Un inno, un simbolo non solo di un periodo storico, ma di un ideale. Nella giornata della liberazione non si può non consigliare l’ascolto di BELLA CIAO, indimenticabile colonna sonora dell’omonimo spettacolo messo in scena (con notevole scandalo) nel 1964 al Festival di Spoleto dal Nuovo Canzoniere Italiano con la regia di Filippo Crivelli. Un viaggio all’interno della sofferenza di chi è sfruttato.
Troviamo nomi come Fausto Amodei, Gualtiero Bertelli, Caterina Bueno, Giovanna Marini, Ivan della Mea. Questo disco rappresenta l’unica testimonianza rimasta di canti popolari del periodo bellico, ed ancora oggi provocano brividi le voci e gli strumenti di questi artisti alle prese con brani tratti dal repertorio delle mondine, degli scariolanti (i braccianti che trasportavano la terra per mezzo di carriole) dei partigiani.
Voci provenienti da ogni parte d’Italia, canti di lavoro, d’amore, dal carcere, di guerra, purtroppo attuali oggi forse ancor più che nel periodo in cui son stati registrati. Nel disco vi è anche la canzone eponima, sia nella versione partigiana che in quelle “delle mondine”, “Bella ciao”, appunto.
Le origini di “Bella ciao”
Discettando sul brano “Bella ciao“, bisogna dire che pur essendo diffusa e conosciuta in gran parte del mondo, sulle sue origini gli studiosi di musica popolare sono ancora incerti: In un primo momento si pensava che Bella Ciao dovesse la propria paternità ad un antico canto delle mondine padane, lavoratrici delle risaie dell’Italia settentrionale.
Il testo e la musica di questa ballata sono infatti del tutto simili alla versione cantata dai partigiani italiani durante la lotta di liberazione, nella quale convergono diverse influenze e stili musicali.
I primi partigiani ad utilizzare “Bella Ciao!” furono i partigiani abruzzesi della Brigata Majella. In due occasioni trasmisero ai partigiani del nord il canto: per la Liberazione del comune di Brisighella, sulla linea Gotica il 4 dicembre del 1944, poi per la seguente Liberazione di Bologna avvenuta il 21 aprile del 1945.
C’è comunque da chiedersi: era davvero questa la canzone per eccellenza della Resistenza? No!
Per quanto inaspettato, la ballata partigiana è diventata l’emblema della Resistenza solamente sul finire degli anni Cinquanta. Infatti tra i partigiani erano molto più conosciute ballate come Fischia il Vento, La sighela, Il sol dell’Avvenir (di marchio comunista), Pietà l’è morta, la Badoglieide.
Questi però erano brani politicamente schierati, e pertanto bisognava trovare un canto che potesse unire tutte le facce della Resistenza. La canzone divenne inno ufficiale della Resistenza solo vent’anni dopo la fine della guerra.
“Bella Ciao” oggi è divenuta un inno che si adatta a tutte le lotte per la libertà contro invasori ed oppressori (esistono versioni in turco, in curdo , in russo, fa addirittura parte della colonna sonora della serie tv “La casa di Carta”). Insomma, “Bella ciao” ha una storia che attraversa confini, ideologie, lingue e musiche.
Buon ascolto, e buona festa della liberazione a tutti voi
Stamattina mi son svegliato
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
Stamattina mi son svegliato
e ho trovato l’invasor.
Oh partigiano, portami via
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
oh partigiano, portami via,
che mi sento di morir.
E se io muoio lassù in montagna
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
e se io muoio lassù in montagna
tu mi devi seppellir.
E seppellire sulla montagna,
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
seppellire sulla montagna
sotto l’ombra di un bel fior.
E quelle genti che passeranno,
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
e quelle genti che passeranno
mi diranno: “Che bel fior”.
È questo il fiore del partigiano,
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
è questo il fiore del partigiano
morto per la libertà.