In questo nuovo articolo Marta Ciacasassi creatrice di giochi da tavolo (Game-designer) e sviluppatrice
(Game Developer) presso dV Giochi – daVinci Editrice Srl ci racconta la sua esperienza e le difficoltà da lei affrontate dietro le quinte del mondo dei Giochi da tavolo (Gdt) spiegandoci anche delle differenze che possono apparire insignificanti ma che in realtà non lo sono.
Come e quando hai deciso di intraprendere la strada di Game designer?
Sono sempre stata appassionata di giochi, da piccola i miei genitori mi regalarono un Super Nintendo per Natale. Ricordo che già a 5-6 anni mi chiedevo come si potesse migliorare o creare da zero un gioco come Super Mario. Poi a 24 anni, qualche anno dopo aver scoperto i giochi da tavolo moderni, ebbi l’opportunità di mettermi in gioco creando i miei primi prototipi.
Se progetti un GdT quali sono gli step che utilizzi? Puoi portarci un esempio pratico?
Come prima cosa è bene determinare con precisione a chi è destinato il gioco e che scopo deve avere (commerciale, progetto per passione etc.). Definire questi elementi su carta aiuta a mantenere una direzione e a rispondere a molte domande che possono emergere come parte del processo. Da lì, bisogna cominciare a mettere insieme le idee e provarle. Non c’è nulla di male a prendere in prestito elementi da altri giochi e vedere come rendono “su strada”. Poi ci sarà tempo per cambiare e migliorare le singole parti, l’importante è restare fedeli alla direzione stabilita.
Quali sono le fonti a cui ti ispiri per scrivere un gioco?
Un po’ di tutto, forse però mi lascio influenzare molto dagli stessi giochi. Giocare mi arricchisce di nuovi stimoli e idee che poi ho voglia di mettere su carta. Spesso il mio obiettivo è quello di portare un punto di vista diverso oppure di mettere in luce un punto cieco del design originale. Forse è anche per questo che il lavoro di sviluppatrice lo sento più affine rispetto a quello di autrice.
Che differenza esiste tra lavoro autoriale e lavoro di sviluppo?
Il lavoro autoriale è un lavoro principalmente libero, basato sulla creatività, in cui si parte dal nulla e si arriva a formare un’idea di gioco. L’obiettivo dell’autore è quello di mettere in luce una sua idea attraverso il gioco. Da sviluppatrice mi occupo di prendere in consegna quest’idea, raffinarla e lavorarla affinché brilli al massimo del suo potenziale, questo sia per soddisfare i miei committenti, che spesso sono editori di giochi, sia per soddisfare le aspettative e esigenze dell’autore e del ricevente, che spesso è l’acquirente.
Che tipologia di gioco non progetteresti?
Non ho forti resistenze: progetterei o svilupperei qualsiasi gioco su cui ho la possibilità di lavorare o di cui mi innamoro. Tuttavia, ci sono delle tipologie in cui penso di essere meno esperta. Probabilmente non farei un buon lavoro con giochi di destrezza o astratti classici, e ho ancora molto da imparare per fare giochi pensati per le masse come quelli del catalogo Hasbro o Mattel.
Quale gioco o quali giochi invece avresti voluto progettare tu?
Ce ne sono fin troppi. Mi limito a citarne tre che mi vengono in mente ora: Clank! è un gioco che ha messo su carta una delle prime idee che avevo per un gioco da tavolo, e da quando è uscito ha messo a tacere una vocina che avevo costantemente in testa. Magic: The Gathering è un gioco che è diventato una categoria a parte capace di generare una community infinita, modalità di gioco nuove costruite dal basso e a coniugare tantissimi mondi diversi, praticamente è un universo a sé stante. Infine, Trains di Brenda Romero, perché è riuscita a veicolare sensazioni e emozioni che sono tutt’ora poco esplorate nel medium, costruendo un dialogo che manca e di cui abbiamo bisogno.
Come il tuo essere transgender ha influito sulla tua carriera e il tuo lavoro attuale?
All’inizio mi ha aiutata, visto che non avevo fatto coming out, ad inserirmi in un ambiente dominato ancora da uomini bianchi cis etero. Questo mi ha permesso senz’altro di reggere meglio gli urti iniziali, soprattutto perché non stavo portando realmente un punto di vista diverso. Ora sento che molto di me stessa finisce per stridere in quell’ambiente, perché nonostante sia un’ambiente passivamente accettante manca molta consapevolezza su ciò che porta e può portare la diversità, e spero che lo sgomitare per lo spazio possa tornare utile a autrici e sviluppatrici che ad oggi sono tagliate fuori, a volte inconsapevolmente. Sento di avere una grossa responsabilità in questo e nel garantire un futuro sempre più aperto e consapevole.
Cosa ne pensi dell’attuale stato dell’inclusione nel mondo del gioco?
Penso che siamo ancora distanti, principalmente perché c’è poca conoscenza delle potenzialità del gioco e per la storia culturale da cui veniamo. Purtroppo, in un mondo che vive circondato da spettri è diventato molto difficile fare luce e mostrare che alla fine non c’è davvero nessun fantasma da scacciare. Il risultato per ora è che a essere scacciate sono tante persone che porterebbero tanta diversità e potrebbero arricchire tantissimo il nostro settore. Ma il problema principale resta che alla base manca consapevolezza di questo fenomeno.
Esistono centri di riferimento per diventare Game designer? Se sì dove si possono trovare?
Non posso consigliare nessun centro nello specifico, ma so che esistono molte scuole di design con personale qualificato. Personalmente il mio percorso è stato da autodidatta, in questo senso esistono molti libri che possono aiutare. Mi limito a consigliare quelli che sono stati importanti per la mia formazione: Challenges for Game Designers, The Art of Game Design, Think like a Game Designer, Game Design: gioco e giocare tra teoria e progetto, Rise of the Videogame Zinesters.
Consigli per chi vuole approcciarsi al Game design di GdT?
La teoria è una buona scorciatoia per imparare velocemente le basi e gli errori più comuni da non fare. Ma non è un lasciapassare per evitare la pratica. Imparare tecniche quali il testing iterativo e il “fallimento rapido” è essenziale per crescere e arrivare velocemente al proprio obiettivo.
Progetti futuri e iniziative di cui puoi spoilerarci?
Ho tanto che bolle in pentola, ma non credo di poter dire molto. Vorrei completare un progetto che ho in mente da ormai 6 anni, assomiglia un po’ al mio Cross The Sea, (PDF scaricabile gratuitamente) ma abbraccia un tema più filosofico che sociale, in particolare il mio rapporto con le regole nei giochi. Ma è un progetto a lunga gestazione di cui sono ancora molto insicura.