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Cos’è l’educazione ludica? Intervista a Gabriele Mari

- 03/02/2023


Come e quando hai deciso di intraprendere questa/e strada/e?

La mia passione per il mondo dei giochi da tavolo mi porta a ricoprire ruoli differenti all’interno di esso: divulgatore, educatore ludico, game designer, formatore. La strada dell’educazione ludica è stata tracciata dall’incontro tra il mio essere educatore tout court e le mie capacità creative di autore di giochi: approfondendo le mie conoscenze sull’autismo e sulle teorie comportamentali, trovai connessioni sempre più forti con il mio modo di fare game design, a tal punto che decisi di sovrapporre le due attività per creare un approccio inclusivo in grado di rendere il gioco strutturato uno strumento utile in contesti educativi.

Consigli per chi vuole approcciarsi al mondo dell’educazione ludica?

Per lavorare in questo campo in maniera seria ed efficace bisogna avere competenze in entrambi i campi, quello educativo e quello ludico: se non si possiede la conoscenza in uno dei due campi, piuttosto che improvvisare, è meglio affidarsi a qualche professionista che colmi le nostre lacune, lavorando in tandem, altrimenti si rischia di fare dei danni. La parola d’ordine, come in tutti i campi, è formarsi. Sulla peculiare unione tra educazione e gioco esistono già alcuni corsi molto validi, come il corso Game Trainer di Erickson, i corsi per Operatore Ludico organizzati dal CSI Centro Sportivo Italiano o quelli che progettiamo ad hoc per le cooperative sociali sotto il marchio Educatori Ludici.

Che comportamenti dovrebbe evitare una persona che opera nell’educazione ludica?

L’educazione ludica è un terreno delicato, i possibili passi falsi sono tanti. Una cosa da evitare, e che purtroppo capita spesso, è spacciare per gioco attività che gioco non sono, attività ludiformi che in realtà sono esercizi camuffati. Diffidate dai giochi dichiaratamente didattici o educativi: spesso sono giochi dell’oca rimasticati, noiosi e nozionistici. Il gioco deve essere prima di tutto divertimento: senza questo prerequisito non riusciremo a coinvolgere, né a motivare, né a far passare nessun contenuto educativo.

Se progetti un gioco quali sono gli step che utilizzi?

Quando progetto un gioco il primo passo è sempre chiedermi che tipo di esperienza voglio far vivere ai giocatori, che tipo di emozioni voglio suscitare. Spesso l’esperienza immaginata è collegata a un’ambientazione precisa, a una tematica o a una storia. In che mondo si troveranno immersi i giocatori e che ruolo ricopriranno? Subito dopo si scende nel dettaglio: quanti giocatori voglio coinvolgere? Per quanto tempo? Sarà un gioco competitivo, cooperativo o qualche via di mezzo? Quale sarà lo scopo per vincere? Rispondere a queste domande solitamente delinea già un percorso che porta a definire componenti di gioco e la prima imbastitura delle regole: cosa succede nel mio turno? Quale sequenza di azioni devo compiere? Da lì in poi inizia la lunga e fondamentale, anche se a volte faticosa e logorante, fase di playtest, in cui il gioco si raffina e prende la sua forma finale.

Quali sono le fonti a cui ti ispiri per scrivere un gioco?

Le fonti possono essere le più disparate. Spesso sono storie che leggo, o ambientazioni che incontro sotto altre forme (film, cartoni animati, fumetti). Mi immagino come sarebbe agire in prima persona in quel mondo. La storia, ad esempio, mi affascina molto, perchè mi diverto a documentarmi e a riempire le zone d’ombra con la fantasia, cercando di inventare pur rimanendo nel verosimile, cercando di dare una dimensione umana, con cui è facile immedesimarsi, anche ai grandi eventi del passato.

Che tipologia di gioco non progetteresti?

Mai dire mai, ma in genere non sono interessato a giochi che prendano lo spunto da meccaniche puramente astratte, o troppo matematiche, o che non prevedano una forte interazione tra i giocatori. Penso che uno dei punti di forza del gioco da tavolo sia proprio l’interazione diretta, il confronto che si genera tra i giocatori, il dialogo tra le persone che interagiscono. Ecco, probabilmente un gioco in solitario, che ultimamente vanno molto di moda, non lo progetterei mai.

Quale gioco o quali giochi invece avresti voluto progettare tu?

Eh, ce ne sono tanti. Adoro da sempre Pandemic e The Resistance. Ultimamente ho apprezzato, proprio a livello di game design, Secret Hitler, Black Orchestra e This War of Mine, tre giochi che affrontano la storia in modi completamente diversi ma che regalano esperienze al tavolo davvero significative.

Progetti futuri e iniziative di cui puoi spoilerarci?

Non amo molto spoilerare, soprattutto per scaramanzia: incrociando le dita, diciamo che quest’anno uscirà il mio primo gioco con Erickson (che probabilmente hai visto a IdeaG Fano questa estate) e un nuovo progetto con Giochi Uniti dal titolo Penny Dreadfuls, un gioco narrativo nel mondo di Whitechapel, firmato sempre insieme a Gianluca Santopietro, e non sarà un gioco di fuga! Sul fronte educativo, invece, ci sono in cantiere mille progetti, tra laboratori, formazioni, fiere ed eventi, sempre più in giro per l’Italia (arriveremo finalmente anche in Sicilia e torneremo più volte in Sardegna!): seguite la pagina Facebook Educatori Ludici e sarete sempre aggiornati sui nostri spostamenti e sulle ultime novità.

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