Di certo non occorrerà presentare Umberto Eco, compianto docente e, di sicuro, scrittore di fama internazionale, che ci ha lasciati il 19 febbraio del 2016. Proprio qualche settimana fa, mentre ero nella mia libreria di fiducia brianzola, vicino alla cassa, c’era questo suo ultimo libro, pubblicato postumo, fresco di stampa. Non ci penso due volte e lo compro immediatamente: vuoi perché sono appassionato di Eco, vuoi perché, con le elezioni imminenti e la cronaca nazionale circonfusa di “fatti e atti” che riportano alla memoria il triste Ventennio, mi é sembrato un’ utile guida per dar forma ai miei pensieri di onnivoro lettore e docente di Alternativa alla religione cattolica (quasi tutti i miei studenti appartengono a minoranze etniche, linguistiche, religiose).
“Il Fascismo Eterno”, edito da – La Nave di Teseo-, 2018, condensa in 51 pagine un’attenta ed oculata analisi sulle nostalgie fasciste degli uomini contemporanei. Eco definisce il moto di pensiero anacronistico di quella schiera di uomini qualunque che ripongono la camicia nera nell’armadio, pur avendo una tranquillissima vita civile senza destar alcun sospetto di forma. Ed é di questi soggetti che bisogna aver “paura”, i fasci che si riuniscono annualmente a Predappio, rasati a zero che alzano il braccio destro pubblicamente, in realtà sono quasi un innocuo fenomeno da baraccone, cani che abbaiano ma non mordono, anacronistici figuranti di rievocazioni passate, quasi come gli sbandieratori rinascimentali di Siena o i Bizantini di Crecchio, in Abruzzo, più che fascisti con la “F” maiuscola.
Infondo se c’é stato “Lui” e se ha potuto governare per vent’anni, sicuramente lo ha fatto per il consenso concessogli da le “sciure” del nord o dai maestri del sud, dalle perpetue venete o dai negozianti del Molise (un onda nera trasversale nella nostra nazione) più che dal fun club di invasati dal lessico gagliardo…
Clinica ed analitica, come sempre, é la composizione delle frasi; scorrevole ed asciutta la scrittura: lo si legge in un pomeriggio e rimane impresso dentro quello che l’autore vuole dirci.
In questa epoca del Bel paese, questo libro potrà rappresentare un faro alla comprensione del carattere nazionale facendoci distinguere gli Italiani dagli “Itaglioni” (concedetemi la crasi) capendo che, sicuramente la percentuale di cretini nostalgici è oggettivamente più numerosa di chi, ragionevolmente, analizza e vive quest’epoca utilizzando il cervello e non la pancia, il cuore è non la verga…
Purtroppo, dato elettorale alla mano e citando il titolo di un’altra opera di Umberto Eco, la nostra nazione procede “A Passo di Gambero”.