Da quando lo scorso 15 agosto i talebani hanno riconquistato Kabul, la capitale dell’Afghanistan, rovesciando il governo del presidente Ashraf Ghani, il mondo è ripiombato nell’incubo di uno dei più sanguinosi regimi militari di stampo religioso che, vent’anni fa, è stato accusato di essere complice del gruppo terrorista Al-Quaida responsabile dello schianto di due aerei civili sulle torri gemelle di New York.
Il ritorno dei talebani ha rimesso in luce l’estrema vulnerabilità di alcuni gruppi di minoranze sociali, come le donne, i gruppi religiosi, le etnie minoritarie e, ovviamente, le persone LGBT+.
Insieme ai talebani, la shari’a (che non aveva mai smesso di essere applicata del tutto, specialmente nelle più remote – e conservatrici – zone rurali del paese) è tornata a essere la principale fonte di leggi penali per alcuni tipi di reati, prevedendo la pena di morte, senza un equo processo, per gli uomini che si macchiano del peccato di fornicazione con persone dello stesso sesso.
I cittadini gay come merce di scambio
Poiché i talebani stanno formando un nuovo governo, molti report dal paese presentano un quadro spaventoso della difficile situazione della comunità LGBT+..
Una petizione avviata da Nemat Sadat, autore e primo attivista apertamente gay in Afghanistan, su Change.org, spiega cosa sta attraversando la comunità LGBT+ dalla caduta di Kabul: da quello che si evince dalle varie fonti sarebbe partita una vera e propria caccia agli omosessuali, diventati “merce di scambio” per ingraziarsi il regime: sono tantissimi i cittadini che, per conquistare credito sociale nei confronti dei talebani, stanno segnalando i propri vicini di casa LGBT+ alle autorità.
I talebani starebbero effettuando così perquisizioni domiciliari seguendo una precisa lista di accusati, uccidendo, se necessario, anche i familiari non collaborativi delle persone LGBT+. Bambini e ragazzi sarebbero stati sottratti alle proprie famiglie, rapiti e torturati, dopo che sono stati passati al setaccio tutti i loro beni, messaggi, dischi o film che potessero in qualche modo costituire indizi sulla loro omosessualità, vera o presunta.
Diversi media stranieri hanno poi riferito che i talebani avrebbero picchiato e violentato uomini gay. Ci sono stati episodi in cui nuclei appartenenti al regime avrebbero contattato persone LGBT+ attraverso i social media, ingannandoli per incontrarli o promettendo loro di aiutare a fuggire dal paese e uccidendoli. Le persone trans vengono rintracciate in base al loro aspetto fisico, il che le costringe a rimanere serrate in casa. La comunità LGBT+, in Afghanistan, vive nella costante paura di perdere la vita.
I talebani hanno eseguito molte condanne a morte per condotte omosessuali durante il loro primo regime (1996-2001), in particolare con l’impiccagione, e sembrerebbe la macchina perversa della giustizia islamica si sia già messa in moto. Già nel luglio 2021, il mullah Gul Rahim, un giudice talebano, ha dichiarato in un’intervista al quotidiano tedesco Bild che “Ci sono solo due sanzioni per i gay: o lapidazione o essere schiacciati dalla caduta di un muro alto fino a 3 metri”.
Nemat Sadat afferma che “è un ossimoro essere un musulmano afghano gay“, perché la legge islamica della shari’a punisce le persone LGBT+ al pari dei peggiori criminali. Sadat ha lavorato instancabilmente per evacuare il maggior numero di persone LGBT+ dall’Afghanistan dal mese scorso, e ha paragonato il trattamento dei talebani nei confronti delle persone omosessuali a quello del regime nazista.
Intanto è corsa contro il tempo per scappare dallo stato del medioriente, i cui aeroporti sono stati presi di mira da gruppi terroristici.
Immigration Equality, decine di afghani LGBT+ hanno richiesto assistenza al gruppo
Aaron Morris, direttore esecutivo del gruppo con sede a New York, in un comunicato stampa ha osservato che “i nostri avvocati hanno parlato direttamente con 50 persone queer prima che il governo degli Stati Uniti lasciasse la nazione” il 30 agosto.
Gli Stati Uniti hanno evacuato più di 123.000 persone, tra cui oltre 6.000 cittadini americani, dall’Afghanistan da quando i talebani hanno ripreso il controllo del paese fino alla fine delle operazioni militari americane il 30 agosto.
Più di 60 membri del Congresso hanno esortato gli Stati Uniti a evacuare gli afghani LGBT+ dal loro paese. Il Canada, finora, è l’unico paese che ha detto specificamente che avrebbe offerto loro rifugio politico. Immigration Equality, Rainbow Railroad con sede a Toronto e ILGA Asia sono tra i gruppi che continuano a cercare di assistere le persone LGBTQ che rimangono in Afghanistan.
“Ora che gli aerei non stanno più decollando, ci sono ancora decine di persone che hanno bisogno di evacuazioni urgenti. E c’è ancora tempo per salvare vite“, ha detto Morris. “Dobbiamo lavorare tutti insieme per trovare un passaggio sicuro per coloro che nella nostra comunità hanno bisogno di andarsene. L’evacuazione delle persone LGBTQ e di altre popolazioni vulnerabili è un’impresa a lungo termine e intendiamo fare la nostra parte per portarle in salvo”.
Fonti: Washingtonblade, Reuters, Deccan Herald, NBC News
Immagine in evidenza: @afghanlgbt