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Decreto Sicurezza: la decisione, parziale, della Corte Costituzionale

- 15/07/2020


Questa settimana torneremo a parlare del c.d. decreto sicurezza.

L’argomento, sebbene con modalità e per ragioni diverse, è già stato analizzato in due articoli precedenti, consultabili qui e qui

Nei predetti articoli abbiamo, del tutto inconsapevolmente, analizzato ed anticipato le medesime criticità che hanno portato alcuni Tribunali a rivolgersi alla Corte Costituzionale affinché questa si esprimesse sulla costituzionalità di alcune previsioni contenute nel decreto sicurezza.

Cosa è accaduto?

Partiamo col dire che è errato parlare genericamente di “decreto sicurezza” poiché, in realtà, con questo termine si indicano due decreti.

Il primo di essi, entrato in vigore il 5 Ottobre 2018, si concentra sul sistema di accoglienza italiano, qui il link che dà accesso al testo del decreto:

Dopo l’approvazione dello stesso è stato abolito il permesso di soggiorno per motivi umanitari che fu sostituito da altri permessi più specifici.

Vengono poi ad essere ridotti gli aiuti connessi ai centri di accoglienza che perdono di forza e potenza.

Successivamente fu approvato il secondo decreto sicurezza, denominato decreto sicurezza bis, qui il link che da accesso al testo, che va a modificare le norme che riguardano gli sbarchi dei migranti soccorsi in mare.

Vengono concessi ed assegnati nuovi poteri al Ministro dell’Interno che ha la possibilità di vietare l’ingresso nelle acque territoriali italiane alle navi che violano le leggi italiane in materia di immigrazione.

Al Governo viene concessa la possibilità di comminare ingenti multe per i comandanti delle navi che ignorano il divieto di ingresso previsto all’articolo 1. La violazione del divieto comporta una multa compresa fra i 150mila e il milione di euro e la confisca della nave.

La posizione contrapposta del Governo e di alcuni Sindaci

Nel Dicembre del 2018 il primo decreto Salvini divenne Legge e, pertanto, da quel momento i richiedenti asilo si vedevano preclusa la possibilità di iscriversi all’anagrafe e non potevano più accedere a tutti quei servizi, quali assistenza sanitaria o anche apertura conto corrente, connessi al diritto di residenza.

La Legge era chiara ma molti Sindaci decidevano comunque di procedere all’iscrizione all’anagrafe.

Questa scelta determinava il ricorso in giudizio poiché la Pubblica Amministrazione pretendeva la corretta ed esatta applicazione della Legge nonostante le conseguenze negative in tema di diritti umani.

Posti innanzi ad un dilemma così grave e così importante i Tribunali, o almeno alcuni di essi, quali quello di Milano, di Ancona e di Salerno decidevano di rivolgersi alla Corte Costituzionale.

La posizione dei Tribunali

I suddetti Tribunali, Milano – Ancona e Salerno, ravvisavano un contrasto tra le previsioni della legge e gli art. 3, 10 e 77 della Costituzione.

La violazione era ravvisata soprattutto sul divieto di far iscrivere i migranti all’anagrafe in quanto, a parere dei predetti Tribunali, la norma “non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza e provoca una disparità di trattamento perché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti”.

La posizione della Corte Costituzionale

In data 09 Luglio 2020 la Corte Costituzionale, qui il link per accedere al comunicato stampa divulgato in attesa della pubblicazione della sentenza: , ha rilevato una duplice violazione dell’ articolo 3 della Costituzione secondo cui “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Non è stata, invece, rilevata alcuna violazione dell’articolo 77 della Costituzione che regola i requisiti di necessità e urgenza dei decreti legge.

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Non faccio l'Avvocato ma lo sono. Calabra di nascita e "fiorentina" per adozione.

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