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Chef Cogliandro, la bontà reggina e i sapori della legalità

- 12/10/2020


“Io non volevo essere chiamato perché cuoco antimafia, ma in quanto cuoco che, attraverso la sua cucina, è in grado di raccontare la propria terra”

Filippo Cogliandro, chef dell’Accademia gourmet di Reggio Calabria, nasce a Melito Di Porto Salvo nel 1969.

Raccontare la Calabria con la cucina

Diversi anni fa, dodici per l’esattezza, decide di sfidare la ‘Ndrangheta, rifiutandosi di pagare il pizzo e denunciando l’accaduto alle autorità. La sua storia di coraggio inizia ad essere raccontata, Filippo viene chiamato nelle trasmissioni, tutti lo vogliono ma pochi gli danno la possibilità di raccontare il suo lavoro e i tanti aspetti positivi del suo territorio.

Filippo Cogliandro in una trasmissione televisiva

Lo chef inizia così a declinare gli inviti ma la voglia di poter far conoscere l’identità gastronomica calabrese rimane. Decide quindi di sfruttare a proprio vantaggio la notorietà creando le cene della legalità: “partivo dal mio vissuto, che non rinnego, per mettere in evidenza tutto il bello che esiste nella mia regione. Raccontavo la storia di Reggio, la nostra cultura e  la cucina, e così aiutavo il mio territorio. La Calabria ha bisogno di una strategia comunicativa che si sleghi da tutto il negativo che si conosce al di fuori della regione ” e si potrebbe proprio partire dalla gastronomia, dai prodotti della terra calabra.

“Siamo i primi produttori al mondo del Bergamotto, prodotto DOP, principe degli agrumi, che cresce lungo la costa dei Gelsomini, da Scilla a Monasterace. La nostra terra è in grado di far crescere le patate viola, che in Francia sono conosciute per le piccole dimensioni.”

L’incontro con Abdou e Salihu

Oggi lo chef Cogliandro porta, orgogliosamente, la sua cucina in tutto il mondo, con la complicità e l’aiuto del suo team, di cui fanno parte anche due ragazzi che lo stesso Filippo ha accolto e preso in affidamento qualche anno fa e che oggi sono considerati i primi chef extracomunitari-italiani dalla Federazione cuochi, con tanto di consegna ufficiale della giacca.

Abdou Dibbasey e Salihu K. Barrow

Tutto ha inizio sette anni fa, quando gli viene chiesto di tenere un corso di cucina presso un centro di accoglienza per minori non accompagnati, così da insegnare un mestiere a ragazzi che di lì a poco avrebbero compiuto la maggiore età. Tra una lezione e l’altra, si inizia a instaurare un legame tra il cuoco e due giovani, Salihu e Abdou, che oltre ad essere compagni nel centro avevano anche condiviso l’esperienza del viaggio per arrivare in Italia.

“Nel mentre il centro viene chiuso e i ragazzi vengono trasferiti in varie parti d’Italia e i due amici separati. Continuiamo a sentirci costantemente e mi rendo conto di voler fare qualcosa di più di una semplice telefonata, loro volevano tornare a casa, e casa era Reggio. L’unica via possibile per il loro rientro era prenderli in affidamento, che è poi durato due mesi. Da lì è partita la loro formazione all’Accademia con contratto divenuto con il tempo un apprendistato, aiuto cuochi ed oggi cuochi.”

Ad agosto lo Chef ha vinto anche il Premio Internazionale della Bontà 2020, che sceglie di anno in anno chi si è reso disponibile nei confronti del prossimo, aiutando e donando amore alla società: “ho fatto delle cose, belle, senza pensarci: noi calabresi siamo così, abbiamo un cuore grandissimo!”.

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Marchigiana a Torino. Compro più libri di quanti ne possa leggere.

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