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IL GIORNO IN CUI DIEDI FUOCO ALLA MIA CASA di Francesca Mattei (Pidgin) | Finalista premio John Fante 2022


Vi presentiamo i libri finalisti del del Premio Opera Prima John Fante che verrà assegnato durante la 17^ edizione del Festival John Fante – Il Dio di mio padre – al via da oggi a Torricella Peligna in

provincia di Chieti.

LA TRAMA

Tra le viuzze e i baretti, tra i brindisi con birre economiche e le sniffate nei bagni, personaggi immobilizzati e anestetizzati dalla noia e dall’arrendevolezza vibrano in una continua tensione verso l’evasione. Donne che si mettono a nudo rinunciando ai propri abiti, strappandosi le proprie croste e persino abbandonando la propria pelle, che riducono in cenere ciò che hanno coltivato con minuzia e pazienza, che soffrono l’inconciliabilità delle proprie personalità con le aspettative della società. Con un linguaggio secco, rapido e ritmico, Francesca Mattei rappresenta in questi racconti una stasi nervosa frutto di forze contrastanti – il peso delle radici e l’accelerazione dell’inebriamento – che permeano le ombre malinconiche di piccole cittadine o case opprimenti da cui sembra non esserci via di fuga, fino a quando questa via di fuga non viene spalancata con la forza.

LA RECENSIONE

Questa raccolta di racconti, scritti in maniera ineccepibile da Mattei, portano alla luce tematiche disturbanti dell’animo umano. Riportano alla memoria, quasi, gli esperimenti corporali dell’azionismo viennese. Questo libro va letto col contagocce se letto d’estate. Il rischio, nel leggerlo tutto d’un fiato (come ho fatto io) è di imbattersi in pensieri oscuri, ruvidi, senza remissione di peccato. Sicuramente è un libro che rimarrà impresso al lettore. I personaggi che s’incontrano hanno un che di animalesco, di primordiale: sembra quasi che scelgano di vivere per istinto senza pensare troppo alle conseguenze. A dire il vero, pagina dopo pagina, ho collegato la scrittura di Mattei all’amatissimo Chuck Palahniuk per tematiche e violenza nella scrittura – e non è assolutamente un male! – . Son convinto che di Francesca Mattei ne sentiremo parlare ancora per molto se questo è il suo esordio letterario!

Se la ferita dà prurito significa che sta guarendo. Quando la crosta è ancora fresca non si stacca facilmente. Resta umida e molliccia come mollica bagnata e il sangue si rapprende tra i lembi di pelle, come una cerniera. È solo più tardi, quando diventa secca e rigida, che è pronta per essere staccata. Avere le unghie lunghe aiuta, ma non è indispensabile. Se la crosta è in un punto idoneo si può lavorare bene anche di denti. Una volta rimossa, può essere appallottolata tra le dita o allungata come un chewing gum, prima di essere ingerita.

Mangio croste da quando ero bambina. Mi piace saggiarne la consistenza tra la lingua e il palato e ognuna ha il suo sapore speciale. Ricordo ancora la prima volta che ne assaggiai una: avevo sei anni, ero in piedi di fronte a uno specchio a figura intera, nella stanza di qualcuno in casa di Chissàchi. Era estate, portavo le mutande e una canottiera bucata e ingrigita. Notai il ginocchio sbucciato, deformato nella superficie opaca del vetro, e aveva un colore caldo e dolce, ipnotizzante. Passai il resto del pomeriggio a grattarmi via la resina che continuava a riformarmisi sulla pelle, con le unghie corte e sporche, concentrata, totalmente assorta. Nella stanza entravano adulti di varie età per cambiarsi gli abiti o aprire le finestre o fumare crack distesi sul materasso alle mie spalle. Forse tra di loro c’era mio padre.

dal racconto “Croste” pag. 15

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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