A due mesi dall’inizio del maxi processo contro la ‘Ndrangheta, il collegio dei giudici presieduto da Brigida Cavasino ha ammesso le riprese in aula, durante le udienze che vedono imputate più di trecento persone ed in cui è prevista l’escussione di duemila testimoni fra accusa e difesa.
Il caso
Il 12 gennaio 2021, a ventiquattrore dall’inizio del processo, giornali, televisioni e radio interessate al caso sono venute a conoscenza della decisione del collegio: vietata qualunque ripresa audio-video all’interno dell’aula bunker, senza rilasciare alcun tipo di spiegazione.
Subito la Federazione europea dei giornalisti, la Federazione nazionale della stampa italiana e l’Usigrai si sono opposte alla decisione, chiedendo che venisse cancellato il divieto e si consentisse ai giornalisti di poter lavorare nel miglior modo possibile e nell’interesse dei cittadini.
La ‘Ndrangheta vibonese alle sbarre non è solamente un problema italiano, coinvolge tutta Europa; le infiltrazioni oltre i confini nazionali ne sono la prova così come gli arresti avvenuti anche in altri stati come Bulgaria e Germania. L’opinione pubblica europea aveva e avrà sempre il diritto di essere informata, diritto ribadito anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: «Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati.»
Il presidente della sezione calabrese dell’Unione nazionale dei cronisti italiani, Michele Albanese commentava così la decisione: «Impedire le riprese giornalistiche audiovisive del maxiprocesso Rinascita Scott significa privare la storia di una testimonianza formidabile, necessaria ed insostituibile. Ciò che come giornalisti siamo riusciti a documentare in relazione al maxiprocesso di Palermo a Cosa nostra, dal 10 febbraio 1986 in avanti, non lo potremo documentare nel nuovo millennio, nell’era di internet e della informazione cross-mediale, con riguardo alla ‘Ndrangheta».
La svolta
Se da una parte il Tribunale di Lamezia Terme prendeva questa decisione, dall’altra pochi decidevano di fare da cassa di risonanza sulla questione. Così per due mesi i cronisti calabresi, a fianco di inviati nazionali ed internazionali, tra cui il Times, la Bbc, l’Ard e Reuters passavano le giornate a scrivere nei loro taccuini quanto si dibatteva in aula, operando nello stesso modo in cui decenni fa, prima dell’invenzione della videocamera e dei registratori, lavoravano i giornalisti.
Nelle ultime due settimane però, qualcosa è cambiato. L’Italia ha iniziato a parlare di Rinascita Scott, le grandi testate nazionali hanno deciso di non relegare il processo a un trafiletto bensì di mettersi a fianco di Albanese e tutti coloro che per sessanta giorni hanno combattuto per poter lavorare con tutti i mezzi disponibili nel 2021.
Riflettori su Rinascita Scott
Così, il 12 marzo, il collegio ha riesaminato la sua decisione e fatto cadere il divieto di riprese all’interno dell’aula bunker, poichè «sussiste un interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento». Dalla prossima udienza si potranno effettuare registrazioni ma è stata autorizzata solo la divulgazione di immagini o brevi video privi di audio. La motivazione alla base della decisione di non rendere ancora possibile la divulgazione delle riprese audiovisive prima della sentenza, che verosimilmente avverrà non prima della fine del prossimo anno, è la necessità di «garantire l’assoluta genuinità della prova». Quanto deciso limita ancora il diritto di cronaca ma è un passo avanti, la vittoria di una battaglia durante una guerra.
Il silenzio è mafia. Puntare i riflettori su Rinascita Scott significa consentire al nostro paese, all’Europa e al mondo intero, poichè l’Ndrangheta è un problema mondiale, di avere materiale su un processo storico. Registrare le dichiarazioni, i silenzi e i sospiri, gli sguardi all’interno dell’aula bunker di Lamezia Terme significa non fare vincere la mafia, colei che predilige il silenzio e l’indifferenza delle istituzioni e dei cittadini.
«Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene» lo consigliava all’Italia intera qualche anno fa il magistrato Paolo Borsellino ed è giunto il momento di seguire quotidianamente il suo suggerimento.