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IL MOSTRUOSO FEMMINILE di Jude Ellison Sady Doyle (Tlon) | Recensione


Proprio oggi la Turchia ha deciso di uscire dalla Convenzione di Istanbul. La nazione prima firmataria di questo importantissimo documento internazionale a tutela delle donne e della parità di genere ha muscolarmente indietreggiato, ricedendo il passo ai conservatori e a tutta quella schiera di politici vicinissimi al loro Leader dai poteri patriarcali Recep Tayyip Erdoğan. In virtù di questa novità internazionale, mi pareva opportuno affrontare l’argomento con un nuovo libro fresco fresco di stampa : IL MOSTRUOSO FEMMINILE di Jude Ellison Sady Doyle tradotto in italiano da Laura Fantoni e pubblicato da Tlon.

La Trama

«La donna è sempre stata un mostro». La mostruosità femminile si insinua in ogni mito, dal più al meno conosciuto: sirene carnivore, furie che con artigli affilati come rasoi dilaniano uomini, leanan sídhe che incantano mortali per poi prosciugarne l’anima. Che siano di una bellezza letale o di un’intollerabile bruttezza, subdolamente tenere o traboccanti di furia animale, sono la rappresentazione delle qualità più minacciose in una donna: bellezza, intelligenza, rabbia e ambizione. Le donne sono sempre state dei mostri anche per le grandi menti: da Aristotele a Freud, nella filosofia, nella medicina e nella psicologia l’intrinseca eccentricità femminile è un assunto di base. Gli uomini dunque hanno da sempre sottolineato la natura grottesca delle donne, capaci di immense distruzioni.
Se un mostro è un corpo diventato spaventoso perché fuori controllo, una donna mostruosa è una donna che si è liberata dal controllo dell’uomo. Brillante ed enciclopedico, Il mostruoso femminile è un saggio sulla mostruosità femminile che viaggia tra mito e letteratura, cronaca nera e cult movie per riconoscere il patriarcato e la sua primordiale paura che nutre nei confronti delle donne.
In questo lavoro Jude Ellison Sady Doyle riunisce storie di donne realmente esistite, e che sono state definite mostruose, e quelle dei mostri più significativi del mito e della letteratura; ma un altro perno fondamentale attorno cui ruota il libro sono alcuni prodotti culturali di consumo provenienti dal XX e dal XXI secolo: storielle da pigiama party, racconti popolari, documentari true crime e tantissimi film horror. Nel regno del mostruoso, infatti, realtà e finzione tendono a mescolarsi: «Un libro come questo ha senso solo se si attua un’operazione di assemblaggio in stile Frankenstein: la creatura che goffamente si muove verso di voi è stata messa insieme a partire da leggende metropolitane, deposizioni di serial killer, poesie del ix secolo e blockbuster anni Novanta con aliene sexy, insomma tutto quello che può illuminare l’orribile e spaventoso mondo femminile».
Un’analisi profonda e illuminante, dunque, della misoginia nella cultura popolare, che fa a pezzi le narrazioni costruite per contenere e nascondere il potere femminile e lo libera. Dalla giovane Regan de L’esorcista alla dea babilonese Tiamat, dal T-rex di Jurassic Park alla biblica Lilith, Jude Ellison Sady Doyle con pungente acume analizza le modalità in cui le donne sono state e sono demonizzate e traccia i contorni della gabbia entro cui la violenza maschile le costringe a entrare.

«Un mostro non è qualcosa da ignorare o da sottovalutare. Non ispira soltanto rabbia o disgusto. Un mostro, per definizione, suscita paura. Sotto tutto il disprezzo che gli uomini hanno riversato sulle donne nei secoli, sotto tutte le condanne per la loro Alterità, c’è l’inconsapevole riconoscimento del nostro potere, un potere abbastanza grande che secondo i loro calcoli potrebbe porre fine al mondo.
Alla radice di tutte le teorie riguardo la natura maligna delle donne risiede una primordiale forza matriarcale, vasta, oscura e antica come l’oceano. Se esaminiamo i modi in cui le donne sono state demonizzate, allora, possiamo raggiungerne le rive
». JUDE ELLISON SADY DOYLE

Jude Ellison Sady Doyle

La Recensione

Prima di intraprendere questa lettura ero abbastanza convinto di affrontare un saggio sul femminismo statico e mortalmente accademico. Tendenzialmente non leggo mai trame e sinossi per non contaminare la lettura da pensieri altrui. Fortunatamente la mia aspettativa non si è realizzata e, in meno di 24 ore, sono riuscito a leggerlo gustandomi, punto per punto, un saggio altamente dettagliato con una costruzione delle frasi divorabilissima e frizzante.

Ma partiamo con ordine: il mostruoso femminile ripercorre millenni di storia tentando di trovare il bandolo antropologico di una enorme matassa che, nelle pieghe della storia ha generato una sorta di “femminofobia” nelle varie civiltà, fino ad arrivare ai giorni nostri. Una genesi archeologica che, in maniera divertente e lucidissima, fa approdare i suoi nefasti effetti nella letteratura e nella cinematografia oltre che, ovviamente, nel tessuto sociale nordamericano.

Ho utilizzato volutamente l’aggettivo etnico poichè l’opera di Doyle è assolutamente applicabile per quel tipo di società evoluta che si domanda quotidianamente quale sia il giusto equilibrio tra i generi. E’ interessante sottolineare come la cultura pop, secondo Doyle, abbia negli anni, fertilizzato un certo tipo di pensiero e sistema patriarcale. Anzi, è assolutamente importante ed imprescindibile segnalare come le arti raccontino e plasmino le coscienze. Personalmente mi sarei aspettato anche una bella parte dedicata agli editti papali che velatamente, dal rinascimento ad ora, hanno in qualche modo fatto capitolare ulteriormente la posizione femminile nel mondo espropriandola di potenzialità sociale. Ripeto, l’autrice è nordamericana e forse non sente così scottante la vicinanza a quella nazione che persegue un potere teocratico.

L’architettura del libro è assolutamente analitica e fa evolvere le tesi di Doyle rendendole assolutamente condivisibili. La tripartizione del saggio (Figlie, Mogli e Madri) fa comprendere al lettore il cursus honoris che la società patriarcale vorrebbe applicare a tutte le donne del mondo, senza mai mettere in discussione la potenzialità di scelta della singola persone. E’ assolutamente nutriente scoprire come i miti e le leggende antichissimi si siano poi declinati col tempo ad uso e consumo della segregazione del genere femminile. Ad esempio la dea Madre assiro- babilonese Tiamat , potentissima e fertilissima, sia stata fonte di ispirazione per definire <il primo male> biblico: il serpente.

Devo ammettere che non ho ben capito il perché sia stato modificato il titolo originale “Dead Blondes + Bad Mothers” [trad. ragionata Gatte Morte e Madri Cattive] che ne avrebbe amplificato l’impatto pop e fruibile, ma le scelte editoriali in merito meritano altissimo rispetto soprattutto se, un libro come questo, può spostare il pensiero e generare un cambiamento in chi sceglie di leggerlo.

Vi auguro una buonissima lettura!

btr
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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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