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Le istallazioni “materiche” di Gabriel Manzo

- 11/10/2024


Lo scultore argentino, di Mar de Plata,  ci racconta i suoi progetti artistici, tra cui la “Macchina del Fango”.                            

Mar de Plata, È chiamata “La Ciudad feliz “(la città felice) o semplicemente La feliz (la felice). immagino tanto mare, sole e spiagge? Ma quali sono le attrazioni artistiche?

 Mar del Plata è nata come città turistica della società d’élite di Buenos Aires degli anni 30, quindi i suoi aspetti culturali per quanto riguarda l’arte erano meno sviluppati. L’attività teatrale e performativa invece è stata da sempre molto potenziata. A partire dagli anni Sessanta, con la creazione delle scuole d’arte e l’università, le arti visive hanno iniziato ad assumere una maggiore rilevanza fino al dicembre 2013, quando è stato inaugurato il Museo MAR, che ha dato un forte impulso all’arte contemporanea.

 Museo mar In contrapposizione alla libertà dei paesaggi della tua terra c’è un tuo laboratorio raccontaci come è costituito?

Il mio laboratorio è diviso in tre parti. Una si trova nella mia casa, in una stanza specifica per il mio mestiere dove progetto, disegno e lavoro con programmi digitali per progettare alcune delle mie opere. L’altra parte si trova a poche strade di casa mia, in uno spazio di 300 metri quadrati dove costruisco parte dell’installazioni o dipingo in formati convenzionali. La terza parte è uno spazio all’aperto dove costruisco degli oggetti e sviluppo proposte d’installazioni effimere o quelle che andranno in museo.

 Studi sia in Argentina che in Spagna e in Italia. Cosa hai appreso nelle varie nazioni? cosa hai portato via culturalmente?

 In breve, potrei dire che l’esperienza in altri Paesi mi ha dato dell’opportunità di sviluppare proposte che si sono nutrite d’altri punti di vista molto diversi dalla mia visione del mondo. Lavorare in gruppo e imparare dalle esperienze degli altri e anche contribuire con i miei punti di vista agli altri. Queste esperienze hanno completamente cambiato e arricchito il mio lavoro, e in ognuno di questi luoghi ho stretto amicizia molto profonde.

Io associo all’Argentina, tra le tante cose la figura di “Evita Peron”, che ho riscoperto tramite il musical di Andrew Lloyd Webber. Io la vedo dall’Italia con un punto di vista positivo, ma so che ci sono dei lati oscuri. Tu da Argentino come la vedi, dal punto di vista al di là del colore politico?

La figura di Eva continua ad essere molto controversa dal punto di vista sociale e politico, ma credo che il voto femminile sia il risultato più importante e innegabile della sua vita politica.

L’idea del mito nasce dalla sua popolarità e allo stesso tempo dalle circostanze della sua vita e morte avvenute quando era giovanissima a causa di una terribile e dolorosa malattia, ma esistono altre opinioni sulla sua figura che sono anch’essi discutibili e richiedono una lettura obiettiva che contribuisca all’equilibrio non avendo un’unica visione delle cose: l’alfiere dei poveri contro il glamour di Cristian Dior.

La verità è che la sua immagine non passa inosservata e anche chi non ha vissuto il suo tempo parla di lei come di una persona presente e viva. Per alcuni un indiscutibile mito nazionale, per altri l’inizio della decadenza populista in Argentina.

 Cosa c’entra con te Roberto Saviano, Gomorra e la Macchina del Fango?

 Quando ho sentito parlare a Roberto Saviano sul processo Macchina del Fango, ho sentito che, al di là del riferimento alla situazione italiana, si trattava di un riflesso di qualcosa che stava accadendo anche in Argentina nell’attualità politica, ma allo stesso tempo nella società stessa. L’atto di denigrare agli altri per generare una cattiva immagine con l’unico scopo di fare del male. Questo mi ha spinto a creare immagini che parlassero di questa situazione sociale.

 Materialmente in cosa consiste la Macchina del Fango?

 La macchina del fango è una serie nella quale ho usato fondamentalmente la pasta di carta come materiale. Mi ha dato la possibilità di creare grandi volumi con poco peso, ma allo stesso tempo, grazie alla sua duttilità, mi ha permesso di simulare l’aspetto del fango sia visivamente che durante la realizzazione degli impasti. Allo stesso tempo, mi ha permesso di non dipendere dai forni per ceramica e di riciclare materiali che di solito vengono scartati.

Perché’ sei venuto in Italia? Da Roma a Venezia, da Milano a Padova. Quanti anni sei rimasto? E perché’ sei andato via?

Prima di trasferirmi in Italia ho vissuto per 7 anni in Spagna. Ero emotivamente motivato, infatti ho lasciato il mio incarico presso l’Università Nazionale di Mar del Plata. Dopo quel periodo decisi di tornare in Argentina, ma finalmente ho viaggiato in molte città spagnole e in altre italiane dove ho grandi amici e familiari, come a Roma. Mio cugino di secondo grado, Marco, che fa il direttore della fotografia alla RAI, mi proposi di rimanere a lavorare a Roma e così sono rimasto per due anni in cui abbiamo condiviso esperienze familiari ed estetiche uniche grazie alla grande amicizia che abbiamo oltre ai legami di sangue.

 Quale quadro famoso “ruberesti” ad uno dei tanti Musei del mondo, per portalo nella tua casa?

 Senza dubbio “Il giardino delle delizie”. Oltre alla sua fama, è stata l’opera con cui si è risvegliato definitivamente il mio interesse per l’arte.

 Disegno, pittura, scultura e scenografia. Quale’ di queste discipline ti piace di più, e che interpreta il tuo progetto artistico?

 Non so se potrei scegliere, mi sembrano discipline inseparabili per il mio modo di lavorare, anche se lo spazio sia qualcosa di definitivo nel mio lavoro.

Più di 200 mostre all’attivo quale’ la più importante o prestigiosa, quale quella che ti e ‘ rimasta nel cuore?

Ogni mostra è stata importante per qualche motivo. Che sia stata la prima, che sia stata in un luogo speciale o per le persone con cui l’ho condivisa. La retrospettiva che il Museo Castagnino mi ha offerto quando sono tornato in Argentina è stata molto emozionante, e in Spagna ce ne sono state alcune molto interessanti in luoghi per me impensabili, come Elche o in Italia, a Venezia. La prima volta che sono andato a New York, a 23 anni, è stata importante per me, ma ancora oggi mi godo le ripercussioni delle ultime due: Re di Cuore e Versus, ovvero la tregua delle passioni al Mumart, Museo de la Ciudad de La Plata. Re di cuore.

Nelle tue classi o laboratori di insegnamento in quanti vedi un potenziale artista?

Non è detto che chi frequenta un laboratorio o un corso abbia il potenziale per essere un artista, ma è possibile lavorare su certe abilità e risvegliarle. Tutti abbiamo la capacità di essere creativi e la disciplina è molto importante per ottenere qualcosa. Ma d’altra parte, ogni tanto arriva qualcuno che non ha bisogno di te, che sa andare avanti da solo. Questo accade molto raramente e non sempre abbiamo la capacità di vederlo, perché anche questa è una virtù. Nel mio caso personale, quando riesco a scoprire qualcuno così, sorrido ma non glielo dico… gli parlo soltanto dell’importanza di essere disciplinato. Non c’è arte senza sforzo. Niente è così magico.

 Quale’ il materiale più pregiato che hai usato e quello più difficile da trattare?

 Per me i materiali non sono la questione complessa, infatti insegno una materia all’università che si occupa dell’esplorazione dei materiali e delle loro capacità poetiche. Ogni materiale ha bisogno dei suoi strumenti, ma soprattutto della capacità di scoprire le sue possibilità artistiche. Ho lavorato con oli, acrilici e tutti i materiali pittorici, ma anche con cemento, marmo, ferro e bronzo per quanto riguarda lo spazio scultorio. Ho avuto una formazione molto solida sotto questo aspetto, ma ho scoperto in materiali meno convenzionali come la plastica e il cartone una possibilità espressiva molto interessante. Attualmente i tessuti sono materiali che ho incorporato in quella che chiamo scultura morbida e anche l’istallazione.

 L’istallazione più grande che hai realizzato, e se le dimensioni dell’opera contano?

L’installazione più grande è stata “Re di cuore” (fotografia anteriore), uno dei pezzi ha un diametro di 8 metri per un’altezza di 3,60 metri, mentre l’intero set misura 8 metri per 27 metri.

 Tantissimi Musei nel mondo ma qual è il tuo preferito, magari dove c’è custodita la tua opera prediletta.

Il Museo del Prado è stato impressionante per me, così come i Musei Vaticani o la Galleria degli Uffizi, ma i musei d’arte contemporanea più piccoli mi interessano molto di più oggi: il Guggenheim Bilbao, lo Stedelijk Museum Amsterdam, il Museu de Arte Contemporânea de Niterói, il Caixa Forum Madrid, il Museu de Arte, Arquitetura e Tecnologia a Lisbona, tra tanti.

Cosa ne pensi dei social e condivisione del lavoro artistico?

Per quanto riguarda i social network, credo che siano stati di grande importanza sia per conoscere altri artisti di tutto il mondo sia per avvicinarsi al loro lavoro. Hanno anche facilitato lo scambio e la circolazione delle opere artistiche ovunque. Oggi si può avere a casa l’opera di un artista che vive dall’altra parte del pianeta e che non ha nemmeno bisogno di una galleria d’arte giacché la pubblica sui suoi network e la si può acquistare con un semplice clic.

(foto dai social)

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Vivo a Roma ma originario della Sicilia. Attivista nel volontariato sociale, mi occupo di pittura, fotografia, scrittura e arte pop: alcune mie opere sono state esposte in diverse gallerie e mostre nazionali.

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