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“Io non posso combattere la mafia”

- 24/05/2021


Ieri abbiamo commemorato l’anniversario di Capaci, strage in cui persero la vita, ventinove anni fa, il magistrato antimafia Giovanni Falcone insieme alla moglie e magistrata Francesca Morvillo e agli uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Alle 17.58 del 23 maggio 1992 Cosa Nostra riusciva ad eliminare il suo nemico numero uno Giovanni Falcone. Allo stesso tempo, risvegliava una società stanca di subire e dover camminare a testa bassa, a partire dal comitato dei lenzuoli, movimento nato subito dopo la strage, che invitava i cittadini ad appendere alle finestre le lenzuola bianche per dire No a Cosa Nostra.

L’ideatrice Marta Cimino stampò dei volantini in cui chiedeva di partecipare ma soprattutto dava nove consigli ai cittadini che volevano combattere la mafia, consapevole che il solo lenzuolo sarebbe potuto essere d’impatto ma non abbastanza. A distanza di ventinove anni, è bene ricordare come tutti e tutte noi possiamo combattere quest’organizzazione criminale che “come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.”

In memoria di Giovanni Falcone - Il Blog delle Stelle

Educazione alla legalità

Ognuno di noi è fondamentale nella lotta alla mafia ma per combattere un fenomeno bisogna innanzitutto conoscerlo. Da sempre, la criminalità organizzata ha cercato di colpire, delegittimare, arrivando anche ad uccidere giornalisti e cronisti poiché raccontavano, spiegavano alle persone quello che accadeva intorno a loro, risvegliandoli e rendendoli cittadini consapevoli. Informandosi un singolo cittadino fa molto perché potrà riconoscere in autonomia determinate situazioni, rivendicare i propri diritti, denunciare le estorsioni e decidere di schierarsi dalla parte dello Stato.

Per poter fare in modo che ogni giorno ognuno di noi possa leggere e così conoscere, molti, troppi giornalisti e reporter ancora oggi vivono sotto scorta e vengono minacciati perché hanno deciso di non voltarsi dall’altra parte ma di denunciare, facendo nomi e cognomi.

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Combattere la mafia significa anche combattere la sua cultura. Per riuscire a sconfiggere l’illegalità si devono educare tutti alla legalità, ai valori della democrazia, al rispetto delle regole nella vita sociale. “Se la mafia è un’istituzione antistato che attira consensi perché ritenuta più efficace dello stato, è compito della scuola rovesciare questo processo perverso, formando i giovani alla cultura dello stato e delle istituzioni” diceva Paolo Borsellino. Proprio dopo la sua morte venne introdotta nelle scuole l’Educazione alla Legalità.

Piccole azioni

Molte azioni quotidiane possono fare la differenza. Quando andiamo a votare, esprimiamo una preferenza per evitare che qualcuno possa far entrare in un consiglio comunale, in regione, un determinato candidato capace e volenteroso di portare avanti gli interessi di terzi. Alle ultime elezioni politiche il tema sembrava non essere d’interesse per alcun partito, nonostante le infiltrazioni mafiose nel tessuto economico e sociale del paese, dal nord al sud, nessuna zona franca.

Acquistiamo in modo consapevole, soprattutto i generi alimentari.Le mafie si sono sedute da molto tempo alle nostre tavole. Dettano i prezzi, incidono sulla qualità dei prodotti e sullo sfruttamento della terra e di chi vi lavora. E a questa tavola non si può più rimanere seduti senza una presa di coscienza: quelli che si ingoiano sono bocconi di criminalità organizzata.

«Gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di altri uomini». Giovanni Falcone era convinto che quando sarebbe arrivato il suo momento, ed era consapevole che sarebbe arrivato, altri avrebbero portato avanti il suo lavoro e lottato come lui, ma non solo magistrati, perché ricordiamo che tutti possono, e devono, fare la differenza nella lotta alla mafia.

Vita e morte di Giovanni Falcone, 25 anni dopo la strage di Capaci - la  Repubblica

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Marchigiana a Torino. Compro più libri di quanti ne possa leggere.

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