Quella di Giorgio Perlasca è la storia di un uomo che riuscì a salvare dallo sterminio nazista migliaia di ebrei ungheresi fingendosi un console spagnolo.
Il fascista
Il salvatore di oltre cinquemila ebrei ungheresi era un fascista che non si definì antifascista neanche nel momento in cui uscì dal partito.
Da giovane Perlasca fu un grande sostenitore del Partito Nazionale Fascista, in particolar modo alla versione dannunziana e nazionalista, tanto dal decidere di arruolarsi, nel 1930, nelle Camicie Nere.
Sei anni più tardi, ancora convinto degli ideali fascisti, prese volontariamente parte alla Guerra d’Etiopia e successivamente alla Civile spagnola, combattendo in un reggimento di artiglieria al fianco del generale Francisco Franco.
Tornato in Italia, iniziò progressivamente ad allontanarsi dal fascismo, non condividendo l’alleanza con la Germania, contro cui il nostro paese aveva combattuto vent’anni prima, e le leggi razziali emanate a partire dal Manifesto della Razza, pubblicato il 14 luglio 1938 su Il Giornale d’Italia e firmato da alcuni dei principali scienziati italiani.
Il Manifesto era diventato la base ideologica e (pseudo)scientifica della politica razzista dell’Italia fascista. Le due motivazioni furono il motivo per cui decise di strappare la sua tessera di partito.
L’eroe
Allo scoppio della guerra, Perlasca si trovava in giro per l’Est Europa con permesso diplomatico, in quanto agente venditore della ditta triestina SAIB. Il suo incarico era quello di comprare carne bovina per l’esercito italiano. Attraversò la Croazia, la Serbia e l’Ungheria, e si trovava proprio a Budapest il giorno in cui venne firmato l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, giorno in cui rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale Italiana, non venendo meno al giuramento di fedeltà prestato al Re.
Subito arrestato dai nazisti ed internato, l’uomo riuscì a fuggire grazie a un permesso per visita medica e chiese aiuto all’Ambasciata spagnola. Galeotto fu un documento che aveva ricevuto al momento del congedo che gli permise di diventare, in pochi minuti, un regolare cittadino spagnolo con passaporto intestato a Jorge Perlasca. Jorge si trovò a collaborare con Sanz Briz, l’Ambasciatore spagnolo che grazie ai privilegi e alle conoscenze date dalla sua posizione aveva iniziato a rilasciare salvacondotti per proteggere i cittadini ungheresi di religione ebraica.
Tra novembre e dicembre 1944, non riconoscendo il nuovo governo ungherese delle Croci Frecciate composto da nazisti locali, che diedero il via a persecuzioni sistematiche, violenze e deportazioni per gli ebrei ungheresi, l’ambasciatore spagnolo lasciò Budapest per rifugiarsi in Svizzera.
Venuto a conoscenza dell’imminente partenza del diplomatico, il Ministero degli Interni spagnolo ordinò lo sgombero delle case in cui trovavano rifugio i perseguitati. A quel punto, Jorge Perlasca riuscì a bluffare così bene da esser creduto: “Sospendete tutto! State sbagliando! Sanz Briz si è recato a Berna per comunicare più facilmente con Madrid. La sua è una missione diplomatica importantissima. Informatevi presso il Ministero degli Esteri. Esiste una precisa nota di Sanz Briz che mi nomina suo sostituto per il periodo della sua assenza.”
Da quel momento, il finto diplomatico firmò migliaia di documenti che conferivano la cittadinanza spagnola ad ebrei ungheresi mediante salvacondotti che recitavano “parenti spagnoli hanno richiesto la sua presenza in Spagna; sino a che le comunicazioni non verranno ristabilite ed il viaggio possibile, Lei resterà qui sotto la protezione del governo spagnolo”. In quaranticinque giorni di “mandato” Giorgio Perlasca salvò 5218 ebrei ungheresi.
Giusto tra le Nazioni
Con l’arrivo dell’Armata Rossa a Budapest, Perlasca venne arrestato in quanto filofascista. Rilasciato dopo pochi giorni, fece rientro in Italia dove non raccontò subito quanto compiuto, “nemmeno in famiglia, semplicemente perché riteneva d’aver fatto il proprio dovere, nulla di più e nulla di meno“. Fino a quando, nel 1987 alcune donne ungheresi pubblicarono sul giornale della Comunità ebraica di Budapest un avviso di ricerca di un diplomatico spagnolo, Jorge Perlasca, che aveva salvato loro e tanti altri.
Ritrovato e divenuta pubblica la sua storia, il 23 settembre 1989 fu insignito da Israele del riconoscimento di Giusto tra le Nazioni e nel cortile della Sinagoga di Budapest il suo nome appare in una lapide che riporta l’elenco dei Giusti.
Nella giornata di ieri, 26 gennaio 2022, il comune di Grugliasco ha deciso di intitolare a suo nome un Giardino, su proposta di una cittadina colpita dalla storia di Giorgio Perlasca. A chi gli chiedeva perché lo aveva fatto, rispondeva semplicemente: “ma lei, avendo la possibilità di fare qualcosa, cosa avrebbe fatto vedendo uomini, donne e bambini massacrati senza un motivo se non l’odio e la violenza?”