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Dietland: una chiave di lettura (femminista)

- 20/01/2021


Ho appena finito di guardare la serie tv di Amazon video “Dietland”. A grandi linee, Dietland è una serie televisiva statunitense creata e diretta da Marti Noxon. È basata sull’omonimo romanzo del 2015 di Sarai Walker. La serie si concentra sull’obesa Alicia Kettle (soprannominata Prugna), una redattrice di moda che vuole sottoporsi a un’operazione dimagrante. Ma le organizzazioni femministe interferiscono col suo progetto.

Parlo al plurale poichè all’interno della serie vengono fuori le varie sfumature e tematiche che il movimento può offrire: parte dalla body positivity, il femminismo bianco borghese e il femminismo radicale, che porta anche alla violenza e al separatismo con il maschile. E’ una serie tv che da moltissimi spunti di riflessione, ma se non si ha un minimo di conoscenza del tema c’è il rischio che si caschi nei soliti clichè: che le femministe odiano gli uomini, che le donne sono le peggiori nemiche delle donne e che la body positivity promuova l’obesità.

Ammetto che è stato tutto molto confuso, ma provo comunque a scrivere qui qualche mia riflessione, cercando di rimettere in ordine le mie idee.

Ah, chiaramente: è tutto uno spoiler.

La Body Positivity

In Dietland la protagonista è una donna grassa, che scrive come ghostwriter in una rivista di moda. Si occupa nel rispondere alle lettere che le lettrici della rivista patinata scrivono alla direttrice, una donna a capo di una grande industria editoriale. Kitty è bella, in forma, in linea con gli standard patriarcali. Il fatto che sia una donna al potere non disturba il patriarcato, anzi: il suo modo di comandare è prevalentemente maschile e si scoprirà burattino di altri uomini, che si trovano davvero ai piani altri.

Ma torniamo alla protagonista: Prugna. Rinchiusa nel suo mondo di “rassegnazione” del suo corpo e della sua vita, tenta di fare diete allucinanti per poter perdere peso al fine di fare un bypass gastrico. Si ritrova addirittura a seguire una dieta di 700 calorie al giorno, la spronano a prendere ansiolitici perché aiuta a diminuire l’appetito. Il suo personaggio è autentico, perché si entra finalmente nell’ottica di una persona grassa, si iniziano a trattare situazioni e tematiche inerenti che non tantissime serie TV sono riuscite a fare così realisticamente. Poi inizia ad avvicinarsi a varie organizzazioni femministe e la sua autostima aumenta sempre di più. La tematica “corpo” scema pian piano, ma non perché sempre meno importante, ma perché il fulcro della sua esistenza si sposta dalla dieta alla lotta: utilizza la rabbia accumulata negli anni per combattere insieme al gruppo “terroristico” Jennifer.

Però ci siamo: grazie a un percorso (a tratti no sense) imposto da una psicoterapeuta bianca e ricca (figlia della fondatrice della Clinica Battista, che impone diete da fame a chi voleva perdere peso, che aiuta donne in difficoltà per sentirsi a posto con la coscienza) inizia ad accettarsi così com’è. Decide di annullare l’operazione e inizia a vivere il suo corpo, con amore.

Salta fuori l’obiezione della salute solo in una scena in tutto il telefilm, e questo mi fa piacere perché non si è spostato l’argomento su questo punto, ma alla globalità della persona grassa. Lo stare in salute è un diritto, non un dovere, quindi ognun* è libero di stare come meglio crede.

Le violenze e gli stupri: tanti, troppi

Insistente nella serie TV la presenza di stupri e di violenze, tant’è che sono proprio questi i moventi del gruppo terroristico Jennifer, un’organizzazione femminista che uccide stupratori e violentatori nei modi più barbari, facendoli cadere dal cielo. L’insistenza del problema, che è reale, persiste anche nella storia diretta della protagonista che subisce lei stessa uno stupro, nello specifico da un feticista del grasso. Delle giustiziere della notte, che cercano di rovesciare il sistema con le maniere forti anche se, personalmente, non mi trovo d’accordo. All’inizio, sotto sotto, ti viene anche voglia di tifare per loro, creando un vero e proprio movimento con effetti molto positivi: donne che vanno a fare jogging da sole, supporto tra donne contro catcalling e molestie e così via. E’ chiaro che di fronte ad un organizzazione così forte e organizzata, i supporters non mancano.

Ma poi, quando uccidono la pornostar Stella Cross ti inizi a chiedere “Ma da che parte stanno?!“. L’attrice era nel mirino di Jennifer perché simulava nei suoi film delle violenze sessuali, agevolando così la cultura dello stupro, aprendo e chiudendo, in maniera troppo frettolosa, una tematica molto importante nel femminismo e cioè la sessualità e la pornografia.

Non credo sia giusto lapidare una sessualità spinta proprio perché la chiave di volta, l’unico reale faro per districarsi nel mondo del sesso è il consenso da parte di entrambe le persone.

Molto spesso nell’industria del porno quando c’è una scena hardcore c’è finzione, ma nel telefilm questo non viene approfondito, e mi ha dato da pensare.

Le donne al potere: non tutte le donne sono buone

Anche se poi alla fine non si capisce bene se la ex boss di Prugna si penta o meno, anche qui va detto due parole. Kitty, che ha sfruttato Prugna come ghostwriter per sembrare più navigata agl’occhi delle sue lettrici, è una donna al potere ma con un atteggiamento prevalentemente maschile.

Kitty è la classica donna che per arrivare ai piani alti e rompere il glass ceiling è costretta a prevaricare e mettere i piedi in testa sugli altri (e le altre) pur di arrivare in cima. La classica situazione in cui non basta essere donna per essere femminista, anzi. Può sembrare una delle poche “fortunate” ad essere entrata nel club del maschio ma così non è poiché è stata messa li prima per renderla una bella statuina, poi tramite ricatto.

Ma ha anche dei lati positivi. Vedere una donna in cima comunque fa sempre un bell’effetto, e bisogna riconoscere gli sforzi che ha fatto (che in quanto donna dovranno essere doppi rispetto all’uomo) per ottenere il suo posto, anche se tramite ricatti (a uomini che però coprivano molestie e stupri, quindi ci sta).

Forse è questa la cosa bella della serie: i personaggi non sono bianchi o neri, sono opachi, con mille sfumature, esattamente come una persona, vera.

Il femminismo bianco e borghese

Esiste un femminismo, che è proprio quello della prima ondata, composto da donne bianche e borghesi.

La casa di Calliope, una casa di rifugio per donne maltrattate (ma non tutte, solo alcune prescelte) è un posto fantastico al centro di New York, in cui le donne ospiti dipingono, fanno arte, cucinano. Si dicono femministe parlando di tatuaggi sulle vagine depilate, ma finiscono li. Sono glamour, sono in e alla moda. Mi hanno fatto pensare un po’ a Freeda, anche se mi sono piaciute molto. Ma cosa portano in campo per il cambiamento? Nulla.

Ed è qui che c’è il contrasto tra le femministe borghesi e le reazionarie. Non si sa per chi tifare, se non si ha un ideale ben preciso.

Femminismo radicale ed escludente: l’organizzazione “Jennifer”.

Concludo con una piccola riflessione sul gruppo femminista Jennifer, che conclude la serie con la scoperta del loro luogo di raccolta. Sono quasi tutte donne ex militari, che hanno subito soprusi o stupri da arte degli uomini, quindi con obiettivi vendicativi. Rappresentano quell’ala violenta e assolutamente separatista del femminismo, una piccola parte che esiste ma che nel telefilm hanno una forte influenza nel mondo, all’inizio positiva. Sapere che finalmente giustizia è fatta per molte donne darebbe un senso di sicurezza, ma è chiaro dire che non può essere questa la soluzione.

Vendicano un rovesciamento del sistema, di stampo patriarcale, dimenticandosi che però la violenza è patriarcato. Il femminismo, secondo me, è tanto altro: è dialogo, lotta senza prevaricazione, giustizia sociale e non brutale.

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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