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Quando l’arte non è ciò che sembra, dal Rinascimento all’arte contemporanea

- 11/03/2021


I quadri si ascoltano. Perché faccio un’affermazione così strana?

Il fatto è che l’arte può e deve essere parte della nostra quotidianità, è un nostro diritto. Viviamo con il preconcetto che l’arte contemporanea sia complicata, fatta da pochi eletti per pochi eletti mentre l’arte antica sia molto più semplice da capire, ma le cose non stanno così.

Il caso della Primavera di Botticelli

Il Rinascimento non è quel che sembra: la Primavera di Botticelli, che è apprezzata da tutti e ci sembra di capirla, in realtà è un quadro dai molti misteri e significati, tra quali anche quello di essere un quadro funebre. Sorpresi?

Ebbene, la Primavera celebra Simonetta Vespucci, nata Cattaneo, che appena arrivata a Firenze nel 1471 fece scalpore per la sua bellezza, tanto che Botticelli ne fece la sua Musa per questo quadro e per la Venere. Giuliano de’ Medici, fratello di Lorenzo il Magnifico, l’amò intensamente, ma Simonetta morì poco dopo nel 1476 a soli 23 anni. La sua bellezza senza pari divenne un mito.

Nella Primavera, Botticelli nasconde alcuni indizi: a sinistra Mercurio/Giuliano squarcia le nubi indicando l’ascesa al cielo della bella Simonetta, le tre Grazie danzano le sue virtù ed una di queste guarda sognante Giuliano/Mercurio. La presenza di Venere al centro conferisce a Simonetta le qualità della Dea.

A destra Zefiro si unisce alla ninfa Clori che, incinta, si trasforma in Primavera e guarda verso di noi col volto idealizzato di Simonetta.

Nemmeno i fiori sono lasciati al caso ed ognuno ha il suo significato simbolico. Il bosco di aranci richiama il giardino delle Esperidi e, immancabile, l’iris sboccia nell’angolo in basso a destra. Decisamente un quadro molto più complesso di quel che sembra e con molti misteri ancora da scoprire.

primavera
La Primavera di Sandro Botticelli

Il “red carpet” di Benozzo Gozzoli

Altra cosa che ci inganna è il tempo: quelli che per noi oggi sono classici del Rinascimento erano all’epoca l’avanguardia più glamour. Guardiamo gli affreschi della Cappella dei Magi dipinti da Benozzo Gozzoli per i Medici. La storia è quella antica, ma i personaggi sono tutti ritratti della famiglia Medici e dei loro amici o personalità importanti del tempo, che oltretutto non sono vestiti secondo una ricostruzione storica conforme al periodo in cui nacque Gesù, ma secondo la moda contemporanea del rinascimento e la più lussuosa. Non è un corteo di pii devoti che va a visitare Gesù bambino, ma un vero e proprio red carpet.

Provate ad immaginare un corteo fatto da Lady Gaga, Bradley Cooper, Beyoncé (o qualunque altro famoso personaggio odierno vi venga in mente) tutti vestiti haute couture da Armani, Gucci, Valentino ecc… questo era quello che vedevano i contemporanei di Benozzo.

La famiglia Medici non badò a spese, fecero scalpore, all’epoca, le quantità di oro zecchino e di costosissimo blu di lapislazzuli usate in questi affreschi. Più che devozione cristiana, in queste raffigurazioni c’è la celebrazione di una famiglia potentissima tanto da paragonarsi a dei reali.

L’importanza di avere un brand


Pensate che il concetto di sponsor sia storia recente? Niente affatto! Mettiamo insieme una chiesa con la facciata incompiuta (Santa Maria Novella a Firenze), una ricchissima famiglia di imprenditori nel campo della lana (i Rucellai) e l’archistar più innovativo del momento (Leon Battista Alberti), che succede?

Succede che gli imprenditori chiamano l’archistar a costruire il loro palazzo in città e a completare la facciata della chiesa dove hanno la loro cappella di famiglia. Ricchissimi, finanziano tutto di tasca propria ma da imprenditori non dimenticano l’importanza di affermare il loro marchio. Il risultato è evidente confrontando i fregi sulla facciata di Palazzo Rucellai e le decorazioni della facciata di Santa Maria Novella. La vela gonfiata dal vento della fortuna è un simbolo dei Rucellai presente sulla facciata del loro palazzo ma anche ripetuto moltissime volte sulla facciata della chiesa.

Un marchio usato come decorazione architettonica: come se oggi ci fosse il logo di un brand del lusso a ricordare chi ha sponsorizzato quella costruzione. Se non bastasse, in alto sulla facciata, nella trabeazione del timpano, la scritta riporta nome e cognome dello sponsor e lo fa a caratteri capitali nella stessa maniera della scritta sulla facciata del Pantheon a Roma. L’imprenditore/committente/sponsor viene così messo sullo stesso piano di un imperatore romano.

In un’epoca in cui il Papa era più potente dell’Imperatore, il rinascimento affermava con forza la centralità dell’Uomo.

Il contemporaneo parla semplice

Tutti conosciamo le geometrie astratte di linee nere su fondo bianco e campiture nei tre colori primari giallo, rosso e blu di Mondrian. Le abbiamo viste sulle confezioni di cosmetici, nella moda e un po’ ovunque.

Perché tanto successo? Perché in quelle linee astratte c’è l’essenza della natura che ci circonda.

Tutto è cominciato con un albero: la verticalità del tronco, l’allargarsi dei rami, la luce del paesaggio. Mondrian, con infinita pazienza, un quadro dopo l’altro, di volta in volta ha eliminato il superfluo, fino a raggiungere gli elementi più semplici che stanno nella forma dell’albero come delle altre cose: linee orizzontali e verticali, i tre colori primari da cui si ottengono gli tutti altri.

Non c’è nulla di misterioso, piuttosto ci invita a guardare alla sostanza delle cose.

mondrian evoluzione
Piet Mondrian evoluzione dell’opera

Ad indicarci la purezza, le forme originarie capaci di generare altre forme troviamo lo scultore Constantin Brancusi. Anche qui la semplicità non è impoverimento, ma offre uno sguardo verso l’essenziale ed un invito ad ascoltare le nostre sensazioni, quasi a domandarci: che cosa vedi in me?

In Uccello nello spazio il bronzo lucidatissimo a mano suggerisce il fugace baluginare delle piume in volo ma lascia spazio al nostro sentire, ai significati che sentiamo dentro di noi.

Le sue Muse sono semplici teste appoggiate delicatamente sulla base, i lineamenti del viso si perdono del tutto fino a diventare un uovo, forma primordiale e simbolica. Ecco che grazie a questa semplificazione ci permette di partecipare all’opera d’arte ascoltando le nostre emozioni.


La pittura astratta di Mark Rothko non è qualcosa di misterioso o indecifrabile, anzi ci immerge nelle emozioni elementari, come quelle che proviamo davanti alla distesa di un campo di grano o del mare.

Tutti noi quando parliamo del colore usiamo aggettivi come luminoso, cupo, vibrante, delicato, acceso e mille ancora. Con le loro grandi dimensioni i quadri di Rothko ci avvolgono nel colore, semplicemente in tutta la ricchezza di emozioni che il colore può dare. Per questo non hanno quasi mai un titolo ma semplicemente la lista dei colori che li compongono.

Non ci sono significati nascosti come in Botticelli, ma l’invito a rilassarsi e divertirsi, lasciando correre lo sguardo su una pennellata dopo l’altra. Fermarsi e Respirare il colore.

Mark Rothko no°6 yellow white blue over yellow on gray

Abbracciare l’arte con la mente

La parola “comprendere” significa contenere in sé, abbracciare con la mente, e questo lo possiamo fare tutti e davanti a qualsiasi opera d’arte. Basta ascoltare. Quello che succede tra un quadro e chi guarda è come un dialogo tra persone: può essere piacevole, allegro, noioso, entusiasmante.

Se ci relazioniamo con un’opera senza pregiudizi, ogni reazione suscitata dentro di noi ha pari dignità. Gli approfondimenti, la storia dell’arte, gli studi e le ricerche sono importantissimi, ma il primo passo tra un’opera d’arte e chi la guarda è parlarsi da pari a pari.

Un mio professore universitario dette una bella definizione dell’arte: “ciò che prolifera significato è poesia”.

Quando espongo i miei quadri uno dei momenti più belli è quando posso ascoltare i commenti delle persone che li guardano. Meglio ancora se non sanno che sono io l’autore. Capita spesso che oltre alle cose che ho voluto trasmettere ne vedano altre ed io mi accorga che effettivamente ci sono, che sono fluite tra le mie mani mentre dipingevo senza che stessi lì a razionalizzarle. Sono sorprese che mi fanno felice. Allora so che quel quadro è ben fatto, che anche senza di me, parlerà a lungo con chiunque voglia ascoltarlo.

Pagina FB: Fabrizio Tiribilli

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Sono nato a Firenze il freddo 8 Febbraio del ’63. Sono di quelli battezzati in Battistero, ma più che l’acqua, temo abbiano influito su di me i fantasmagorici mosaici sopra la mia testa. Per tenermi buono da bambino bisognava darmi un foglio e una matita. Dopo gli studi d’arte e un po’ di università ho fatto per 20 anni il ceramista e il designer. Ora Pittore, Designer, mi occupo anche di Eventi Culturali e di Arti Inclusive. Sono stato definito un Visionario e l’ho trovato un complimento bellissimo. La mia creatività è spinta dalle mie imperfezioni e da quegli inciampi che la vita ci riserva, ma che mi hanno permesso di avere uno sguardo più accogliente e attento. Sono qui perché credo che l’Arte offra a tutti noi uno spicchio di felicità possibile.

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