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Il Disegno di Legge Pillon analizzato articolo per articolo. Cosa comporterebbe se fosse approvato?

- 07/11/2018
ddl Pillon


Prendendo spunto dalle manifestazioni previste in tutta Italia in data 10 Novembre 2018 (sostenute dalla CGIL) contro il ddl Pillon, questa settimana la rubrica BL Legalità si occuperà di analizzarlo.

Il ddl 735/2018 sin dalla sua proposizione ha suscitato reazioni molto forti. Molte sono state le dicerie legate al testo, che si compone di ben 24 articoli, e bisogna dire che alcune, dopo un’attenta analisi, si sono rivelate del tutto infondate.

Il motivo, tuttavia, della diffusione di molteplici falsità è legato alla persona del Senatore Simone Pillon.

DDL Pillon

Il senatore leghista Pillon è l’autore del ddl che riforma il diritto di famiglia in tema di separazione e divorzi

Pillon che non è solo un parlamentare leghista, di professione avvocato e mediatore familiare, ma è anche colui che ha dichiarato di essere contro l’aborto, che a suo dire “ci porterebbe all’estinzione come italiani”, e a favore dell’abolizione delle Unioni civili. Nonché convinto assertore dell’esistenza della teoria Gender. Abbiamo avuto modo di parlare di lui in questa intervista alla scrittrice accusata proprio da Pillon di diffondere la stregoneria.

Il ddl presenta tuttavia alcune buone idee, che però in alcuni casi, come impostate nel decreto risultano inapplicabili, ed altri spunti che sono, a parere di chi scrive, condizionati da un conflitto di interesse e da una convinzione personale che ben poco ha a che fare con l’interesse superiore dei bambini.

Andiamo ad analizzare, cercando di essere esaustivi, il decreto Pillon.

L’articolo 1 prevede l’istituzione dell’albo nazionale per la professione di mediatore familiare.

Entro sei mesi dall’entrata in vigore della Legge, qualora questa fosse approvata e promulgata, dovrebbe essere istituito l’albo dei mediatori familiari.

All’interno dello stesso articolo sono individuate le qualifiche necessarie per divenire mediatore e anche il percorso da intraprendere, e vengono altresì fissate delle norme di comportamento che il mediatore familiare dovrà seguire nell’esercizio delle sue funzioni.

Questo primo articolo consente di muovere le prime due critiche.

La prima: il Senatore che ha presentato la proposta di legge, e che si sta battendo per la sua approvazione, è un mediatore familiare ciò rileva immediatamente il conflitto di interesse.

Conflitto che trova la sua massima applicazione proprio nel dover istituire un albo per una figura professionale che prima ne era completamente sfornita e nel dover rendere obbligatorio il ricorso a questa figura.

Di fatto, se la proposta venisse approvata, i mediatori familiari avrebbero una fonte di lavoro garantita.

La seconda: essendo nel nostro ordinamento già vigente l’istituto della negoziazione assistita familiare non si comprende perché bisognerebbe introdurre un ulteriore ADR avente grosso modo lo stesso scopo. L’ADR in questione comporterebbe costi e lungaggini che nella negoziazione assistita non sono presenti: non sarebbe forse meglio investire su un istituto già esistente magari ampliandolo?

L’articolo 3 prevede il procedimento di mediazione familiare.

Molti dubbi nascono leggendo questo articolo.

Il primo: al procedimento, con l’assenso di ambo i genitori, possono partecipare anche i minori che abbiano un’età superiore ai 12 anni.

Corre l’obbligo di osservare che non tutti gli adolescenti hanno una maturità tale da poter partecipare ad un procedimento che sancisce la fine del rapporto tra genitori e che una separazione ed un divorzio può avere un effetto traumatico sui figli anche quando questi sono iper tutelati! Figuriamoci se coinvolti nelle discussioni connesse al loro affido.

Il secondo: al comma 3 si evidenzia, a parere di chi scrive, una profondissima ed evidente confusione.

La partecipazione viene definita volontaria e, secondo il dettato dell’articolo, sarebbe possibile interrompere il procedimento in qualsiasi momento. Peccato che, qualche riga più in basso, si legga chiaramente che l’esperimento della mediazione è condizione di procedibilità, ovvero in sua mancanza non si potrà andare in Tribunale a depositare il ricorso per separazione o divorzio.

Delle due, l’una! O la procedura è volontaria oppure è obbligatoria.

Il terzo: la presenza dell’Avvocato è prevista come obbligatoria solo nel corso del primo e dell’ultimo incontro.

Questa scelta, come quella precedentemente analizzata, denota una certa confusione. Le parti, si legge nell’articolo, dal secondo incontro possono decidere di non far partecipare l’Avvocato.
Orbene non si comprende la necessità di prevedere l’intervento di un legale, che comporta ulteriori costi a carico delle parti, se poi questo potrebbe essere escluso dal procedimento.

Cosa accadrebbe se il legale manifestasse perplessità legate all’accordo siglato dalle parti?

Questa domanda rimarrà priva di risposta perché una tale eventualità, peraltro abbastanza rilevante, non è neanche stata contemplata.

Il quarto: l’accordo raggiunto in questa procedura non costituirebbe titolo esecutivo se non dopo l’omologa del Tribunale.

La domanda sorge spontanea: perché per le altre ADR gli accordi costituiscono immediatamente titolo esecutivo e per questa no?

Non sarebbe, quindi, meglio ricorrere alla negoziazione assistita?

Petizione

Contro il ddl Pillon è stata indetta anche una petizione su change.org

L’articolo 4 si preoccupa di precisare che entro sei mesi dall’entrata in vigore della Legge dovranno essere anche statuite le spese di procedura ed anche i compensi al mediatore.

Impossibile esimersi dal fare una critica: il creare un ulteriore step a pagamento per arrivare ad esercitare un proprio diritto significa rendere complicato, ed in alcuni casi impossibile, agire per la tutela dei propri interessi,

Basti pensare a tutte quelle persone che pur non potendo accedere al Patrocinio a Spese dello Stato non hanno un reddito tale da consentire loro di sostenere i costi di una mediazione, di un mediatore, di un legale e della procedura, anche solo di omologa, innanzi al Tribunale.

L’articolo 5 prevede un ulteriore figura, quella del coordinatore genitoriale.

In buona sostanza, se i genitori non riescono a trovare un accordo nella gestione dei propri figli, oppure non si accordano su come deve essere disciplinato l’affidamento, allora interverrà questa figura che, tuttavia, non avrà responsabilità.

Sicuramente è più facile e veloce ricorrere ad un coordinatore genitoriale che al Tribunale ogni volta che si verifica un conflitto ma il fatto che questo soggetto, così incidente nella vita dei minori sia esente in via straordinaria, e  quasi totalmente, da ogni responsabilità solleva diversi dubbi.

Gli articoli 6, 7, 8, 9 e 10 propongono delle modifiche al codice di procedura civile.

L’articolo che lascia più perplessi è l’articolo 9, laddove prevede che il giudice incaricato di decidere sulla separazione, quindi competenza civile, possa riscontrare accuse di abusi e violenza rivelatesi false.

Le perplessità sono legate al fatto che quando un genitore viene accusato di abusare o essere violento con un figlio, la competenza a decidere sui fatti e le circostanze viene demandata al giudice penale.

In questo caso ci sarebbe un alta commistione tra le due competenze, soprattutto, non potendo utilizzare nel giudizio civile gli stessi strumenti che si usano in quello penale, si rischierebbe di arrivare a degli esiti gravemente lesivi del ruolo di genitore.

L’articolo 11 modifica il codice civile sancendo il principio di bi-genitorialità.

Sulla base di questo principio entrambi i genitori hanno pari diritti ed obblighi, hanno il diritto di passare lo stesso identico numero di ore coi figli. Proprio per questo motivo viene istituito il doppio domicilio del minore che obbligatoriamente deve permanere con entrambi i genitori non meno di dodici giorni al mese, incluso il pernottamento.

Vista così sembrerebbe qualcosa di magnifico ma lo è solo in linea teorica. Nella pratica, infatti, sussistono problematiche di un certo rilievo.

Passando i figli pari tempo con ambo i genitori viene, di fatto, eliminato l’assegno di mantenimento in favore dei figli mentre viene prevista la possibilità di versare, in via del tutto residuale, periodicamente un assegno al genitore più debole che, a causa della propria situazione, potrebbe non riuscire a mantenere adeguatamente i figli.

Il genitore che percepisce il predetto assegno dovrà comunque impegnarsi a tenere determinati comportamenti finalizzati a rendersi autonomo nel più breve tempo possibile, poiché il termine in cui l’assegno periodico verrà a cessare viene direttamente ad essere indicato nel provvedimento.

Altro problema è legato alla gestione dei figli.

I bambini hanno bisogno di calma, tranquillità, di osservare le proprie abitudini e mantenerle per periodi di tempo non discontinui. Rimanere tre giorni con un genitore per poi andare dall’altro per i successivi tre crea dei gravi problemi organizzativi, basti pensare a più semplici come i libri di scuola!

L’idea di bi-genitorialità piace ma deve essere applicata in modo diverso al fine di evitare di trattare i bambini alla stregua di pacchi.

L’articolo 12 prevede una ulteriore modifica al codice civile con una nuova forma di limitazione della responsabilità genitoriale che non si configura con l’attuale decadenza dalla responsabilità stessa.

Nello stesso articolo è previsto che se, secondo la valutazione del giudice, entrambi i genitori non sono in grado di prendersi cura dei figli allora questi potranno essere affidati ad un diverso nucleo familiare per un periodo non superiore ai due anni.

L’articolo 14 costituisce un grande cambiamento che ritengo opportuno soprattutto per la tutela di quei padri che, successivamente alla separazione e/o divorzio, vivono in stato di indigenza.

Il predetto articolo prevede che, in caso di disaccordo, sia il giudice a decidere quale genitore debba rimanere nella casa familiare, e che laddove questa sia di proprietà dell’altro genitore questi abbia diritto di ricevere “un indennizzo pari al canone di locazione computato sulla base dei correnti prezzi di mercato”.

Giustamente, e finalmente, viene anche previsto che “non può continuare a risiedere nella casa familiare il genitore che non ne sia proprietario o titolare di specifico diritto di usufrutto, uso, abitazione, comodato o locazione e che non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuova matrimonio”.

L’articolo 15 introduce un’ulteriore novità che traduce in Legge l’orientamento della Corte di cassazione.

Si parla di mantenimento ai figli maggiorenni e più specificatamente della decadenza da tale obbligo.

Più precisamente è previsto che “nei confronti dei figli maggiorenni cessa l’obbligo di mantenimento al compimento del venticinquesimo anno di età ovvero qualora la mancanza di una loro occupazione o impiego lavorativo sia dipesa da negligenza o rifiuto ingiustificato di opportunità di lavoro offerte, ovvero si dimostri la colpevole inerzia nel prorogare il proprio percorso di studi senza alcun effettivo rendimento”.

L’articolo 19 modifica l’articolo 151 del codice civile andando ad eliminare il secondo comma.

In pratica vengono eliminati gli addebiti della separazione.

L’articolo 21 dispone l’abrogazione dell’articolo 570bis codice penale, viene eliminato il reato connesso alla violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio.

L’articolo 22 va a modificare l’articolo 4 della Legge sul divorzio poiché la mediazione familiare viene prevista come obbligatoria anche in questo caso.

Ne consegue che anche questo procedimento subirà delle lungaggini ed avrà un costo maggiore.

DDL Pillon 10 novembre


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Non faccio l'Avvocato ma lo sono. Calabra di nascita e "fiorentina" per adozione.

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