Quest’oggi abbiamo letto per voi, in anteprima all’uscita nelle librerie, edito da SEM.
Inoltre siamo stati graditi ospiti di Riccardo Cavallero, editore di SEM, nella sede di Milano incontrando Claudio Volpe e Giuseppe Gennari, giudice del Tribunale di Milano.
Dacia Maraini, anche se é pleonastica qualunque presentazione, vi ricordo che é una delle Grandi della Letteratura Europea. Vincitrice nel 1990 del premio Campiello con il bellissimo libro “La lunga vita di Marianna Ucria” e nel 1999, il premio Strega, con “Buio“. Claudio Volpe, invece, é giurista e scrittore ed il suo ultimo romanzo é “La Traiettoria dell’amore“.
Il libro, da divorare in pochissimo tempo, é un dialogo puntuale ed analitico che offre spunti di ineluttabile condivisibilità riguardo ad un tema spinoso, quanto terribilmente attuale che riguarda, tecnicamente, ogni cittadino Italiano.
Lucidamente il libro ripercorre, sin dagli antichi greci, sino ai giorni nostri, le evoluzioni dei diritti personali e la comune percezione di essi. Apre un controverso ragionamento su ciò che é moralmente concesso e ció che, per induzione culturale, deve essere sommerso, non regolato e quindi, quasi quasi, punito.
Singolare é l’interpretazione del mito di Orfeo, illustrata i da Claudio Volpe, che sostiene che in realtà l’eroe greco si sia voltato per ricondurre la sua amata Euridice nell’oltretomba poiché aveva capito ed accettato che la sua amata dovesse trapassare: che fosse piú giusto cosí.
Il libro affronta anche i piú recenti casi passati alla ribalta nelle cronache nazionali: da Eluana Englaro a Piergiorgio Welby, da djFabo al videomessaggio di Marina Lante della Rovere, meglio conosciuta ai piú come Ripa di Meana.
Nel libro si fa chiarezza sulla singolarità dei casi, sulle condizioni di vita di ogni persona e sull’incapacità di poter vivere dignitosamente. La legislazione attuale permette cure palliative solo per chi é malato terminale me se, invece, la condizione di vita permette uno stato di paralisi totale, il vulnus legislativo italiano non permette a nessuno di poter decidere come vivere, anzi, se vivere con la propria personale dignità.
Ed é proprio sulla “dignità” personale che aumentano le consapevolezze che dovremmo avere affrontando questa spinosa questione.
La dignità é anche e soprattutto un valore costituzionale che tutti dovrebbero avere in vita ma anche l’assenza di essa.
Senza alcuna vena polemica gli autori si spingono verso l’oggettiva osservazione di come l’istituzione cattolica metta i bastoni fra le ruote, o meglio, di come la percezione dell’istituzione cattolica renda i legislatori paralizzati nel concedere o meno un diritto.
Maraini si chiede e si risponde: “la vita é sacra? L’osservazione del comportamento degli uomini certo non induce a pensare che la vita sia davvero considerata sacra. Spesso infatti coloro che si dichiarano religiosi considerano sacra la propria vita e quella di chi pratica la propria religione, ma hanno pochissimo rispetto della sacralità dell’altro, di chi pratica una fede diversa, di chi pensa in modo discorde. Questo tipo di sacralità mi sembra ipocrita e piuttosto egoistico e vile. O la vita é sacra sempre e dovunque, o non lo è per nessuno. “
Il libro é molto scorrevole, leggibile in tempi record, ma soprattutto ha una qualità fondamentale che viene regalata al lettore, di qualunque credo e di qualunque estrazione sociale: la percezione che la libertà personale ha dei confini molto ben delineati che dovrebbero essere rispettati piú di ogni altra cosa.
Claudio Volpe, concludendo questo interessante dialogo con Dacia Maraini, affida ad una poesia che personalmente conoscevo come opera di Luigi Pirandello, ma invece scopro essere attribuita anche a Antonio Massimo Ruolo.
E l’amore guardò il tempo e rise.
E l’amore guardò il tempo e rise,
perché sapeva di non averne bisogno.
Finse di morire per un giorno,
e di rifiorire alla sera,
senza leggi da rispettare.
Si addormentò in un angolo di cuore
per un tempo che non esisteva.
Fuggì senza allontanarsi,
ritornò senza essere partito,
il tempo moriva e lui restava.