Oggi vi proponiamo un grandissimo libro. Non si tratta di semplice narrativa o di un fast book. Quella che vi presentiamo oggi è un’opera di Letteratura contemporanea con la “L” maiuscola. CRONACHE DALLE TERRE DI SCARCIAFRATTA scritto da Remo Rapino (già Premio Campiello), pubblicato da Minimum Fax.
LA TRAMA
Scarciafratta è una Macondo d’Abruzzo. Inerpicata tra i crinali dell’Appennino, è un teatro di fantasmi e di visioni. Un terribile terremoto, la Cosa Brutta, l’ha svuotata. Le case sono ridotte a pietre che rotolano e si sfarinano, ma continuano a parlare.
Sulla Rocca resiste per anni soltanto un uomo, Mengo, seduto su un uscio sotto un cencio di luna insieme a Sciambricò, un cane pastore di quindici anni dagli occhi chiari. Scavando tra le macerie della scuola ha trovato i quaderni dei bambini, e anche un registro dell’Ufficio anagrafe che un impiegato «sfastognato di timbri a bollo tondo e di certificati» aveva riempito di nomi, date, nascite, morti e sposalizi, di tutte le storie perdute del paese. Alla fine della sua vita, per «ridare voce a quelli sommersi dalla morte», Mengo le trascriverà una per una, a Villa Adriatica, la casa di riposo dove viene ricoverato. Fino all’alba del 21 luglio 1969, quando Neil Armstrong e Edwin Aldrin sbarcano sulla luna, e lui termina di scrivere l’ultima lettera.
Proseguendo lungo il sentiero inaugurato da Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, in questo romanzo corale Remo Rapino continua a raccontarci tra risa e lacrime l’epopea degli ultimi, degli «spasulati» e dei folli della sua regione, e a restituire la dignità di un nome a chi è stato derubato anche della memoria.
LA RECENSIONE
Sono anni che non mi capita mai di poter/voler rileggere un libro (sia perché è difficile trovare il tempo, sia perché manca spesso la voglia). Ma, devo ammetterlo con sommo stupore, Cronache dalle terre di Scarciafratta di Remo Rapino impone una lettura piena, attenta e rispettosa dei personaggi. A mia memoria solo il tedesco Michael Ende era riuscito a generare opere talmente viscerali e a delineare personaggi talmente nitidi da poter “sacralizzare” i suoi libri. Remo Rapino, con le sue Cronache, compie un’azione simile attingendo dal verosimile il diagramma di una realtà applicabile in moltissimi contesti italiani: le aree interne.
Per quanto Scarciafratta possa sembrare un piccolo borgo abruzzese, le similitudini con una infinità di posti italiani è facilmente delineabile: c’è un po di Craco in Basilicata, un po’ di Campsirago in Brianza, di Gibellina in Sicilia, un qualsiasi paese della Barbagia, o delle Terre di Canossa in Emilia. Territori distanti che hanno avuto il medesimo destino. Zone interne travolte dalla storia del mondo, dove i paesani sono stati, anche loro, inconsapevoli protagonisti.
Il romanzo si apre con la morte del protagonista: Mengo.
Mengo affida ad un infermiere le sue ultime volontà.
Mengo è l’ultimo “animale” della sua specie: l’ultima tigre tasmaniana del suo paese.
Mengo ha vissuto gli ultimi anni della sua vita come il solo cittadino rimasto di Scarciafratta. Solo le ombre e le tracce impalpabili dei suoi compaesani gli fanno compagnia e dialogano con lui. Fantasmi vividi nella mente di un vecchio. Ogni capitolo è dedicato ad un compaesano. In ogni capitolo c’è l’innocenza del destino del popolo che s’impatterà con la storia del Mondo. Da Marcinelle all’Africa, dai flussi migratori interni dell’Italia alle Guerre: ogni personaggio dovrà fare i conti con la Storia, quella dei manuali e delle date da ricordare, donando al lettore le emozioni e i pensieri di chi l’ha vissuta. Potremmo definire questo libro una Spoon River in salsa Appenninica, ma non darebbe giustizia ad un opera del genere. Infatti Rapino, anche il questo scritto, lavora minuziosamente sulla lingua italiana, plasmando i registri linguistici, lessicali e semantici come costumi di scena per i suoi personaggi.
Un libro Unico nel suo genere.
Fate in modo che queste pagine arrivino tra le vostre mani prima che Madama Morte arrivi a farvi visita.
Da leggere assolutamente