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Arte, omosessualità e omoerotismo: un viaggio per immagini lungo migliaia di anni

- 25/06/2021


L’ARTE NON E’ CASTA, SE LO FOSSE NON SAREBBE ARTE “– Pablo Picasso

Per Migliaia di anni, in tutto il mondo, buona parte del genere umano ha desiderato l’intimità fisica ed emotiva con persone dello stesso sesso. Quello di oggi sarà un Viaggio per Immagini attraverso l’arte erotica e omosessuale intorno al mondo.

Sulle sponde del mediterraneo l’omosessualità coincide con la storia stessa della cultura che vi si è formata. Nelle società greca ed etrusca, il simposio condensa quei valori che rendono nobile l’uomo. Questo ricco banchetto riservato ai cittadini maschi adulti costituiva un vero e proprio percorso di accesso alla conoscenza, raggiunto attraverso l’abbandono a varie attività tipiche del Simposio: la conversazione colta (in genere sull’amore), la compagnia di bei giovani, il vino, l’eros, il canto, la poesia, la danza.

Nella società greca antica l’idea di omosessualità era molto diversa da quella odierna: questo tipo di amore era perlopiù riservato alle classi elevate ed era permeato da una certa ritualità. Non era opposto all’eterosessualità, ma parte integrante della maturazione personale. Un amore omosessuale era quindi considerato come qualcosa di spiritualmente elevato.

simposio antica grecia
Intimità tra uomini (tomba del tuffatore)

In questo quadro culturale spicca su tutti l’amore incondizionato tra l’imperatore romano Adriano ed Antinoo (2-3). Inseparabili anche durante il lunghi viaggi dell’imperatore, mentre si trovavano sul Nilo, Antinoo morì cadendo in acqua in circostanze oscure. Tra le cause ipotizzate da Adriano stesso, anche quella suicidio sacrificale. Adriano , imperatore affascinante e coltissimo, al momento della morte del suo compagno, lo divinizzò, e fondò in suo onore la città di Antinopoli. Il culto di Antinoo si diffuse rapidamente in tutto l’impero, tanto da renderlo la divinità più rappresentata in occidente prima di Cristo, ed il suo volto fissò per sempre l’icona della bellezza classica.

Un altro elemento interessante è la naturalezza con cui nella società imperiale romana era vissuta la raffigurazione della sessualità e in particolare dei genitali maschili (4-5). In ogni casa erano appesi uno o più Tintinnabulum (6), Falli alati dotati di campanellini allo scopo di proteggere gli abitanti da ogni maleficio. Anche gli atti sessuali erano elementi iconografici affrontati con grande disinvoltura come vediamo in diversi affreschi pompeiani (7). o nella raffinata Coppa Warren (8) dove modellati nell’argento ci sono da un lato un accoppiamento etero, dall’altro un accoppiamento omosessuale.

Con l’avvento delle religioni monoteiste si assiste ad un progressivo occultamento, che in epoca coloniale diventa una una deliberata rimozione, della raffigurazione omosessuale o erotica. Il colonialismo europeo, insieme ai missionari cristiani, hanno distrutto le culture e le religioni tradizionali dei popoli indigeni in tutto il mondo. Con particolare accanimento furono perseguitati tutti gli aspetti riguardanti il genere e la sessualità, non solo attraverso feroci torture e uccisioni di massa, ma anche tramite la distruzione di manufatti, testi scritti e opere d’arte.

Eppure, come brace sotto la cenere, la Natura Omosessuale è riuscita a trapelare nell’Arte, perfino quella cristiana: ad esempio nelle raffigurazioni dei santi martiri Sergio e Bacco (9): il testo riguardante il loro martirologio li definisce chiaramente come erastai, che dal greco antico può essere tradotto come amanti. O nella plurisecolare iconografia di San Sebastiano (10), da sempre caratterizzata da una forte connotazione omoerotica.

Spostiamoci nel vicino Oriente. Anche nell’islam dei primi secoli e fino al XIX secolo, l’omosessualità non era ferocemente perseguitata come adesso (link qui all’approfondimento). Molti poeti scrissero apertamente dell’amore tra uomini, e nonostante le restrizioni riguardanti la rappresentazione della figura umana, qualche raffinato esempio d’arte non manca, come la preziosa miniatura di epoca Safavide (1660) conservata alla Kinsey Institute Gallery (11) o quella conservata al Louvre dove, per mano del grandissimo miniaturista Reza Abbasi, appaiono Shah Abbas I il Grande ed il suo paggio. (12)

L’Africa precoloniale era caratterizzata da una grande fluidità sessuale, che prevedeva un ampio spettro di relazioni ed espressioni omosessuali considerate naturali, compresi crossdressing e terzo genere. I Mudoko Dako, o “maschi femminili” erano considerati donne e potevano tranquillamente sposare uomini. Purtroppo anche qui le tracce artistiche sopravvissute sono poche, ma la scultura Subsahariana offre qualche opera notevole (13).

Sappiamo bene che l’India è la patria del Kamasutra, ma vorrei sottolineare che la parola Kama, nelle lingue dell’India settentrionale induista, significa contemporaneamente “amore” e “desiderio sessuale”. Il fatto che si usasse una sola parola per i due concetti fa capire quanto fossero considerati inscindibili. Non si possono, a questo punto, non menzionare i templi di Khajuraho (14-15-15bis) ricchissimi di sculture che abbracciano tutto lo spettro della sessualità . Il fatto che vi siano dei templi dedicati al Kama sottolinea la sensualità intesa come base dell’amore, fonte di piacere e di risveglio spirituale.

Gli Imperi dell’estremo oriente sono stati per lungo tempo chiusi alle ingerenze del colonialismo e questo ha permesso il fiorire di un’arte erotica di altissimo livello. Nella seppur rigidamente codificata cultura giapponese abbiamo una vasta produzione di Shunga: gli Shunga sono soprattutto xilografie, cioè stampe ottenute incidendo blocchi di legno (uno per colore), particolarmente diffuse nel periodo Tokugawa (dal nome della famiglia regnante) che copre il lungo periodo temporale dal 1600 al 1868. Il termine Shunga tradotto, vuol dire “pittura della primavera”, un modo delicato per definire l’atto sessuale.

Gli shunga appartengono al genere di stampa Ukiyo-e che significa “immagini del mondo fluttuante”, una forma artistica che si riferisce ad una concezione edonistica dell’esistenza in un fluttuare di piaceri per allontanare la malinconia della realtà e del dolore. La Sessualità libera era indissolubilmente legata alla cultura, alla raffinatezza, e per certi aspetti anche al lusso.

Nel teatro Kabuki tutti gli attori sono uomini, ciascuno con un preciso ruolo, avere rapporti omosessuali con quelli che interpretavano personaggi femminili era considerato normale, come possiamo vedere nell’incisione del Maestro Suzuki Harunobu (16). Il piacere femminile, anche omosessuale, era tenuto in grandissima considerazione, basti osservare il capolavoro che ci ha lasciato il grande Katsushika Hokusai nel libro di stampe Manpuku Wagojin (Gli dei di una miriade di delizie coniugali), raffigurante il viaggio sessuale di Otsubi e Osane, due giovani donne. (17)

17 – Viaggio sessuale di Otsubi e Osane, due giovani donne.

Attraversando l’oceano e sbarcando nelle Americhe troviamo anche qui tradizioni che furono crudelmente estirpate dai conquistatori europei. In nord-america tutte le società dei nativi americani riconoscevano da tre a cinque ruoli di genere: femmina, maschio, femmina Due Spiriti, maschio Due Spiriti e Transgender. Era anche consueto per i genitori non interferire con la natura, quindi in alcune tribù i bambini indossavano abiti di genere neutro fino a raggiungere un’età in cui scoprivano da soli quale strada avrebbero seguito. Gli Indiani d’America credevano che una persona in grado di vedere il mondo attraverso gli occhi di entrambi i sessi fosse un dono del Creatore. Tradizionalmente, le persone dei Due Spiriti ricoprivano posizioni di grande rispetto all’interno delle loro tribù. La Nascente Arte della Fotografia ci aiuta a cogliere le poche tracce rimaste. Nel ritratto di Osh-Tish (18) scatatto ai primi del ‘900 vediamo l’ultimo uomo Due Spiriti della tribù Crow, con monili d’argento e tessuti finemente ricamati.

18 – Ritratto di Osh-Tish

Qualche traccia in più la troviamo in Sud America nell’arte precolombiana. Per il nostro viaggio sono molto interessanti i reperti dell’antichissima civiltà Moche (o Mochica), viva tra il I e il VII secolo nel nordovest peruviano ben prima dello sviluppo dell’impero Inca. Le ceramiche mochica sono per la maggior parte antropomorfe: tazze, anfore, bottiglie rappresentavano personaggi o scene della vita reale con una elevatissima qualità tecnica e una fresca naturalezza. Se la maggior parte tratta scene rituali o sacrificali una buona parte è dedicata a scene erotiche anche a carattere omosessuale (19). Questa Arte ci racconta quindi una civiltà che seppur gerarchica e ritualizzata non aveva alcuna discriminazione legata alla sessualità, anzi celebrava l’erotismo come parte essenziale della propria cultura.

Reperti della civiltà Moche (19)

Solcando un altro oceano approdiamo nuovamente in europa dove troviamo l’arte costretta a confrontarsi con la riforma protestante, la controriforma, l’inquisizione e quant’altro. Eppure sulla spinta della cultura umanistica non mancano le suggestioni omoerotiche: nell’immenso Salone dei Cinquecento in Palazzo vecchio a Firenze, quasi a dispetto dell’integralismo di Savonarola che lo fece costruire, splendono nel marmo le guizzanti carni de Il Genio della Vittoria scolpito da Michelangelo e il possente gruppo di Ercole e Diomede (20) scolpito da Vincenzo De’ Rossi nel 1567 e che nulla lascia alla fantasia.

Omoerotico ed alchemico al tempo stesso è l’unico dipinto ad olio su Muro eseguito da Caravaggio (che non conosceva la tecnica della pittura a fresco) sul soffitto di un piccolo ambiente del Casino Ludovisi (21). Eseguito per il suo protettore Il Cardinal del Monte 1597/1600 per raffigurare la complessa scena con tre divinità Caravaggio si servì di un grande specchio piano sul quale salì lui stesso rappresentandosi nudo, cosicché Giove, Nettuno e Plutone che mostra appieno gli attributi virili, sono tre autoritratti dello stesso Caravaggio e anche Cerbero è mostrato con tre ritratti dello stesso cane, forse proprio quello di Caravaggio che si chiamava Cornacchia.

Più tardi, nella effervescente Francia di fine ottocento, troviamo La Fraternité des Peuples (22), che troneggia nel salone dei Matrimoni al Palazzo Municipale del X arrondissement di Parigi. realizzato nel 1883 dal rivoluzionario (nel vero senso della parola: Comunardo a Parigi, costretto all’esilio, indomito liberale…) Jules Dalou. Nonostante l’istituzionale monumentalità di questa scultura è sorprendente la passionalità del bacio tra i due uomini al centro della scena. Negli stessi anni era attivo a Parigi lo straordinario Tolouse Lautrec, il suo sguardo partecipe e umano verso le classi più popolari, la sua mano veloce e sicura ci hanno lasciato indimenticabili Pastelli ad olio, qui voglio ricordare la serie dedicata nel 1892 all’amore lesbico di cui fa parte il toccante Dans le Lit, le Baiser (23).

Insieme a Parigi è Berlino che offre un clima artistico d’avanguardia, dove all’inizio del ‘900 trova spazio per affermarsi una brillante cultura lesbica. Esemplari di quelle atmosfere sono gli eccellenti acquerelli di Jeanne Mammen (24) Tutto il XX secolo e queste prime decadi del nostro hanno visto svilupparsi in mille direzioni e con rapidità, espressioni artistiche talvolta dalla vita breve, ma che hanno segnato la cultura attuale e che meritano di essere esplorate a fondo in un articolo a parte.

Oggi mi voglio soffermare Su un’Arte che corre nel presente e che fruiamo quitidianamente anche dai nostri cellulari. L’arte Grafica, seppure con radici antiche che risalgono alla miniatura e all’incisione di cui abbiamo già parlato, è oggi quanto mai vivace con l’uso disinvolto di strumenti sia classici che digitali. Capostipite è l’iconico Tom of Finland (25) imprescindibile non solo per generazioni come la mia (1963), ma tuttora fonte di ispirazione e finalmente riconosciuto anche dalle istituzioni museali. Maestri del Bara Manga giapponese come Gengoroh Tagame o Jiraiya (26) spesso trattano personaggi disegnati con una possente virilità che deve fare i conti con l’accettazione, propria e sociale, della propria omosessualità. Accanto a questi pilastri troviamo oggi moltissimi artisti per i quali l’omosessuaità è tema portante della loro espressione artistica.

Cito tre esempi tra i molti rintracciabili su instagram: il primo è Aeiou_art grafico, fotografo, sensibile alla mitologia vichinga (27), i suoi raffinati lavori monocromi sono caratterizzati da una grande carica erotica e al contempo una grandissima umanità che si esprime spesso in struggenti ritratti. Secondo esempio: Il mondo narrato dall’arte di Bearly Danny ruota intorno ad un gruppo di amici (28), le cui vicissitudini sono disegnate come una serie di più stagioni che divertono e al contempo fanno riflettere. Accanto all’ironia e alla delicata comicità, sottolineate dall’utilizzo di una grafica Chibi-art, è davvero notevole la capacita di trasmettere i sentimenti e la complessità d’animo dei vari personaggi. Arriviamo al Terzo: Non teme l’uso del colore l’italianissimo AkeGayArt. La sua Shards of Me (29) è una Saga Mitologica assolutamente coinvolgente. Nell’intreccio di caratteri dotati di vari poteri, il disegno dal tratto fresco e spontaneo riesce abilmente ad unire aspetti onirici, sensibilità nel rappresentare i sentimenti dei personaggi e ironia.

Ci sarebbe da scrivere ancora molto sull’argomento, ma voglio concludere pensando che se guardiamo bene, l’Arte ci dimostra che l’amore omosessuale, la famiglia omosessuale, sono profondissimamente radicati nelle nostre tradizioni. Riconoscerne i diritti, eliminare le discriminazioni, significa riappropriarsi della cultura comune a tutti.

Tra le molte referenze per documentarsi segnalo il bellissimo volume VITA E CULTURA GAY. Storia universale dell’omosessualità dall’antichità ad oggi, a cura di Robert Aldrich. Cicero Editore, Venezia.

Spero sia stata una buona lettura, al prossimo articolo, Fabrizio.

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Sono nato a Firenze il freddo 8 Febbraio del ’63. Sono di quelli battezzati in Battistero, ma più che l’acqua, temo abbiano influito su di me i fantasmagorici mosaici sopra la mia testa. Per tenermi buono da bambino bisognava darmi un foglio e una matita. Dopo gli studi d’arte e un po’ di università ho fatto per 20 anni il ceramista e il designer. Ora Pittore, Designer, mi occupo anche di Eventi Culturali e di Arti Inclusive. Sono stato definito un Visionario e l’ho trovato un complimento bellissimo. La mia creatività è spinta dalle mie imperfezioni e da quegli inciampi che la vita ci riserva, ma che mi hanno permesso di avere uno sguardo più accogliente e attento. Sono qui perché credo che l’Arte offra a tutti noi uno spicchio di felicità possibile.

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