Il libro di questa settimana è “Il Giro dell’Oca” dell’autore partenopeo-americano Erri De Luca. È l’ultimo scritto del prolifico autore edito da Feltrinelli. Un Diario aperto con il lettore che esorcizza i lati grigi di De Luca.
LA TRAMA
Una
sera, mentre rilegge Pinocchio, un uomo sente la presenza
del figlio che non ha avuto, il figlio che la madre – la donna con
cui in gioventù lo concepì – decise di abortire. Alla fiamma del
camino, il figlio gli appare già adulto, e quella presenza basta
“qui e stasera” a fare la sua paternità.
Per tutta la notte,
al figlio “estratto da una cena d’inverno” lui racconta
“un poco di vita scivolata”. E così ecco l’infanzia
napoletana, la nostalgia della madre e del padre, il bisogno di
andare via, di seguire la propria libertà, le guerre trascorse ma
anche i baci che ha dato… Fino a che il figlio, da muto che era,
prende la parola e il monologo diventa un dialogo, che indaga su una
vita, sugli affetti, sulle scelte fatte, sui libri letti e su quelli
scritti, sull’importanza delle parole e delle storie. Un’indagine
che, più che tracciare un bilancio, vuol essere scandaglio, ricerca
interiore – quasi una rivelazione.
Con Il giro
dell’oca Erri De Luca scrive la sua storia più intima.
“Un coraggio può venire da un’imitazione. Non lo avevo prima e mi è piaciuto prenderlo in prestito da quella creatura.”
ERRI DE LUCA
LA RECENSIONE
Questo libro mi è stato regalato dalla mia semper-amica Fulvia che mi conosce nel profondo e indovina sempre come pungolarmi l’anima.
Ha fatto benissimo a donarmi questo imprescindibile scritto che pone domande universali agli uomini. Erri De Luca, con il magnetismo della sua scrittura sempre asciutta e cortese, descrive con molto coraggio la sua umana vulnerabilità di anarchico. Con un espediente narrativo delicato, quello di immaginare di raccontare una storia al proprio figlio potenziale mai avuto, dipinge i dubbi umani di uomo adulto.
La scelta di utilizzare “Pinoccio” di Collodi enfatizza questo sublime volo pindarico. Geppetto rappresenta la volontà di paternità. Tale volontà non è assolutamente biologica, ma è assolutamente una qualità spirituale. Ed è proprio questo il tassello del ragionamento di De Luca. Una donna decide di diventare madre e lo fa accettando anche il cambiamento del proprio corpo in una sorta di disegno biologico. Per un uomo è differente: bisogna accettare di cambiare se stessi per diventare padri nonostante , magari, un figlio già esiste.
Attraverso questo espediente De Luca ci racconta le sue più profonde tenere manie. Emblematica è quella del rapporto con i suoi libri. Li conserva sempre in ordine sparso. De Luca non ha alcun talento archivistico, ma riesce sempre a trovare per se quello giusto nel caos della sua libreria.
E poi, come perle, l’autore ci dona i suoi ricordi da sessantottino, delle sue vicende con Lotta Continua e della sua gioventù anarchica e mai rimpianta.
Ecco, alla fine del libro mi è piaciuto immaginare De Luca come potenziale padre dei suoi lettori. In effetti, con la sua prolifica bibliografia regala continuamente la sua mesta e sempre educata “paternale”.