Vi presentiamo i libri finalisti del del Premio Opera Prima John Fante che verrà assegnato durante la 17^ edizione del Festival John Fante – Il Dio di mio padre – al via da oggi a Torricella Peligna in provincia di Chieti.
LA TRAMA
Questa è la lunga vita di una faina, raccontata di suo pugno. Fra gli alberi dei boschi, le colline erbose, le tane sotterranee e la campagna soggiogata dall’uomo, si svela la storia di un animale diverso da tutti. Archy nasce una notte d’inverno, assieme ai suoi fratelli: alla madre hanno ucciso il compagno, e si ritrova a doverli crescere da sola.
Gli animali in questo libro parlano, usano i piatti per il cibo, stoviglie, tavoli, letti, accendono fuochi, ma il loro mondo rimane una lotta per la sopravvivenza, dura e spietata, come d’altronde è la natura. Sono mossi dalle necessità e dall’istinto, il più forte domina e chi perde deve arrangiarsi. È proprio intuendo la debolezza del figlio che la madre baratta Archy per una gallina e mezzo. Il suo nuovo padrone si chiama Solomon, ed è una vecchia volpe piena di segreti, che vive in cima a una collina. Questi cambiamenti sconvolgeranno la vita di Archy: gli amori rubati, la crudeltà quotidiana del vivere, il tempo presente e quello passato si manifesteranno ai suoi occhi con incredibile forza. Fra terrore e meraviglia, con il passare implacabile delle stagioni e il pungolo di nuovi desideri, si schiuderanno fra le sue zampe misteri e segreti. Archy sarà sempre meno animale, un miracolo silenzioso fra le foreste, un’anomalia. A contraltare, tra le pagine di questo libro, il miracolo di una narrazione trascinante, che accompagna il lettore in una dimensione non più umana, proprio quando lo pone di fronte alle domande essenziali del nostro essere uomini e donne.
I miei stupidi intenti è un romanzo ambizioso e limpido, ed è stato scritto da un ragazzo di soli venticinque anni. Come un segno di speranza, di futuro, per chi vive di libri.
LA RECENSIONE
Il romanzo di Zannoni è semplicemente qualcosa di straordinario. Risulta incredibile come un venticinquenne abbia questa sorprendente proprietà di linguaggio e come riesca a comporre le frasi facendo in modo che la lettura permei sotto l’epidermide del lettore.
“I Miei stupidi intenti” è un romanzo di formazione bislacco. Protagonista di questa storia è una faina antropomorfizzata – ma solo nei pensieri- . Dal labor lime nel testo si evince la gustosissima padronanza della lingua italiana dell’autore: cosa ormai rara. Probabilmente l’emerito Professor Francesco Sabatini eiaculerebbe di gioia intellettuale leggendo un testo così magistralmente scritto. Zannoni, con l’espediente di dar voce al carnivoro mustelide Archy, parla dell’umano sentire. Un’esperienza ascetica pelosa che vedrà il suo culmine con l’entrata in scena di Solomon, la vecchia volpe. Come nei migliori testi orientali, faina e volpe ricalcano il binomio maestro -discepolo. Una organizzazione esperienziale e filosofica orizzontale e poco verticistica che porteranno i personaggi ad una evoluzione spirituale unica. Il libro, inoltre apre a dilemmi filosofici di kantiana memoria: la conoscenza è gabbia o libertà per l’umanità?
Bernardo Zannoni ha scritto un romanzo strabiliante, stupefacente. Il livello di quest’opera è assolutamente qualcosa di miracoloso nel panorama editoriale contemporaneo, dove siamo, talvolta, costretti a dover partecipare alle presentazione di libri di una qualunque casalinga di Voghera rediviva pennivendola.
Da leggere ASSOLUTAMENTE!
“Non ebbi esitazione. Non mi porsi alcuna domanda, alcun sentimento di pietà. Guardavo la morte prendersi i suoi occhi, farsi largo nei suoi pensieri, senza esserne colpito. Quel giovane maiale moriva e adesso lo sapeva, lo stava scoprendo. Quando fu troppo stanco per lottare gli saltai di nuovo alla gola, mordendolo. Sentendo il sapore del sangue, lo avvertii avere un sussulto” – I miei stupidi intenti