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Mafia e omosessualità, i vizi privati non tollerati dai clan

- 12/06/2020


Essere omosessuali in una società patriarcale e maschilista come la nostra non è sempre facile. Essere omossessuali in una società patriarcale e maschilista come la nostra e far parte di un gruppo mafioso lo è ancora meno.

Nei vari gruppi criminali la figura maschile di riferimento è sempre stata quella dell’uomo d’onore con vizi privati, per cui se non vieni scoperto puoi anche tradire la moglie, ma di pubbliche virtù, di maschio etero e virile.

All’interno di questo retaggio culturale essere omosessuali non è semplice, anzi non è consentito, ed essere scoperti può portare addirittura alla morte. Ancora oggi, essere omosessuali in un contesto mafioso è quindi un tabù.

“L’omosessualità incarna per il mondo mafioso una forma di diversità assoluta e per ciò stesso insostenibile: l’orrore terrificante della alterità radicale, il femminile che è dentro il maschile. Poiché essa pone in dubbio l’identità maschile mafiosa alle sue radici, costituisce una minaccia intollerabile che deve essere controllata e sottomessa.”

Un gay nella cosca la rende più debole

In Cosa Nostra i gay non sono ammessi, perché gli obiettivi e la sopravvivenza del gruppo criminale si fondano sull’obbedienza cieca, per cui chi infrange dogmi e regole non può assolvere compiti di responsabilità all’interno dell’organizzazione in quanto inaffidabile, a causa di un’identità definita incerta.

Nel 1992, John D’Amato, boss americano della famiglia Cavalcante, fu denunciato dalla compagna come omosessuale e per questo ucciso dall’organizzazione, perché se si fosse sparsa la notizia che il capo della cosca era gay, nessuno li avrebbe più rispettati. La figura di John D’amato ha poi ispirato gli sceneggiatori dei Soprano per il personaggio Vito Spatafore.

Ferdinando Caristena

Nella ‘Ndrangheta la mentalità non è più aperta. Il pentito Martella ha raccontato di essere stato incaricato, nel 2002, di uccidere il fedele picciotto Giangitano perché omosessuale, cosa non tollerata dal gruppo. Era un disonore per il clan e cacciarlo non era abbastanza: per il killer c’era una sentenza di morte irrevocabile.

Nel 1990 Ferdinando Caristena, a cui è stata intitolata nel 2017 una strada a Gioia Tauro, città in cui vi è un vero e proprio controllo mafioso sulle persone, secondo le analisi sul campo del sociologo Rocco Sciarrone – dato che su ogni cento abitanti uno è formalmente affiliato alla ‘Ndrangheta, secondo dati delle forze dell’ordine – venne ucciso perché ebbe prima una lunga relazione con un uomo e successivamente osò innamorarsi di una donna, sorella del cognato del boss. Anche in questo caso l’onta andava levata con il sangue, seguendo così i dettami dell’organizzazione.

Ferdinando Caristena

Oggi, le cose sono cambiate: sono numerose le intercettazioni, raccolte all’interno del libro La rete degli invisibili, nato dalla collaborazione tra il magistrato Nicola Gratteri e lo storico delle organizzazioni criminali Antonio Nicaso, dalle quali risultano diversi affiliati alla ‘Ndrangheta omosessuali e non viene più ritenuto un problema per le nuove leve, non più ancorate alle regole arcaiche dei vecchi boss. Attualmente persone al vertice del gruppo sono coinvolte, per utilizzare le parole del codice mafioso, in “storie non convenzionali“, per cui qualcosa negli ambienti calabresi sembra che stia veramente cambiando.

Anche la Camorra condanna

Rivolgendo l’attenzione alla Camorra, vicende fanno emergere che anche qui l’omosessualità è stata colpita e condannata: si rilevano infatti pestaggi e minacce per familiari di affiliati omosessuali ed anche in tribunale l’essere omosessuale è stato spesso utilizzato per screditare la credibilità di un appartenente al clan.

L’omosessualità esiste quindi anche all’interno di Cosa nostra, ‘Ndrangheta e Camorra ed è impossibile non vederla oggi.

Fonti: Repubblica, Researchgate, Corriere, Linkiesta, Strettoweb, Rocco Sciarrone, Mafie vecchie, Mafie nuove, Donzelli Editore, 2009; Nicola Gratteri, Nicola Nicaso, La rete degli invisibili, Mondadori, 2019.

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Marchigiana a Torino. Compro più libri di quanti ne possa leggere.

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