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“IO SO CHI SEI” di Paola Barbato (Piemme), la scrittura crudele di una cicatrice profonda


Ammetto: ero un po’ in ritardo per l’incontro. Ammetto che non avrei mai immaginato di trovare una coda chilometrica sull’Asse Attrezzato (tangenziale Chieti- Pescara). Ammetto che l’ansia di non trovarla più mi stava facendo uscire dai gangheri esattamente come quando cerchi le chiavi della macchina in casa. Disperatamente.

Poi arriva sempre qualcuno a farti notare che le chiavi le hai in mano.

Ed è esattamente così che è andata con Paola Barbato.

L’appuntamento era presso “Moroni a Mare“. Mai sentito nominare. Sarà uno stabilimento? Un chiosco?

“Moroni a Mare” che diavolo di posto è questo?

Chiedo ai passanti. Nessuno sapeva nulla. O meglio: non ho incontrato nessun pescarese. Ed è strano non incontrare pescaresi. I pescaresi sono come funghi. Anche quando mi persi in giro per Taipei, a Taiwan, incontrai un pescarese intento a litigare con un macellaio di serpenti. Ma questa è un’altra storia.

Finalmente qualcuno dal cellulare mi risponde. Sono quelli dell’organizzazione di Moroni a Mare.

“Parcheggia male la macchina. Paola a breve se ne andrà via!”

Faccio notare che il loro geolocalizzatore sulla pagina Facebook mi aveva condotto ai confini del Regno di Fantàsia e che il nulla si stava impossessando anche dei miei buoni auspici. Che tradotto in abruzzese suonerebbe “‘Ngule a mammete”.

Inizio a correre. Mi sento a metà Usain Bolt e metà Za’ Mariuccia quando iniziò ad avere disastrosi problemi di incontinenza.

Arrivo.

“Moroni a mare” era quasi deserta. Vedevo due timidissimi lettori con una copia del romanzo e diversi Dylan Dog in mano. Dietro apparve la criniera leonina di una più che sorridente Paola Barbato: un’anima nera con lo sguardo d’Angelo. E quando dico Angelo intendo il mio vivacissimo alunno settenne, dotato di impertinenza intellettuale!

 

LA TRAMA

Marilena Becarelli, Lena, come la chiamano gli amici, è una donna che si ritrova in un punto della vita arido. Ha una cicatrice profonda lasciatale da un evento drammatico. Saverio, il suo compagno di vita, due anni prima pare si sia suicidato nell’Arno. La salma: non pervenuta.

Lena è in continua lotta interiore con la voglia di continuare a vivere e quella di suicidarsi. Due anni dopo l’evento Lena trova all’interno della sua cassetta della Posta un cellulare. Il cellulare di Saverio, crede Lena.

Si scopre che Saverio sia stato un tutt’altro che un romantico uomo. Violento e gramo: uno di quei tipi che isola la propria donna sradicandola dalla propria famiglia, infliggendole la malsana virtù maschilista dell’essere l’unica cosa per cui vivere.

Lena inizia a pensare che sia Saverio a scriverle quei messaggi. Come una marionetta la donna inizia ad agire a comando: tutto ciò che le viene ordinato di fare, sotto forma di SMS, lei lo fa. Si ripropone l’architettura disfunzionale del rapporto malato. Almeno prima c’era un uomo, ora solo un cellulare… una Sindrome di Stoccolma priva di Svezia.

Proprio mentre accadono questi fatti irrompe il vero protagonista della storia, o meglio, coprotagonista. Francesco Caparzo. Un poliziotto ruvido, dirompente, una furia emozionale che come una mandria di gnu nella valle dell’Okawango travolge Lena ed il lettore.

Altri personaggi compongono l’intricata trama del romanzo: Betta, l’avvocatessa tumultuosa, Alex e Lucio, Astrid, la nazianimalista molto più che realistica, Mattia e Gianluca, che, senza troppe timidezze, si sono invaghiti di Lena, una banda di teppisti, un ex tossico redento. Ognuno di loro ha un peccato da scontare, un errore imperdonabile. Ognuno di loro è un tassello fondamentale che , forse, solo alla fine, scoprirete di quale ripugnante colpa si siano macchiati.

LA RECENSIONE

Paola Barbato

Nelle cinquecentoquattordici pagine della Barbato si ha quella sensazione agghiacciante che ognuno di noi prova quando vede un incidente grave in autostrada o qualche evento nefasto di cui si è spettatori. Arrivi ad esclamare: “Menomale che non sia capitato a me!” e continui ossessivamente a voler sapere più dettagli. Un po’ come il delitto di Avetrana o osservando il video di Young Signorino “Mmm hahaha”: non se ne può fare a meno.

La scrittura crudele dell’autrice milanese ti calamita a quello che sta accadendo. Le descrizioni sono ridotte all’osso. I personaggi, nonostante questo, li riesci ad immaginare benissimo. Ad esempio, io ho immaginato il poliziotto Francesco Caparzo come un rude uomo di Molfetta: accento pugliese chiuso ed alito che sa di pric-o-pràc.

Ho impiegato due settimane a concludere questo libro e, personalmente, sono arrivato alla conclusione che il “mostro” della storia sia proprio Lena.

Per gli amanti del genere questo libro è imprescindibile. Paola Barbato, senza sgomitare, è sicuramente molto più interessante di tanti scrittori anglofoni o scandinàvi.

Il vortice impietoso verso il baratro oscuro delle ossessioni è riuscito benissimo. Alla fine del romanzo arrivi a chiederti se anche tu sia capace di diventare un malefico criminale.

Io so chi sei è un Thriller perfetto. È verosimile. È aderente alla nostra realtà. Ed è forse questo il suo punto di forza.

Incontrando Paola Barbato a Pescara ho scoperto che questo è l‘inizio di una trilogia. Menomale!

Infatti è già possibile leggere “300“.

Potete avvalervi della piattaforma wattpad e leggerlo gratuitamente a questo indirizzo https://www.wattpad.com/user/ochaurobora

La “Trilogia delle semplici ossessioni criminali” , così personalmente la intitolerei, è già al suo secondo episodio. La Barbato sostiene che i libri sono totalmente slegati tra di loro ma che sono imparentati: “Cugini di  una stessa stirpe, che prima o poi,  si ritroveranno al compleanno della Nonna.” afferma Barbato.

 

Paola Barbato, classe 1971, è nota al grande pubblico internazionale con il suo famosissimo personaggio Dylan Dog che sotto la sua crudele penna è diventato il più affascinante personaggio del mondo dei fumetti.

Non perdetevi IO SO CHI SEI!

 

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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