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DARE LA VITA di Michela Murgia (Rizzoli) | Recensione


“Dare la vita” di Michela Murgia (Rizzoli)

Sinossi

Si può essere madri di figlie e figli che si scelgono, e che a loro volta ci hanno scelte? Si può costruire una famiglia senza vincoli di sangue? La risposta è sì. La queerness familiare è ormai una realtà, e affrontarla una necessità politica, come lo è quella di un dialogo lucido e aperto sulla gestazione per altrə, un tema che mette in crisi la presunta radice dell’essere donne. Interrogarci, discutere intorno a questa radice significa sfidare il concetto di normalità e naturalità a cui siamo abituati. Michela Murgia lo ha fatto per anni, nei suoi libri e sui social, e nelle ultime settimane di vita ha raccolto i suoi pensieri per donarci questo pamphlet densissimo e prezioso, in cui ci racconta – partendo dall’esperienza personale – un altro modello di maternità, come si possa dare la vita senza generare biologicamente, come i legami d’anima possano sommarsi ai legami di sangue. Pagine straordinarie che ci permettono di entrare nelle infinite sfaccettature degli affetti e di comprendere come aprire all’altrə non riduce ma amplifica l’amore.

Recensione

Il 10 agosto 2023  Michela Murgia ci ha lasciato e, dunque, non ha potuto vedere la pubblicazione di questo libro dal titolo emblematico: Dare la Vita. Murgia, fino all’ultima goccia di vita rimasta, ha dettato parola per parola i contenuti importantissimi di questo saggio. Mentre si concludeva la sua di vita, con questo testo, invece, pone al centro del dibattito proprio la potenzialità umana di “dare la vita”.

Murgia, scrittrice «molto sarda, incredibilmente varia» presenta questo pamphlet come eredità culturale per le future generazioni. In “Dare la Vita” infatti è delineabile un percorso che con molta probabilità tra vent’anni sarà inevitabilmente percorso dalla società occidentale. Il libro pone dei quesiti legittimi e cristallini utilizzando un linguaggio non del tutto ecumenico ma sicuramente didascalico ponendo il lettore in una posizione particolare: ognunə di noi deve prendere posizione su quest’argomento!

Appena 128 pagine dense di contenuti dove la scrittrice si pone come “ostetrica delle idee”. Infatti Murgia, utilizzando la tecnica maieutica di socratica memoria fa sorgere “interrogativi fecondi” a chi legge il libro al fine di generare, o meglio dare vita, a coscienze libere in grado di spaziare oltre i confini imposti dall’alto e che trovino nell’Altro la possibilità di un dialogo aperto e sempre inclusivo.

Con sguardo lucido e una penna chirurgica, Murgia ci conduce nelle tematiche antiche definite con termini moderni come la queer family. Nel capitolo QUEER PRO QUO Murgia pianta un paletto chiaro e netto andando a delineare le radici antiche della questione:

Queer, secondo i dizionari, è una parola vecchia di molti secoli. (…) Non a caso si dice che il primo uso di queer con il significato di omosessuale sia quello di una lettera infamante letta pubblicamente al processo che, nel 1895,portò alla carcerazione e poi alla morte di Oscar Wilde. Quando, negli anni immediatamente successivi, Virginia Woolf inizia a usare quella parola (per esempio in una lettera bellissima a Vita Sackville-West, o in Gli spilli di Slater non hanno punta, come mi ha mostrato la sua traduttrice Chiara Valerio), queer è dunque sulla soglia tra significati letterali e metaforici. Suggerisce comunque, nel vocabolario gergale anglosassone, una stortura, un’obliquità, una trasversalità; ennesimo eufemismo nemmeno troppo velato per riferirsi a tutto quello che eterosessuale, cioè diritto, “straight”, non è.

Dare la vita, inoltre, fa luce su tematiche spinose come la Gestazione per Altri (chiamata volgarmente da alcuni “utero in affitto”) andando dritta al punto: l’autodeterminazione delle donne. Murgia, utilizzando un condivisibilissimo paradosso, pone al centro di questo dibattito il corpo della donna. Quando si parla della mercificazione della maternità solidale delle bellymum (le mamme di pancia) diventa argomento denigrabile e inorridente per alcuni. Altro metro di giudizio viene applicato per le “mamme dell’Est” che vengono in italia a fare le badanti e lasciano nei loro paesi d’origine la prole. Insomma Murgia denuncia l’ossessione sociale nei confronti delle donne nei soli mesi di gestazione: dal momento della nascita di una nuova vita, la donna torna inevitabilmente ad essere ancella sacrificabile. Il ruolo materno inteso solo come “cura” e mai come ruolo nella vita dellə bambinə che iniziano ad astrarre un pensiero.

Questa recensione potrebbe essere infinita vista la moltitudine di spunti, quesiti e domande che Murgia lascia allə lettorə.

Con molta probabilità vi ritroverete a leggere un libro fondamentale per la società del futuro: una pietra miliare del pensiero umano.

Leggetelo e rileggetelo.

Attentamente!

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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