IL PRIMO RE guarda al mito della nascita di Roma, ma è uno sguardo coraggioso che valica i confini del nostro cinema per respirare aria di internazionalità.
Una rivisitazione del mito di Romolo e Remo come nessuno mai lo aveva raccontato.
Il film si apre su di una scena che ci riporta alla mente grandi film hollywoodiani: i due fratelli che vengono travolti dall’esondazione del Tevere.
La drammaticità di quei pochi, ma intensi minuti, il montaggio, le riprese; tutto è reso con una veridicità che quasi stenti a credere ci si trovi davanti a un prodotto italiano.
La sceneggiatura è essenziale, asciutta. Sono pochi i guizzi narrativi, ma è sugli sguardi, sugli assordanti silenzi dove si sente solo il respiro dei protagonisti; è sui gesti sofferti, nel sudore e nelle lacrime e nel sangue che possiamo leggere un racconto più profondo, qualcosa che va oltre il visibile.
Il legame tra i due fratelli sarà messo alla prova dal principio alla fine, ora dalla Natura, ora dal Fato, ora dai piani divini, ora dai piani e le invidie umane.
Eppure questo amore fraterno sopravvive a tutto: sopravvive alle leggi dell’uomo così come a quelle di Dio.
Solo il cuore e l’emergenza di fare la cosa giusta, per un bene più grande, li porterà a maturare speranze differenti e contrastanti.
L’ambiziosa regia di Matteo Rovere è figlia dei nostri tempi ed egli guarda con ammirazione all’epica di certi film e serie televisive che tutti quanti noi conosciamo.
Una regia sicura, sfrontata e l’ottimo utilizzo della luce naturale rendono IL PRIMO RE un’esperienza totalizzante: ci si immerge nel fango, nel sudore dei combattenti e nelle ferite aperte.
La luce del sole filtra tra le chiome degli alberi mettendo in evidenza o celando gli animi di questi uomini alla deriva, in cerca di una terra dove possa sorgere una nuova comunità.
Gli attori sono tutti nella parte e credibili.
Se primeggiano per intensità drammatica i volti di Alessandro Borghi (Remo) e quello di Alessio Lapice (Romolo) non sono da meno i comprimari.
Borghi offre una delle sue più belle interpretazioni, sospeso tra lucidità e follia come i grandi eroi dell’epica o dei drammi shakespeariani.
Egli diventa il simbolo della ragione sulla superstizione, l’uomo contro la divinità, ma è anche destinato a pagare per i suoi errori quando la smania di potere e il sentirsi invincibile lo porterà a rinnegare la fede e la propria umanità, ponendosi al di sopra degli dei.
Alessio Lapice ( vedi la seconda stagione di GOMORRA), al contrario, ha uno sguardo più amabile, la sua forza viene dal cuore e dalle parole.
Ma a sorprendere è però la presenza di Tania Garibba nel ruolo della sacerdotessa della dea Vesta Satnei, portatrice del sacro fuoco.
La sua figura, ora emblematica e ora feroce e poi compassionevole, si spoglia via via della sua sacralità e del suo essere eterea per vestirsi di umanità. Il suo sguardo è una cosa che difficilmente saprete dimenticare.
IL PRIMO RE è quindi un’opera che merita tutte le lodi possibili e che sarà forse il primo passo verso nuovi lidi cinematografici per la nostra Italia.
Certo esso non è esente da piccole pecche: una colonna sonora fin troppo banale e l’ultima battaglia in pieno giorno evidenzia poca armonia nella coreografia di pugni e di spade, ma sono accenti di poco conto.
Resta un film epico di rara potenza visiva unico nel suo genere.