Dopo il Referendum sull’Eutanasia, che ha visto non solo il raggiungimento del numero minimo di firme, ma anche una nuovissima ventata di attivismo anche per l* più giovani, un nuovo referendum ha preso piede nel nostro paese. Sto parlando del Referendum sulla legalizzazione della Cannabis, una battaglia simbolo per il nostro Paese.
Ma c’è una novità in questo Referendum che rende questa raccolta firme diverso dalle altre: la possibilità di firmare online tramite il SPID, ovvero il sistema unico di accesso con identità digitale. Ciò ha reso l’impresa molto facile, in quanto ognuno dal proprio pc poteva mettere una “firma” con un semplice click, senza andare fisicamente al banchetto. Una vera e propria rivoluzione del sistema Referendum, ma non senza insidie.
Infatti, successivamente il raggiungimento del numero necessario, c’è stata una battuta di arresto in quanto alcuni comuni non sono riusciti a fornire dei documenti necessari per validare la firma.
Di cosa stiamo parlando? Ce lo spiega Gian Paolo Rosato, Sindaco di un paesino della provincia di Chieti, Taranta Peligna, favorevole alla legalizzazione della cannabis ma che insieme ad altri comuni non è riuscito a convalidare le firme entro la prima scadenza (in quanto poi prorogata).
Quante firme ha raggiunto il suo comune? Lei è a favore alla legalizzazione della Cannabis? Se si, perché?
Nel mio comune sono stati due i sottoscrittori della proposta referendaria on line. Uno di questi ero io.
Sono personalmente sempre stato favorevole alla legalizzazione delle droghe leggere e sempre contrario ad ogni proibizionismo, per una motivazione scientifica e non solo ideologica. Da avvocato, so che per la sociologia del diritto il proibizionismo non reprime il crimine, ma lo genera. Penso al proibizionismo degli anni 20 sull’alcool negli Stati Uniti. Viceversa credo che lo Stato che controlli o che regoli la vendita di droghe leggere tolga soldi alle mafie e tolga linfa al malaffare. E credo che lo stesso discorso valga su campi come la prostituzione (di fatto vietata e sommersa) e valesse in passato per l’aborto.
Solitamente a questo punto si leva l’eccezione: “Allora deve valere lo stesso anche per l’eroina” oppure “allora così dovremmo costruire autostrade solo per ubriachi”. Chi equipara droghe leggere e droghe pesanti si dimentica un piccolo particolare: la realtà. E la realtà ci insegna che non puoi trattare allo stesso modo chi fuma uno spinello e chi si buca, fuma un popper o sniffa cocaina. Non capire questa differenza significa considerare allo stesso modo chi sbaglia afre differenziata con chi smaltisce amianto nel proprio campo.
Invece io ci sento l’odore di chi vuole che l’ordinamento debba reprimere una condotta in base alla sua immoralità, ma temo sia un concetto che abbiamo superato dal 1 gennaio 1948, con l’entrata in vigore della Costituzione. Poi c’è il problema della dipendenza, ma anche qui la realtà mi insegna in questi anni da sindaco che la dipendenza peggiore e che tocco con mano è quella da ludopatia. Lì bisogna fare qualcosa.
Per quale motivo il suo comune, come tanti altri, non sono riusciti a consegnare per tempo la documentazione necessaria per convalidare le firme? Ci spiega un po’ meglio nel dettaglio cosa serve per convalidare la firma digitale di questo referendum?
E’ stata richiesta ai comuni un adempimento ulteriore, la trasmissione della certificazione di iscrizione alle liste elettorali dei firmatari. Sembra banale ma non lo è, non è un semplice mandare una email.
Sempre per la nostra Costituzione, in base al principio sacrosanto di autonomia degli enti locali, lo Stato quando attribuisce funzioni o adempimenti ulteriori ai comuni, trasferisce anche ulteriori risorse per farvi fronte. Sennò per l’ennesima volta vuoi fare riforme coi soldi dei comuni. A noi è successo che, per un evento lieto e bellissimo della nostra responsabile dell’anagrafe, l’ufficio fosse “coperto” con una sostituzione e oberato di lavoro per il contemporaneo censimento e le richieste delle certificazioni elettorali per le elezioni amministrative negli altri comuni (anzi, si vota proprio in uno dei comuni della nostra Unione dei comuni e il nostro ufficio anagrafe è gestito in forma associata).
A questo aggiungiamoci che già i piccoli comuni sono in affanno senza personale, che non possono assumere e non per motivi economici, e che la responsabilità del settore viene per questo spesso assunta, gratuitamente dai sindaci. Aggiungiamoci anche che per un cambio di linea telefonica, anche in questo caso per provare a risparmiare qualcosa, l’ANPR (ossia l’anagrafe nazionale) non ci ha garantito l’accesso per qualche giorno.
Il problema però arriva quando il comitato promotore accusa i comuni di fare boicottaggio e pubblica, come in questo caso, vere e proprie liste della vergogna per mettere alla gogna i comuni che sono in affanno nel trasmettere le liste. Fatemi capire: io boicotto un referendum che ho firmato? Qui torna in ballo la realtà: significa essere fuori dal mondo, dal centro storico di Roma la realtà si percepisce piuttosto male.
Poi che differenza c’è tra chi sbatte in prima pagina un indagato (e non condannato) e chi pubblica liste aizzando utenti del web in questo modo? La berlina la fa proprio chi predica il garantismo? In questi giorni la nostra casella è piena di email di protesta dei nuovi paladini della giustizia.
Siamo già stati condannati, insieme a tanti piccoli comuni che ogni giorno fanno la guerra per garantire servizi essenziali perché i garantisti per eccellenza si sono comportati i influencer del diritto (in questo caso amministrativo) con lo stesso stile e grazia di un Mario Giordano o di un Giletti. Un errore che da un’associazione seria, della quale condivido molte battaglie e che ho sempre seguito non mi sarei mai aspettato. Una delusione forte.
Secondo lei il referendum digitale potrebbe segnare una svolta per l’agevolazione della raccolta firme? Quali e pro e quali contro comporta?
Sicuramente una situazione molto positiva. Ma torno sempre al famoso 4 dicembre 2016, quando abbiamo confuso una ubriacatura anti-renzista con una scelta sulle riforme. Ben venga la facilitazione sulla raccolta firme, ma dobbiamo cambiare il metodo di calcolo del quorum referendario, ce lo chiede la storia istituzionale del nostro paese.