Avrebbe potuto essere una qualsiasi “ispanina” date le origini portoricane e venezuelane, e invece Sylvia Rivera ha contribuito a cambiare la storia della comunità LGBT+.
Nella notte fra il 27 ed il 28 giugno 1969, allo “Stonewall Inn“, partecipò alla rivolta contro la polizia, evento che, ancora oggi, viene ricordato e celebrato in tutto il mondo con la marcia del Gay Pride.
Ai “Moti di Stonewall” si attribuisce l’inizio del Movimento di liberazione omosessuale.
Per ricordare chi, mettendo a repentaglio la propria vita, ha davvero cambiato le sorti della comunità LGBT+, riportiamo il testo di un’intervista alla Rivera tenuta in occasione del World Pride tenutosi a Roma nel 2000, in cui Sylvia racconta i fatti.
“La notte di Stonewall la polizia non era pronta a confrontarsi con le azioni che noi, come individui, intraprendemmo. Fino a quel momento loro pensavano di fare un controllo di routine ad un cosiddetto “bar deviato”, controlli a cui la comunità gay era abituata, visto che i locali erano gestiti dalla mafia, e la polizia riceveva 1000 dollari a settimana […] ciò che accadde è che semplicemente eravamo stanche e stufe ed io, e altre compagne, pensammo che era il momento di fare qualcosa per liberarvi. Come al solito, quando la polizia entrava nei gay bar, le luci cominciavano a lampeggiare, così sapevamo che la polizia stava per arrivare. […] Entrarono e ci dissero di separarci in tre diversi gruppi: gay da una parte, le lesbiche da un’altra, le trans da un’altra ancora. Dovevamo mostrargli la carta di identità per dimostrare che eravamo maggiorenni e potevamo frequentare il bar. Le donne lesbiche mascoline, che a quei tempi venivano chiamate “drag-kings” furono informate che dovevano indossare almeno tre indumenti femminili, quella era la legge (almeno fino al 1974). Anche le trans subivano la stessa legge ma erano trattate dalla polizia come la spazzatura della comunità omosessuale […] se li contrastavi, ti picchiavano o arrestavano.
Ma quella notte dimostra che ne avevamo avuto abbastanza. La normale routine era che chiudevano il bar, scomparivano per 20 minuti e riaprivano i lucchetti quando la mafia portava i soldi ed i superalcolici. Ma quella notte, invece di scomparire, ci siamo spostati di fronte allo Stonewall, dove c’era un piccolo parco, ed abbiamo iniziato a tirare monetine alla polizia che stava davanti al bar, continuavamo a chiamarli maiali e ad insultarli. Non erano abituati alla nostra reazione, normalmente sapevamo che 4 o 5 poliziotti non avrebbero avuto alcun problema perché la comunità gay aveva paura di essere esclusa. In un attimo la voce è circolata tra gli altri gay bar che si trovavano nel quartiere. Molte persone, anche “ordinarie”, uscirono dai bar come “scarafaggi” per aiutarci.
Fu un momento di liberazione e quando la folla passò da 200 a più di 1000 persone, cominciammo a lanciare bottiglie, a rovesciare le macchine; qualche Drag-queen è riuscita a sradicare i parcometri, sono volate anche delle molotov. La rivolta si è così ingrossata che la polizia è dovuta ritornare verso il bar e barricarsi dentro con un giornalista del “Village Voice” il quale ha poi riferito che l’ispettore capo ha ordinato di tirare fuori la pistola e di uscire fuori sparando.
La cosa più bella di quella sera fu vedere la rabbia sulle facce delle persone picchiate, avevano il sangue in faccia e sul corpo e non scappavano, tornavano indietro, continuavano a tornare indietro perché NON CI FREGAVA NIENTE DI MORIRE, volevamo lottare per quello in cui credevamo, era la nostra serata.
Vedere, il giorno dopo, la bellezza della mia gente libera, ha significato tantissimo per me”
Da parte di tutta la comunità, GRAZIE.
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I moti di Stonewall rappresentarono l’inizio di una forte presa di coscienza da parte del movimento omosessuale, che un mese dopo, a fine luglio, culminarono nell’organizzazione di un Gay Liberation Front, fondato da Craig Rodwell e Brenda Howardnell, iniziativa che fu di ispirazione in tutto il mondo occidentale: comitati spontanei di liberazione nacquero in Gran Bretagna, Canada, Belgio, Francia e Australia.
L’anno successivo, in memoria dei Moti di Stonewall, il Movimento di Liberazione Omosessuale di New York organizzò il primo Gay Pride della storia, una marcia alla quale parteciparono circa diecimila persone che attraverso la Grande Mela dal Greenwich Village a Central Park.
Quest’anno, per la prima volta il World Pride fa tappa negli Stati Uniti e proprio New York ospiterà la grande marcia finale domenica 30 giugno per celebrare il cinquantesimo anniversario dei Moti di Stonewall, a conclusione di una serie di eventi, conferenze, spettacoli e manifestazioni spalmati per tutto il mese di giugno. Il tema è “One World, One Pride, One New York City – Unite nel 2019“.
La marcia di New York seguirà tutta la Fifth Avenue, omaggerà lo Stonewall Inn, e attraverserà i quartieri di Greenwich Village e Chelsea, culle del moderno movimento per i diritti civili LGBT+. Per l’occasione sono attese oltre 4 milioni di persone, che ne faranno il più grande evento Pride di sempre.
Sylvia Rivera ne sarebbe orgogliosa.