La società della Grecia antica, presocratica, era fortemente misogina: l’antagonismo tra i sessi era particolarmente diffuso, il maschilismo dilagante non lasciava spazio alcuno alle donne, eccetto che nella quotidianità domestica e nei riti religiosi.
Diffusissimo era il tema della “lotta tra i sessi”, come attestato dalle numerose raffigurazioni sui vasi: la lotta della Amazzoni, i satiri che corteggiano le Menadi, le donne devote a Dioniso. Tutte immagini spesso messe in opposizione a raffigurazioni di intimità e amicizia tra uomini.
Il dominio maschile nell’antica Grecia
Una vera e propria lotta culturale di genere: l’amputazione del seno che le Amazzoni, ad esempio, si praticavano per la (supposta) praticità nell’uso dell’arco, era chiaramente una scelta di imitazione del genere maschile. Eppure, l’arte greca continuava a raffigurarle con la pelle bianca, in contrasto con la pelle scura degli uomini, secondo un’iconografia per la quale il bianco ed il candore rappresentano la debolezza, opposta alla virilità “scura” maschile. Neanche l’imitazione poteva elevare allo stesso livello degli uomini le donne.
Le processioni rituali delle Menadi erano accompagnate da uomini travestiti da satiri: in omaggio a Dioniso, dio della sfrenatezza e del delirio, si concludeva la celebrazione con un rito orgiastico, esaltato dall’ossessività della danza e dal delirio del vino. Ma questo rituale non aveva uno sfondo sessuale: era prevista la caccia e lo squartamento di un animale selvatico. Emblematico in questo senso la trasformazione dello sparagmos, il delirio femminile, in un incubo maschile che è rappresentata ne Le Baccanti di Euripide: preso dall’estasi, Agave confonde il corpo del figlio Penteo con quello dell’animale sacrificale.
Insomma, il dominio di genere maschile era totale. Uomini e donne non hanno tenerezza, ma solo competizione, animalità sessuale, amore, ma non oltre. Il rapporto di complicità, intesa, ma anche stima, è riservato agli uomini. Tra loro è possibile anche, come abbiamo già raccontato nei precedenti articoli, un rapporto di tipo sessuale.
Il Simposio e la complicità degli uomini greci
C’era un momento specifico per condividere questa intimità tra uomini: il simposio. Come narrato nel celebre dialogo di Platone, intitolato proprio Il Simposio, in questa occasione uomini, amici tra loro, organizzano una festa, per svago: forte infatti è la componente ludica, ben rappresentata dal “cottabo”.
Il gioco consisteva nel far roteare la propria coppa piena di vino, sino a lanciarne un goccia contro un bersaglio prestabilito, fissato su un muro. Il gioco funzionava meglio con un alto livello di complicità, ma soprattutto di gradazione alcolica tra i presenti. Il vino greco, tra l’altro, aveva una fortissima gradazione alcolica, circa 35 gradi secondo alcune stime, tanto da dover essere diluito con l’acqua per mitigarne gli effetti.
Non mancavano, ovviamente, i momenti di affettuosità e di vero e proprio trasporto erotico tra i presenti: purché entro le regole previste, ovvero tra adulto e un adolescente, rigorosamente privo di barba. Accanto al sesso era evidente la complicità amicale, la stima reciproca nel rapporto tra adolescente e adulto, simboleggiata da Socrate e Alcibiade, nel dialogo platonico.
Le donne partecipavano al Simposio? Sì, ma con un ruolo ancillare, professionale: le etere, donne che avevano studiato danza, poesia, musica, intrattenevano gli uomini, seminudi, distesi sui triclini ed intenti a divertirsi.
L’iperuranio di Platone
Lo stesso Platone inseriva infatti, nella teoria della scala erotica, l’amore tra uomini in una posizione distinta rispetto a quella tra uomini e donne, segno che il rapporto tra i sessi è cosa diversa dal rapporto tra amici, confratelli, sodali capaci di un’intesa altra e di altro livello, che ha obiettivi alti, quali la formazione del cittadino, il culto della giustizia e dei valori etici che garantiranno, dopo la morte, la possibilità di restare nell’iperuranio, dopo aver condotto una vita che vale la pena di essere vissuta e aver superato il giudizio sull’anima, come raccontato nel mito di Er.
L’anima, immortale, dopo la morte del corpo che la ingabbia durante la vita terrena, vola nell’iperuranio, il mondo delle idee e della verità, per essere giudicato attraverso il peso della propria condotta morale tenuta in terra. Più si sarà seguita la via della verità, dello studio, della conoscenza, ovvero del filosofare, più l’anima sarà leggera e quindi adatta a restare nell’eternità alla presenza del Bene. Quale strada allora condurrà verso la verità? Quali rapporti sociali andranno privilegiati? La risposta, crediamo, sia piuttosto chiara.
a cura del Prof. Alberto Maiale, docente di Storia e Filosofia e vicepresidente della Società Filosofica Italiana – Sezione di Bari
Se vi interessa, vi rimandiamo anche all’approfondimento sul cambio di percezione dell’amore maschile dall’età greca a quella romana a questo link.