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Diritti LGBT e Femminismo: dai Moti di Stonewall ad oggi.

- 28/06/2020


Oggi, o più precisamente, nella notte tra il 27 e 28 Giugno di 51 anni fa, una donna trans, Sylvia Riviera, ha dato inizio al movimento di protesta gay.

La leggenda dice che Sylvia, dopo essere stata pungolata con un manganello allo Stonewall Inn, uno dei bar gay più famosi della città e punto di riferimento per tutta la comunità lgbt della Grande Mela, abbia lanciato una bottiglia contro uno degli agenti. A quel punto la folla si ribellò, riversandosi per le strade e costringendo i poliziotti a rintanarsi all’interno del locale, mentre gli avventori dei bar vicini accorrevano per assistere alla scena.

Da li la rivoluzione fu inarrestabile: da New York in tutto il mondo spuntarono decine e decine di proteste dalla comunità LGBT, dando il via a quello che oggi possiamo chiamare i Moti di Stonewall.

Sono passati 51 anni, ma quanto lavoro c’è ancora da fare? Troppo e sfortunatamente un po’ ovunque. Basti pensare che ieri c’è stato il primissimo Pride d’Abruzzo e il Sindaco di Pescara città dove si è tenuta la manifestazione, ha negato lo spazio richiesto settimane prima perché non di “interesse pubblico” (e l’anno precedente, nello stesso spazio, c’è stato il comizio di Salvini).

Molto spesso questo ostruzionismo proviene proprio dai movimenti religiosi e pro-life, che molto spesso vanno a braccetto con le destre, che considerano la comunità LGBT come un branco di peccatori e satanisti che vogliono fa estinguere la popolazione mondiale.

Credo sia doveroso, visto l’importante anniversario della nascita di una delle rivoluzioni più importanti per la lotta dei diritti umani e civili, scrivere una breve riflessione su Desdemona, perché il femminismo può e deve lottare anche per la comunità LGBT.

Perché il femminismo si batte anche per la comunità LGBT?

Come già raccontato più volte nel mio articolo sul femminismo intersezionale, per distruggere la società patriarcale bisogna ripartire da una lotta comune contro ogni discriminazione, esattamente come al principio. L’oppressione della donna è collegata con tutte le altre oppressioni, quindi anche con quella della comunità.

Ma c’è da fare un’ulteriore riflessione. Al giorno d’oggi combattere contro queste associazioni (e partiti) che impediscono la rivendicazione dei diritti del movimento LGBT è fondamentale per il femminismo e non solo per principio di intersezionalità.

Come sappiamo, questi movimenti religiosi si considerano dei paladini della “famiglia naturale” che, attraverso una dubbia interpretazione dei valori cristiani, conducono una ostinata battaglia contro il riconoscimento e la tutela dei diritti LGBT.

Essi non sostengono soltanto che la “famiglia naturale” sia composta da un uomo e da una donna, quindi totalmente contrarie alle famiglie arcobaleno: ma dichiarano, in maniera più articolata, che la “famiglia naturale” sarebbe composta da un uomo che si fa carico di “incarnare la guida, il potere, l’autorevolezza”, e da una donna che deve “uscire dalla logica dell’emancipazione e riabbracciare con gioia il ruolo dell’accoglienza e del servizio”. Impongono quindi un binarismo di genere tossico e quindi estremamente patriarcale (ne ho parlato anche sul mio articolo sulla Mascolinità Tossica). E quindi impensabile per loro che questo binarismo venga meno in una coppia omosessuale.

Costanza Miriano, giornalista e organizzatrice dei Family Day, riassume così il rapporto che deve intercorrere tra la moglie e il marito: “quando parla tuo marito, ascoltalo come se fosse Dio”.

Un vero e proprio sbilanciamento di potere, il cui ago della bilancia va verso l’uomo, esattamente come il patriarcato richiede.

Inoltre queste associazioni sono contrarie anche all’aborto, al divorzio, agli anticoncezionali (qui, per esempio, Costanza Miriano illustra i metodi anticoncezionali “naturali”, che possono avere, come soli effetti collaterali, una gravidanza indesiderata e la trasmissione delle malattie sessualmente trasmissibili) perché sono tutte pratiche non solo “contro il volere di Dio”, ma contro l’emancipazione della donna. Sono infatti tutte battaglie a cui il femminismo si occupa da decenni, per svincolare la donna, e non solo, a questa posizione subordinata all’uomo.

Il rivendicare pieni diritti alla comunità LGBT è dunque un passo fondamentale per la lotta femminista perché gli obiettivi sono comuni: la decostruzione definitiva dello stereotipo di genere ma soprattutto la piena libertà di essere ciò che si è.

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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