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Arti marziali al bando? Parola alla Campionessa Eleonora Parigi

eleonora parigi arti marziali


Da diversi giorni i palinsesti TV e le testate giornalistiche stanno ancora dibattendo sui fatti di Colleferro (Roma). L’omicidio di Willy per mano di un branco di filibustieri muscolosi è ancora motivo di dibattito.

Anche Bl Magazine ha già trattato l’argomento (clicca qui per leggere l’articolo).

Il paradosso che si è creato ed ha, a livello bipartisan, indignato i salotti con i suoi opinionisti o i pennivendoli sensazionalisti, è che i Fratelli Bianchi praticassero arti marziali.

Diverse voci hanno subito commentato di vietare tali pratiche poiché indurrebbero i praticanti a commettere atti violenti. Un po’ come se, per l’omicidio di Erba, commesso da Olindo e Rosa, si fosse cercata la causa scatenante nelle attività hobbistiche della signora Rosa. “Si dilettava con l’uncinetto ed è quindi riconducibile a questa sua attitudine il fatto che abbia sterminato i vicini di casa…. mettiamo al bando l’uncinetto affinché non venga più in mente a nessuno di sterminare i dirimpettai”.

Humor nero a parte, ripetiamo che il gesto compiuto ai danni di Willy è un crimine, non riconducibile ad alcuna pratica sportiva. La barbarie perpetrata non ha nulla a che fare con le arti marziali.

Per spiegarci al meglio come funziona quel mondo sportivo abbiamo rintracciato una campionessa italiana: Eleonora Parigi, classe 1992, fiorentina DOC.

Eleonora, da quanto tempo pratichi gli sport da contatto?

Pratico questo sport da combattimento da 11 anni. Ho iniziato all’età di 16 anni, in una piccola palestra a Firenze, dopo aver smesso ginnastica artistica e cambiando quindi totalmente tipologia di sport. Quando ho iniziato a praticarlo i miei coetanei non conoscevano la muaythai o la kickboxing e anche io ho iniziato per sfogarmi e per divertimento, fino a che non è diventata una vera passione e sono passata poi all’agonismo. Ad oggi faccio gare sia in Italia che a livello internazionale, in Europa, nella strada chiamata ‘professionismo’ , anche se non vivo di questo, mi alleno ogni giorno e faccio gare con forti avversarie, senza protezioni.

75000 persone in Italia praticano arti marziali, siete tutti dei potenziali pericoli per la società, cosí come vogliono dipingervi i media?

Partiamo dal fatto che non per forza la motivazione di chi inizia questo sport sia per sfogare o calmare violenza e rabbia. Molti nemmeno ci pensano al fatto di poter riportare il saper picchiare per strada. Anche se fosse, viene dimenticato subito appena si entra in palestra. Purtroppo in Italia ci sono ancora tanti limiti e pensieri di pericolo nei confronti di chi pratica queste discipline ed è facile mettere un’etichetta, senza sapere e a priori, nei confronti di chi fa uno sport di contatto. Quando invece gli insegnamenti di umiltà e controllo stanno al primo posto.

Molti bimbi, ragazze e ragazzi si appassionano ai vostri sport, ma quali sono le regole fondamentali che vengono immediatamente spiegate a chi si avvicina a questi sport?

Negli ultimi anni per fortuna c’è più informazione e l’idea della violenza accostata a queste discipline si sta accantonando e si sta iniziando a conoscere di più questo mondo. L’età si è abbassata molto e in quasi tutte le palestre ci sono anche corsi per bambini in cui vengono da subito insegnati i valori quali la lealtà, la sportività, la fiducia nel compagno di allenamento e la stima per un futuro avversario che troveremo sul ring/tatami davanti a noi, poichè si è allenato quanto noi per fare una semplice gara e non una guerra. La regola più importante, inoltre, è che non si devono mettere mai le mani addosso ad esterni fuori dalla palestra e che non bisogna diventare un pericolo ma anzi viene insegnatocome prima e fondamentale regola il rispetto verso gli altri.

Alcuni politici, dopo i fatti di Colleferro, hanno subito invocato il voler proibire tutte le arti marziali, cosa ne pensi?

In questi giorni dopo l’accaduto di Willy è stato scritto di tutto. Infatti leggendo articoli e guardando notizie dal web, il mondo degli sport da combattimento si è rivoltato, aprendo varie discussioni. Purtroppo i fatti di cronaca hanno fatto una cattiva pubblicità a questi sport, mettendo in primo piano il nome degli assassini affiancati alla disciplina praticata. La tendenza nel comunicare ogni crimine che accade è fare di tutta l’erba un fascio: attirare gli occhi del lettore su un dettaglio ben preciso che in realtà va a distogliere l’attenzione sulla reale notizia. Sensazionalismo, è solo sensazionalismo… Invece di pensare alla morte di Willy e al brutale pestaggio compiuto da questi ragazzi senza cuore, dei veri e propri delinquenti, si pensa a “bandire certe discipline e chiudere le palestre”? Pensiamo davvero che sia questa la soluzione per sradicare la malavita e che siano gli sport da combattimento che portano a condotte violente? Demonizzare queste discipline è la cosa più sbagliata di tutte e, anzi, inviterei tutti questi giornalisti e politici nelle nostre palestre per vedere gli insegnamenti che ci vengono dati.

Credi che sia necessario parlare e far conoscere tutti questi sport per evitare lo stigma e gli stereotipi che si sono creati?

Assolutamente sì! L’informazione e la cultura sono da sempre le migliori strategie per non far avere pregiudizi alle persone. L’ignoranza crea stereotipi e, anche se può sembrare assurdo agli occhi esterni, vedere una persona che per piacere e passione sale su un ring o entra in una gabbia per picchiarsi, deve sapere che in realtà dietro ci sono tante emozioni. L’adrenalina, la felicità che proviamo deriva dalla costanza di allenamento, la determinazione che per mesi ci ha accompagnati in palestra ad allenarci e quello che andiamo a fare non è una rissa o una scarica di rabbia, ma ci sono regole e tecniche ben studiate.

Molte donne praticano arti marziali, ci spieghi come si posizionano all’interno delle federazioni? Anche nel vostro sport esiste il sessismo?

Purtroppo a questa domanda devo rispondere sì! In quanto donna e atleta agonista posso confermare questa cosa. In palestra, in allenamento non ho mai sentito diversità o inferiorità, però purtroppo abbiamo più difficoltà a combattere e trovare gare da fare dato che la priorità viene data a match maschili. Agli eventi la maggioranza del pubblico che paga per andare a vedere la serata è maschile e quindi viene data più visibilità ad atleti maschi. Personalmente ho vissuto su di me questa discriminazione e il sessismo ad eventi all’estero in cui ho combattuto nei quali sono stata pagata la metà degli atleti maschi del mio stesso livello, stranieri pure loro come me.

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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