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Pieni poteri ad Orbán: l’emergenza è il Covid-19 o la democrazia?

- 31/03/2020
ungheria coronavirus


L’Ungheria non dimenticherà facilmente il 30 marzo 2020, giorno in cui il Parlamento ha approvato, con 138 voti favorevoli e 53 contrari, la legge che ha dato pieni poteri al primo ministro Viktor Orbán per gestire al meglio l’emergenza Coronavirus. In base alla nuova legge, spetterà al premier determinare quando finirà lo stato d’emergenza.

I dati del Coronavirus in Ungheria

Attualmente, in Ungheria, sono stati confermati 447 contagiati e 15 vittime. I dati reali potrebbero essere quindici volte superiori perché nel paese, dall’inizio dell’epidemia, sono stati realizzati solamente tredicimila tamponi. A Budapest, città di più di 1,7 milioni di abitanti, solo un ospedale ha le attrezzature per effettuare il test. Come in tutti gli altri stati, anche negli ospedali ungheresi mancano mascherine, guanti e tute protettive ma soprattutto vi sono solamente 2560 apparecchi di respirazione in tutto lo stato.

Quale futuro per l’Ungheria?

La situazione è veramente critica, ma se da una parte il paese dovrà riuscire a gestire al meglio l’emergenza che tutti gli stati stanno affrontando mediante decisioni più o meno differenti, dall’altra l’Ungheria dovrà continuare a garantire il funzionamento della democrazia e il rispetto dei diritti umani.

Quello che sta accadendo, tuttavia, ci preannuncia tutt’altro.

Da oggi (30 marzo 2020) Orbán avrà poteri straordinari: potrà governare sulla base di decreti, potrà sospendere leggi esistenti e le elezioni indette ma soprattutto potrà decidere di chiudere il Parlamento, organo principale di una democrazia rappresentativa.

Le dichiarazioni dell’opposizione

Oggi inizia la dittatura senza maschera di Orbán” ha dichiarato Bertalan Toth, leader dei socialisti ungheresi. Tamás Sneider, presidente del partito nazionalista Jobbik, ha definito l’azione un colpo di Stato: “la situazione attuale non giustifica affatto lo stato d’emergenza così come si configura nella legge”.

Fino all’ultimo, l’opposizione ha cercato di fare inserire nel testo una limitazione temporale di 90 giorni, categoricamente rifiutata da Orbán che ha replicato dicendo: “l’opposizione sta dalla parte del virus”.

Bertalan Toth

Quali limitazioni per la libertà di stampa

I giornalisti non potranno più raccontare la pandemia: tutte le notizie saranno diramate dalle fonti ufficiali del governo Orbán. Chi sarà accusato di diffondere “false notizie” rischierà da 1 a 5 anni di carcere.

Non è la prima volta che la libertà di stampa, necessaria in ogni società democratica, viene attaccata in Ungheria. Il 1° gennaio 2011 entrò in vigore la legge sulla stampa che riorganizzava la regolamentazione dei mezzi di informazione. Ai media fu fatto obbligo di garantire “un punto di vista equilibrato”. Fidesz, il partito di maggioranza sovranista guidato da Orbán, decise se comprare o chiudere le testate indipendenti mentre le poche redazioni che rimasero in vita si dovettero adeguare ai controlli effettuati periodicamente e direttamente dal governo.

Negli ultimi anni si è sgretolato lo stato di diritto in Ungheria

Nel 2013 il Parlamento ha approvato una serie di emendamenti alla Costituzione, con solamente 11 contrari e 33 astenuti per un totale di 265 voti a favore.

Sono stati apportati diversi cambiamenti: dalla riduzione della possibilità per i partiti di utilizzare i media nazionali per la campagna elettorale all’introduzione di multe e pene detentive per i senzatetto, passando alle sovvenzioni statali per gli universitari che si impegnano a non trasferirsi fuori dai confini nazionali dopo la laurea alla ridefinizione del concetto di “famiglia”, che non include conviventi, sposati ma senza figli e le coppie omosessuali.

Nel giugno 2018 è stata introdotta una legge per cui anche solo il ritrovo di due persone può essere considerato manifestazione politica. Perfino un’uscita tra due fidanzati potrebbe essere tacciata come manifestazione contro il governo, e per cui perseguibile penalmente e giudicata da un tribunale ad hoc, istituito e gestito dal governo centrale per occuparsi interamente di “questioni politiche delicate” come il diritto di manifestazione, la corruzione e la legge elettorale.

Nel dicembre dello stesso anno è stata firmata dal capo dello stato János Áder la legge sul lavoro ribattezzata legge sulla schiavitù, che ha riportato in piazza i cittadini contro Orbán dopo anni nonostante le limitazioni. Questa legge consente ai datori di lavoro di chiedere ai loro dipendenti fino a 400 ore di straordinario all’anno e di ritardarne il pagamento fino a tre anni.

L’economia incapace di risollevarsi

Anche la situazione economica non è delle migliori nel paese. Secondo il saggio scritto da Beda Magyar – pseudonimo di un* scienziat* ungherese trasferit* dall’Ungheria all’Austria a causa delle vessazioni del governo Orbán e per questo utilizzato per proteggere la sua persona e la famiglia – “l’economia è in uno stato disastroso” incapace di risollevarsi ma non per questo fonte di preoccupazione per il premier, indifferente dal sistema produttivo tenuto in piedi grazie ai fondi europei e ad alcune società.

Da anni gli ungheresi sono consapevoli della deriva totalitarista del paese, ma l’Unione Europea non si è mai del tutto espressa al riguardo. Solo negli ultimi giorni il Consiglio d’Europa ha manifestato gli stessi timori dell’Onu e della Human Rights Watch che ha parlato dell’Ungheria come “una dittatura in piena regola”.

Oramai, in Europa Orbán è difeso solamente da alcuni partiti di estrema destra e di destra tra cui spicca il partito italiano Lega Nord. Proprio in giornata, il segretario Matteo Salvini ha “salutato con rispetto la libera scelta del parlamento“, augurando, forse cinicamente (?), buona fortuna al popolo ungherese.

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Cosa accadrà nei prossimi giorni? Dovremo assistere allo spettacolo, sicuramente tragico, di Orbán nelle vesti di dittatore? Potrebbe essere una rappresentazione già vista perché un centinaio d’anni fa vi fu un altro Parlamento che adottò una provvedimento simile: il Decreto dei pieni poteri, del 24 marzo 1933, che permise a un cancelliere, che tutti noi conosciamo, di governare senza dover rendere conto a nessuno. Tutto il resto, è storia.

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Marchigiana a Torino. Compro più libri di quanti ne possa leggere.

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