Vi presentiamo i libri finalisti del del Premio Opera Prima John Fante che verrà assegnato durante la 17^ edizione del Festival John Fante – Il Dio di mio padre – al via da oggi a Torricella Peligna in provincia di Chieti.
LA TRAMA
L’autore di questo libro è transgender, e il protagonista di questo libro è transgender. Tuttavia, questo libro non è un’autobiografia, è un romanzo. Anzi, quando comincia, l’io narrante non è ancora nato, nonostante i suoi genitori facciano di tutto perché ciò accada, e, nonostante non abbia ancora il corpo, l’io narrante racconta. Sarà solo la fine del mondo, esordio nella narrativa di Liv Ferracchiati, autore teatrale e performer, è infatti un romanzo sul corpo che, anche quando è in piena salute, allegro, bello, può essere percepito come inadatto. È con il corpo che ci presentiamo al mondo prima di aver imparato a parlare, è intorno al nostro corpo nudo che viene pensato il colore rosa o l’azzurro, anche quando non li indossiamo. Così, visto che il corpo è un problema, il protagonista, da subito, comincia a parlare. Comincia a farlo prima di nascere, e poi non smette più: parla tanto, si lambicca, eccepisce, critica e discute. Gioca, soprattutto. E si innamora. L’io narrante bambino vuole tutto, e non ha problemi di identità, è certo di chi è e di ciò che vuole, poi purtroppo qualcosa cambia: qualcuno, oltre a se stesso, vuole spiegargli chi è, cosa è, e quando è. La vita, però, cambierà con l’entrata in scena del mitico e quotidiano Guglielmo Leon. Sarà solo la fine del mondo segue la vicenda umana e preumana del protagonista, e anche quella oltreumana, attraverso i suoi incontri, le sue scoperte, le sue lotte, i suoi tradimenti, le sue risse, le sue gioie, le sue delusioni e la galleria dei personaggi – alcuni buffi, altri odiosi, molti adorabili – che incrociano il suo cammino. Un romanzo comico in senso generale, perché il comico ha a che fare con l’inaspettato, e in senso proprio, perché fa ridere: con una scrittura aerea e musicale, Liv Ferracchiati, rivolgendosi continuamente a chi legge – «Lettore, seguimi!» – e facendoci così diventare personaggi e protagonisti del suo libro, mette in scena il senso di inadeguatezza e la diversità, che sempre ci fa stupendi.
LA RECENSIONE
Per la prima volta, nella storia del Premio Opera Prima John Fante, entra in finale un romanzo atematica Transgender. Questa è una novità assoluta che andrebbe assolutamente evidenziata. Liv Ferracchiani scrive in maniera asciutta e proporzionata. Il romanzo si presenta con una particolarissima linea temporale che fissa i pensieri del protagonista anche prima del “suo tempo”. Un dimensione assolutamente inusuale che potrebbe portare il lettore ad aspettarsi il volgere della trama, invece non è così. Il libro affronta con dovizia di dettaglio la transizione di genere e lo fa senza sbavatura alcuna. Nei discorsi diretti, efficaci, s’intravede il talento teatrale dell’autore. La scansione dei capitoli è dettata dagli anni che vanno dal 1984 al 2078: l’arco temporale di una vita e del corpo di questa. Attraversiamo con il protagonista infanzia e adolescenza. Il lettorǝ assiste ai ripetuti tentativi del protagonista di camuffare la sua vera identità per non provare vergogna attraverso la vergogna degli altri. Il trauma per il menarca e l’inesorabile trasformazione del suo corpo sono il perimetro fallimentari dei primi approcci sessuali con l’altro sesso e al “cortocircuito immobilizzante” provato durante quelli con le ragazze per quella “libbra di carne” mancante. Ma poi entra in scena il suo vero io: Guglielmo Leon, il nome che identifica il suo animo più posato e quello più tempestoso e che da sempre si è auto-attribuito nel suo immaginario.
«La sostanza sta nel fatto che ognuno si arrabatta come può nella vita, nel tentativo di essere un po’ più felice, transgender o no.» (p. 249)
Un romanzo di formazione originalissimo che pone al centro una tematica ancora troppo inesplorata.