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Nel 2022 la mutilazione dei genitali femminili è ancora realtà.

- 06/02/2022


Oggi, 6 Febbraio, è la giornata mondiale contro la mutilazione dei genitali femminili. Ad oggi questa pratica, dolorosissima è totalmente inutile, viene ancora utilizzata in alcune parti del mondo.

Le Mutilazioni Genitali Femminili sono una forma di violenza che calpesta i diritti di bambine e le giovani donne, mettendo a rischio la loro salute fisica e psicologica. Deve essere dunque vista, a tutti costi, non solo una battaglia delle donne per le donne, ma come una battaglia di tutto il genere umano.

Per mutilazione genitale femminile si intende una qualunque lesione agli organi genitali femminili per ragioni non terapeutiche, eseguita soprattutto su bambine e adolescenti, principalmente in alcuni Paesi dell’Africa e dell’Asia come Eritrea, Guinea, Egitto, Mali, India e Pakistan.

Alcune mutilazioni o esiti delle stesse, possono essere molto invalidanti per le donne, tanto da non consentire una normale vita riproduttiva; esistono mutilazioni di tipo escissorio che consistono nel taglio o rimozione di parti dell’apparato genitale, come la clitoride, altre fanno riferimento a una vera e propria infibulazione, caratterizzata dal restringimento dell’orifizio vaginale tramite ‘cuciture’, che a loro volta possono essere associate a un’escissione.

Stiamo parlando di circa 200 mila donne in tutto il mondo che hanno subito tale pratica.

Le mutilazioni genitali vengono praticate principalmente su bambine tra i 4 e i 14 anni di età. Tuttavia, in alcuni Paesi vengono operate bambine con meno di un anno di vita, come accade nel 44% dei casi in Eritrea e nel 29% dei casi nel Mali, o persino neonate di pochi giorni come nello Yemen.

La pratica può causare complicanze a breve, medio e lungo termine, tra cui dolore cronico, infezioni, aumento del rischio di trasmissione dell’HIV, ansia e depressione, complicazioni al momento del parto, infertilità e, nei casi peggiori, la morte.

La situazione in Italia.

In Italia il fenomeno, purtroppo, è molto presente: basti pensare che pochi mesi fa, nel settembre del 2021, un uomo residente a Piacenza ha fatto infibulare le due figlie minorenni durante un viaggio in Africa. È stato arrestato dopo essere stato denunciato dalla moglie, che non sapeva delle intenzioni del marito.

La stima delle donne infibulate o a cui hanno rimosso parte dei genitali è di circa 80mila, ma sicuramente moltissime altre bambine sono state sottoposte a questa barbaria e che non sono state in alcun modo individuate.

Attualmente, sono circa 4.600 le bambine in Italia a rischio infibulazione, la maggior parte di origine somala. Un dato positivo è che, negli ultimi anni, si sta assistendo a una sensibile inversione della tendenza a praticare questa pratica barbara e incivile” spiega Elisabetta Aldrovandi, garante della Lombardia per la tutela delle vittime di reato e presidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime. “Solo il 9% delle donne è favorevole alla pratica, delle quali ben il 97% ha subito la mutilazione. Aumentano i casi di donne che attivamente contrastano questo sistema, più o meno intorno al 55%” aggiunge Aldrovandi. Ed è proprio grazie all’istruzione che si sta abbattendo questo fenomeno.”

Anche Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, annuncia una diminuzione del fenomeno in Italia, grazie ad una “sensibilizzazione delle comunità, alla difficoltà di viaggiare durante la pandemia, ma anche alle denunce. Da questo punto di vista il gesto della mamma delle due bambine di Piacenza ha rotto una catena di complicità. Di solito infatti tutta la famiglia è a conoscenza ed è complice di queste pratiche barbare”.

Perché le donne e le bambine?

E’ la domanda che ci si pone più spesso. Perché una cosa purtroppo va detta: ci sono culture che sono ancora spaventosamente patriarcali. Di fondo lo sono tutte, nessuna esclusa. Ma alcune molto di più, e portano avanti queste pratiche inutili ed estremamente dannose per chi le subisce e con esso tutta una serie di comportamenti maschilisti che impediscono le pari opportunità e diritti. E per farlo, bisogna farlo con gli unici strumenti efficaci che abbiamo: l’educazione e la cultura femminista.

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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