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La tutela dei diritti di una persona affetta da HIV: come combattere la discriminazione (10 Days Of Human Rights)

- 05/12/2018

Nessuno sarà oggetto di ingerenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, né di lesioni al suo onore ed alla sua reputazione. Ogni persona ha diritto alla protezione della legge contro simili ingerenze e lesioni.


Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, art. 12

Ogni persona ha diritto ad un livello di vita sufficiente ad assicurare la salute e il benessere suo e della sua famiglia, specialmente per quanto concerne […] le cure mediche e i servizi sociali necessari; ha diritto alla sicurezza in caso di […] di malattia, d’invalidità, […] negli altri casi di perdita dei propri mezzi di sussistenza in seguito a circostanze indipendenti dalla sua volontà;


Dichirarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, art. 25

Questa settimana BL Legalità parlerà di una forma di discriminazione ancora molto diffusa, quella legata all’infezione da HIV.

La settimana scorsa abbiamo trattato dei rimedi legali specifici qualora l’infezione dipenda da un’emotrasfusione, oggi ci occuperemo di dare una informazione più generale finalizzata a tutelare tutte le persone affette dalla predetta infezione.

Luogo di lavoro

Oggi è del tutto normale che quando si cerca un lavoro che il futuro datore di lavoro ci chieda delle informazioni. Capita a tutti di sentirsi porre molte domane, alcune anche molto personali, oppure di sentirsi chiedere di produrre il proprio casellario.

Tuttavia non ogni domanda è consentita ed è, quindi, nostro diritto rifiutare di dare determinate informazioni senza per tale ragione risultare lesi nella nostra possibilità di ottenere il posto di lavoro.

La legge sulla privacy, sin dalla sua prima formulazione, tutela tutte le persone a cui viene diagnosticata l’infezione da HIV proprio per tale ragione un datore di lavoro non solo non può, neanche dopo aver assunto, chiedere al proprio dipendente di effettuare il test e di portarlo a conoscenza dell’esito ma non può nemmeno porre direttamente la domanda.

Occorre precisare che per solo un numero assai limitato di casi queste domande o richieste sono legittime. Diviene una richiesta legittima quando la persona viene a contatto, anche in situazioni critiche ove le normali norme di sicurezza potrebbero essere non rispettabili, con un numero infinitamente esponenziale di persone: pensiamo ad esempio ai rappresentanti delle forze dell’ordine oppure al personale sanitario.

Segnaliamo come nel corso degli anni siano state numerose le richieste di chiarimenti pervenute ai Ministeri della salute e del lavoro, in merito alla liceità o meno di alcuni comportamento tenuti dai datori di lavoro.

Per rispondere a queste domane e fornire i chiarimenti necessari dell’effettuazione di accertamenti i due dicasteri, in data 12 Aprile 2013, hanno emanato, in forma congiunta, la circolare “Tutela della salute nei luoghi di lavoro: Sorveglianza sanitaria – Accertamenti pre-assuntivi e periodici sieropositività HIV – Condizione esclusione divieto effettuazione”.

Se questo diritto alla riservatezza viene violato la tutela è quella di denunciare il datore di lavoro al proprio ordine professionale, se il professionista ne ha uno di appartenenza, e di sporgere denuncia.

Successivamente, la valutazione deve essere effettuata caso per caso, intraprendendo un’azione civile per ottenere il risarcimento del danno per perdita di chance.

Da ultimo si rammenta che esiste un espresso divieto di Legge: non si può licenziare un lavoratore perché affetto da HIV!

aids discrimination

Contagio volontario

Sebbene possa sembrare assurdo, molte volte la trasmissione dell’infezione risulta essere volontaria. È il caso di chi, pur sapendo di essere affetto dal virus, non lo comunica ai propri partner e così facendo contagia il proprio compagno/a o i vari partner.

Si pensi al caso di Claudio Pinti o al caso di Valentino Talluto. Entrambi, sebbene si siano dichiarati innocenti ed abbiano respinto ogni accusa, hanno avuto molteplici rapporti non protetti e hanno diffuso il virus.

In Italia, a differenza di molti altri paesi, non esiste alcuna norma che condanni in maniera specifica la trasmissione volontaria del virus e proprio per questo motivo nei casi giudiziari sopracitati, nonché in altri, si è agito nei confronti degli “untori” (così sono stati definiti dalla stampa), per lesioni personali e, nel caso di morte della persona contagiata, per il reato di omicidio colposo.

Gli elementi per procedere ad una denuncia sono i seguenti: la persona che trasmette l’infezione deve essere a conoscenza del proprio stato di salute, chi è esposto al rischio non deve essere a conoscenza della sieropositività del proprio partner ed infine, cosa estremamente rilevante, si è colpevoli non solo quando si ha la volontà di contagiare ma anche quando la diffusione si verifica a causa di negligenza, imprudenza o imperizia.

La prova che serve a confermare che la trasmissione è avvenuta da un soggetto ad un altro viene ricercata tramite analisi genetica che, dobbiamo ricordarlo, non hanno un’affidabilità assoluta.

La Legge 104: previsioni a favore dei lavoratori affetti da HIV

La predetta Legge ha introdotto numerose agevolazioni a favore non solo dei lavoratori affetti da HIV ma anche per i loro familiari.

Preliminarmente, la Legge precisa che la persona sieropositiva o malata di AIDS, tenuto conto delle condizioni cliniche, ottenere il riconoscimento dell’handicap. La persona si sottoporrà ad una commissione medica che valuterà la gravità dell’handicap che, se riconosciuta, darà diritto al lavoratore, o ai suoi familiari, di godere di una detrazione dall’orario di lavoro.

I familiari che assistono una persona affetta da sieropositività conclamata hanno diritto

1) ad usufruire di tre giorni di permesso mensile retribuito

2) scegliere, laddove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e a non essere trasferito senza il proprio consenso.

Per ottenere le agevolazioni occorre la certificazione della ASL competente che attesta la gravità, il certificato attestante lo stato di famiglia e la dichiarazione di responsabilità che il coniuge non usufruisca delle stesse agevolazioni.

stop stigma aids

Invalidità civile

La Corte di Cassazione ha espressamente riconosciuto il diritto alle persone che sono ammalate di AIDS di ottenere e ricevere la pensione dell’INPS poiché il virus, a seconda della gravità, può portare ad un’invalidità compresa tra il 21% ed il 100%.

Nel caso l’invalidità riconosciuta sia pari al 100% e comporti l’impossibilità di deambulare o di compiere una vita normale, allora potrà anche essere richiesta l’indennità di accompagnamento.

La presenza di una invalidità riconosciuta consente di accedere alla lista delle categorie protette presente presso l’ufficio collocamento disabili.

Altre agevolazioni

Le persone affette dal virus possono giustificare la propria assenza da lavoro per un periodo più lungo di quello stabilito dal periodo di comporto.

Il periodo di comporto è periodo di assenza dal lavoro entro il quale il lavoratore non può essere licenziato.

I contratti collettivi nazionali di lavoro prevedono che in caso di patologie gravi che richiedano terapie salvavita, tra cui rientra anche il trattamento per l’infezione da HIV, i giorni di ricovero ospedaliero o in day hospital ed i giorni di assenza dovuti alle terapie vengano esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia e vengano retribuiti interamente.

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Non faccio l'Avvocato ma lo sono. Calabra di nascita e "fiorentina" per adozione.

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