo contenimento sia costato molto in termini di perdita di diritti individuali.
Chiariamoci: non parliamo solo di quarantena. Secondo un articolo pubblicato oggi su Al Jazeera, il Partito Comunista Cinese ha approfittato delle strette sul Coronavirus per intervenire in maniera ancora più decisa sul controllo delle informazioni e, secondo alcuni, sulla detenzione arbitraria di soggetti sgraditi al regime giustificata da una non meglio precisata “quarantena“.
La necessità di mantenimento della stabilità nazionale ha portato le autorità cinesi a sopprimere “informazioni vitali su questioni di interesse pubblico“, come dichiarato il direttore regionale di Amnesty International Nicholas Bequelin in una nota. “La Cina” – ha poi continuato – “deve adottare un approccio rispettoso dei diritti nella lotta contro l’epidemia. Nessuno dovrebbe subire molestie o sanzioni per aver parlato dei pericoli pubblici, solo perché potrebbero causare imbarazzo al governo“.
Dalle censure di Li alle misure restrittive “senza precedenti”
Una delle colpe che tutti addebitano al Governo Cinese è quella di aver tardato nella comunicazione dell’epidemia causata dal nuovo Coronavirus. Li, un oculista di 34 anni (morto il mese scorso), è stato uno dei primi sanitari a lanciare l’allarme per quello che era allora un nuovo misterioso virus, esprimendo le sue preoccupazioni con altri medici in una chat privata online. Dopo che il post è stato condiviso più ampiamente, la polizia gli ha intimato di non approfondire ulteriormente la questione.
In quel periodo la Cina aveva tutto l’interesse di minimizzare i fatti.
Solo pochi giorni dopo, alla vigilia del Capodanno lunare di gennaio e con una situazione non più sostenibile, sono state assunte le misure decisive: interruzione dei trasporti, blocchi stradali, isolamento di 56 milioni di residenti dal mondo esterno, obbligo di utilizzo di maschere e comunicazione quotidiana obbligatoria della temperatura corporea. Soluzioni “senza precedenti nella storia della salute pubblica“, come affermato l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
Ma in nome della protezione della salute, la Cina è andata molto oltre.
È stato sviluppato un sistema di riconoscimento facciale che identifica le persone mascherate, apparentemente con un’accuratezza del 90%, e le app che decidono se una persona presenta una minaccia di contagio (che dovrebbero essere autorizzate in centri commerciali, metropolitane e altri spazi pubblici) hanno esteso il già ampio sistema di sorveglianza del governo e tracciamento.
L’opinionista politico Einar Tangen ha affermato che tali mosse sono essenziali per un governo in crisi, anche se possono sembrare sgradevoli per i cittadini nelle democrazie occidentali. Secondo i cinesi, è più che normale che il loro governo “assuma il controllo della situazione“.
Il Partito Comunista ha anche cercato di controllare la narrazione dell’epidemia, coinvolgendo professionisti del mondo della sanità che si sono subito affannati a smentire dati statistici catastrofici, agevolando la costruzione di ospedali a velocità supersonica e soprattutto mostrando pazienti sorridenti guariti dalla malattia.
Tutti coloro che cercano di raccontare una versione diversa della storia rischiano problemi con il regime.
Quarantena o detenzione arbitraria?
Sharon Hom, direttore esecutivo di China Human Rights, una ONG internazionale, confermato che l’accesso e la diffusione alle informazioni, insieme alle restrizioni sul contenuto, rimangono gli strumenti chiave del controllo sociale in Cina.
Dall’inizio dell’epidemia, CHR ha seguito una serie di casi relativi a persone che hanno pubblicato notizie critiche sulle “risposte inadeguate” delle autorità alla gestione dell’epidemia, poi improvvisamente “scomparse” senza una ragione.
L’avvocato cinese per i diritti umani, Chen Qiushi, famoso per aver dato notizie sulla copertura delle proteste di Honk Kong e dell’epidemia di Coronavirus allo stadio iniziale, è stato portato via il 7 febbraio e apparentemente “messo in quarantena” per 24 giorni. Al momento non ci sono informazioni pubblicamente disponibili sulla sua situazione.
Al Jazeera ha confermato anche che si sono perse le tracce di famoso uomo d’affari, Fang Bin, da febbraio in apparente quarantena, e di Li Zihua, ex giornalista della CCTV7, scomparso il 26 febbraio quando un gruppo di uomini non identificati l’ha portato via da casa.
La quarantena diventa detenzione arbitraria in tutti i quei casi in cui non vi sono dubbi o motivi legali per cui una persona è costretta a trovarsi in un determinato luogo, e non è consentito presentare domanda di revisione giudiziaria.
“Il governo cinese non sta fornendo alle persone le indicazioni necessarie per aiutarle in questa crisi“, ha affermato Sophie Richardson, direttore cinese di Human Rights Watch. “Le autorità cinesi continuano a inseguire gli informatori piuttosto che fornire velocemente informazioni accurate sullo stato dell’epidemia nel Paese“.
La censura anche sui Social Network
Un recente rapporto del gruppo di ricerca informatica Citizen Lab con sede a Toronto ha scoperto che l’app di messaggistica cinese WeChat e l’app di streaming video YY hanno bloccato combinazioni di parole chiave che includevano critiche al presidente Xi Jinping e politiche relative al virus.
La Cina non ha accesso a siti e social network diffusi in tutto il mondo come Google, Facebook, Youtube, Twitter, ma ha elaborato dei perfetti sostituti locali sotto diretto controllo statale (ne abbiamo parlato qui). Le piattaforme Internet sono obbligate a fornire informazioni al governo cinese per facilitare la repressione dei dissensi e dei movimenti sociali.
La percezione dei diritti individuali della popolazione cinese
Come sostenuto da Tangen, la sensibilità verso i diritti umani da parte della popolazione cinese è fondamentalmente diversa da quella dei cittadini nei paesi occidentali.
Per le persone in Cina, le forti misure del governo sono semplicemente “quello che uno Stato dovrebbe fare“, in quanto il benessere della comunità è più importante dei diritti individuali.
L’ambasciatore Zhou Jian, ambasciatore della Repubblica popolare cinese in Qatar, ha dichiarato ad Al Jazeera: “Ogni misura che prendiamo è di prevenire il contagio dal virus e salvare la vita delle persone al meglio che possiamo. Nulla è più importante della vita e degli interessi dei cittadini. La prevenzione e il controllo sono diventati la massima priorità di tutti i livelli di governo. L’OMS stessa ha affermato che la Cina ha adottato lo sforzo di contenimento della malattia più ambizioso, agile e aggressivo della storia“.
In teoria, il sistema legale cinese prevederebbe la protezione di determinati diritti e libertà.
Il secondo capitolo della Costituzione cinese del 1982 – “Diritti fondamentali e doveri dei cittadini” – include la libertà di parola, la libertà di associazione, la libertà di dimostrazione, il diritto all’istruzione, la libertà di credo religioso e la privacy della corrispondenza, mentre l’art. 38 chiarisce che “La dignità personale dei cittadini cinesi è inviolabile“.
Secondo Nicholas Bequelin, direttore regionale per l’Asia di Amnesty International la costituzione cinese, a differenza di altre, “non è un documento fondamentale” perché il diritto costituzionale è raramente invocato nei tribunali (se non in questioni che non sono di natura politica e che non minacciano il Partito Comunista), e il governo cinese non ha interesse a giustificare pesanti violazioni dei diritti umani, anche se non derivanti da emergenze sanitarie o di sicurezza nazionale.
“Se c’è una cosa che verrà ricordata per Xi Jinping, saranno i suoi sforzi mirati a sradicare la società civile indipendente“, ha dichiarato Richardson di Human Rights Watch.
Il parere delle Nazioni Unite
Domenica 8 marzo, il sottocomitato delle Nazioni Unite sulla prevenzione della tortura ha pubblicato un parere sul trattamento delle persone che sono state messe in quarantena obbligatoria a causa del Coronavirus.
Il comitato afferma che, sebbene la quarantena è a beneficio del pubblico, questa non dovrebbe comportare maltrattamenti nei confronti delle persone colpite o restrizioni ai movimenti che sembrano non avere giustificazione.
Sempre meno casi vengono segnalati in Hubei ogni giorno che passa.
Ma mentre martedì è stato considerato il momento giusto per Xi per fare la sua prima visita a Wuhan, il popolo di Hubei non sa ancora quando sarà facilitata la quarantena che ha governato la sua vita quotidiana per quasi due mesi.