Romina Falconi è una donna che ha le idee chiare. Una cantante che dell’ironia e della verità senza filtri ha fatto un marchio di fabbrica. Basta ascoltare brani come “Il Mio Prossimo Amore” o “Cadono Saponette” o la struggente “Anima” per farsi un’idea.
Una poetessa moderna, chiara e diretta, che ride delle proprie paure. Sotto una chioma biondo platino e due occhioni tanto dolci quanto seducenti, si cela un’ artista umile ma grintosa.
In prossimità dell’uscita del suo nuovo singolo noi di BL Magazine l’abbiamo intervista.
Proprio in questi giorni – il 28 settembre 2018 – è uscito il tuo nuovo singolo “LE 5 FASI DEL DOLORE” che ho amato fin dal primo ascolto (Che invito tutti ad ascoltare!).
Il brano affronta tematiche forti come l’abbandono e l’accettazione ma per contro è una sferzata di pura energia. Vuoi presentarcelo?
È nato dopo la fine di una convivenza. Ho letto su internet il modello “Le 5 fasi del dolore” elaborato dalla psichiatra E. Kübler Ross e ho pensato di raccontare il mio dolore narrando ogni fase, ma da paziente. Lo scopo era di non pensare al “dopo”. Volevo parlare del mio abbandono in un modo tutto mio e ne è uscita una canzone grottesca: sarcasmo e ironia presentate con una faccia che gronda lacrime.
“Le 5 fasi del dolore” prelude ad un nuovo album?
Si, è il primo capitolo di una lunga serie. Sarà un concept album, uscirà col nuovo anno. Ci ho messo tre anni per realizzare quello che avevo in mente: una mappa psico-emotiva di tutti gli schiaffi (belli e brutti) della vita.
Ho trovato un produttore geniale, Katoo (Francesco Catitti) che mi sta aiutando moltissimo. Nell’album che uscirà, ogni canzone rappresenta uno stato emotivo. L’operazione è molto particolare perchè ci saranno tanti generi (visto che ogni emozione è diversa, doveva essere diverso anche l’abito delle canzoni) e sono molto fiera di come tutto stia prendendo forma.
Come sanno i nostri lettori BL Magazine è web partner di questo grande concorso canoro che è l’Italian Music Festival. Come ti senti a dover giudicare altri cantanti che come te hanno un sogno nel cassetto? Che tipo di giudice sarai?
Da una parte sono onorata di far parte di questa giuria, dall’altra sono molto tesa. Il fatto è che so benissimo quanti sacrifici faccia un cantante/ cantautore per realizzare un brano.
Sarò molto rispettosa e cercherò di concentrarmi sul tema, il testo, la melodia, l’interpretazione e l’arrangiamento di ogni canzone senza lasciarmi troppo condizionare dai generi musicali (ognuno di noi ha un genere preferito e non voglio dare voti bassi alla canzone che è di un genere che di solito non ascolto).
Ogni artista merita di essere trattato con guanti di velluto e questa iniziativa deve rappresentare un momento di condivisione, di bellezza. La parola “gara” è odiosa per me.
In un’intervista del 2012 ringrazi tutte le tue esperienze vissute finora: dalle sagre della porchetta al palco di Sanremo, dai featuring con diversi artisti a cantare come corista per Ramazzotti, da concorrente di un talent show a giudice dell’Italian Music Festival.
Possiamo dire che di gavetta ne hai fatta tanta.
Chi è oggi Romina Falconi?
Si, ne ho fatta parecchia e penso che quelle attese, quel sentirsi perennemente appesi a un filo, quel senso di frustrazione, siano importanti: la benzina per uno che vuole fare il cantautore. Questo lavoro sa essere infame, ma poi è molto appagante. Ho visto persone avere tutto e subito, poi sgretolarsi al primo no. Un artista è come un bambino piccolo: diventa forte anche e soprattutto con i “No”.
Ringrazio per la strada strada tutta in salita e il fatto che abbia dovuto faticare tantissimo anche solo per fare un minuscolo passo in avanti; quando hai poche risorse impari molto, ho capito che non dovevo fare altro che mostrare la vera me, l’ho capito soprattutto grazie alle esperienze brutte. Ad oggi ho un pubblico che mi ha capito e che vuole davvero stare al mio fianco, che ama il mio buio molto più di del mio lato leggero. Io con quelli che mi supportano posso parlare di tutto. Essere compresi non ha prezzo. Credo di essere la persona più fortunata del mondo.
In particolare, rifaresti X Factor? Credi sia stato un contributo positivo per la tua carriera d’artista?
Non rifarei X Factor. Lo sconsiglio a chiunque abbia un progetto artistico preciso in mente, lo consiglio invece a chi ha iniziato da pochissimo e lo vive come un gioco e nulla di più. Prima di X Factor avevo già partecipato a Sanremo, avevo già collaborato con Casto; sono una con le idee chiarissime, lì dentro non mi sentivo a mio agio. Sicuramente è stata una lezione grande, non rinnego nulla. X Factor mi ha dato la spinta a insistere nel fare come mi pare senza seguire troppo le regole basate sulle mode del momento.
Una delle più longeve collaborazioni che potremmo definire quasi un matrimonio artistico, è quella con Immanuel Casto.
Con lui ti sei sperimentata anche su testi e canzoni piuttosto audaci.
Pensi che ti abbia cambiata? Cosa ti piace di Immanuel?
Immanuel è arrivato nel momento giusto e mi sento molto fortunata ad averlo nella mia vita. E’ diventato un amico vero e un compagno di viaggio meraviglioso.
Abbiamo in comune la voglia di sperimentare senza avere limiti. Siamo molto diversi, ma è proprio questo il bello. Sicuramente grazie a lui ho cambiato il modo di vedere molte cose del nostro lavoro. È un genio e diventa sempre più bravo (semi-spoiler: ci sta preparando delle sorprese che non posso assolutamente rivelare). Di lui amo la lucidità e l’attenzione che mette in ogni progetto, la prontezza delle risposte e la capacità di sapersi superare sempre.
Nel 2014 nel tuo video “Eyeliner” tocchi il tema della diversità raccontando di una donna transgender.
Sei sempre stata molto sensibile a questi temi. Credi che gli artisti italiani oggi siano più coraggiosi nel raccontare e farsi portavoce di tematiche come l’omosessualità?
Non credo sia questione di coraggio, credo sia doveroso lottare per rendere questo paese migliore.
L’intolleranza non è accettabile. E’ una questione di coscienza.
Nel 2018 ci sono ancora omofobi, nelle trasmissioni assisto a dibattiti che mi lasciano basita: “Un bambino può crescere sano in una famiglia omogenitoriale?”. E’ una domanda che reputerei lecita se , come per guidare, ad ogni essere umano rilasciassero un patentino per diventare “genitore” dopo anni di studio. Un bambino cresce sano e felice solo se riceve dalla sua famiglia amore, rispetto e molte attenzioni.
Mi incazzo tutte e volte: come possiamo essere felici se le persone intorno a noi non hanno gli stessi diritti nostri? Non ci hanno cresciuti da eremiti ma in una società!
Come può un maschio puntare il dito contro la legge 194? Come può un etero divorziato pronunciarsi contro i matrimoni altrui? Come si fa a non capire che un bimbo in un istituto non avrà mai l’amore che può avere in una famiglia?
Che musica ascolta Romina Falconi? Cosa canta sotto la doccia? E quali sono le canzoni che si ripetono nella sua playlist?
Sotto la doccia canto Sananda Maitreya, Whitney e tanti brani italiani. Nella playlist ho Roberta Giallo, Virginio, gli Imagine Dragons, Indila (consiglio vivamente, è una cantautrice uscita in Francia qualche anno fa), Stromae, Casto e Bravi.
Tornando alla tua partecipazione come giurata al Italian Music Festival, al di là di quelle che saranno le tue preferenze, cosa senti di consigliare a tutti quei giovani cantanti che si affacciano nel glorioso ma insidioso mondo della discografia?
Di avere le idee chiare prima di uscire con un brano. La domanda è: cosa stai cantando, a chi ti rivolgi, quale parte di te vuoi mostrare? È necessario quello che stai raccontando o lo fai semplicemente perché vuoi cantare? Stai imitando qualcuno? Riguardo l’imitazione consiglio vivamente di evitare (i progetti più belli sono originali, pure coi difetti).
Il cantante/ cantautore emergente deve diventare un samurai. Schivare proiettili, mangiare fango e essere pronto a sacrifici e attese pesantissime. È una missione, non è il gioco che sembra.