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L’Arte omaggiata dal Cinema: quadri (e non solo) sul grande schermo

- 29/07/2021
luchino visconti francesco hayez


citazioni e influenze artistiche nella Settima Arte

Fin dalla sua nascita, il cinema ha rivolto il suo sguardo verso le altre Arti. Non mi soffermerò sui molti film biografici dedicati alle vite di artisti (che consiglio di guardare), se non per citare il candidato al Premio Oscar Loving Vincent (con affetto, Vincent) film particolarissimo, interamente dipinto su tela, rielaborando oltre mille dipinti per un totale di 66.960 fotogrammi realizzati da 125 artisti. Confesso anche che Vincent Van Gogh è nel pantheon di artisti che hanno contribuito maggiormente alla mia formazione; il mio personale ringraziamento a questo Maestro è firmare i quadri usando il nome invece del cognome, come faceva lui.

Insieme a voi vorrei però esplorare quel gioco di rimandi, talvolta nascosti, in cui le altre arti diventano ispirazione per il cinema in un concatenarsi di bellezza che genera nuova bellezza.

Andiamo con ordine: METROPOLIS: film che oltre ad aver ispirato Guerre Stellari e Blade Runner è stato citato più volte, una su tutte nel video di Radio Gaga dei Queen, clip che sua volta ha generato il nome d’arte della signorina Germanotta (ma di lei parleremo più avanti). Ebbene, incastonato in questo pilastro della cinematografia girato nel 1927 da Fritz Lang, c’è un capolavoro fiammingo: il grattacelo più alto di Metropolis, dove vive L’imprenditore – dittatore Joh Fredersen, è una citazione della Torre di Babele dipinta da Pieter Bruegel il Vecchio (che ne dipinse tre versioni) in particolare della cosiddetta Grande Torre del 1563. (2)

Fritz Lang, pseudonimo di Friedrich Christian Anton Lang (Vienna, 5 dicembre 1890 – Beverly Hills, 2 agosto 1976) negli anni in cui concepisce Metropolis è immerso nella effervescente cultura della Repubblica di Weimar e guarda anche ai suoi contemporanei: Il robot-Maria si riallaccia alle ricerche artistiche del Bauhaus e in particolare al Balletto Triadico di Oskar Schlemmer andato in scena per la prima volta nel 1922 (3-4), proprio negli anni in cui il regista concepiva l’idea del film.

Di Luchino Visconti di Modrone sappiamo quanta cura mettesse nella realizzazione di scene e costumi, tanto da pretendere arredamenti che non fossero riproduzioni, ma pezzi originali d’epoca. Il suo modo di concepire le scene è assolutamente pittorico, lo si vede bene in Senso, film del 1954 e ambientato al tempo della terza Guerra di indipendenza. La scena del bacio tra Livia (Alida Valli) e Franz (Farley Granger) altro non è che un appassionato omaggio al Bacio dipinto da Francesco Hayez. (5) Anche in questo caso l’artista ne dipinse più versioni tra il 1859 e il 1867. La versione del 1859 era sicuramente ben nota a Visconti, non solo perché esposta alla Pinacoteca di Brera, ma anche per un certo grado di parentela: il quadro fu infatti commissionato dal conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto.

5 – IL BACIO di Francesco Hayez (1859-1867)

Ro.Go.Pa.G. è un film del 1963 diviso in quattro episodi, il cui titolo è una sigla che identifica i registi dei quattro segmenti: Rossellini, Godard, Pasolini e Gregoretti: tutti veri Maestri della regia.

Tra questi voglio soffermarmi sull’episodio diretto da Pier Paolo Pasolini: La Ricotta. Questo film breve (disponibile su youtube), diviene immediatamente un casus belli: da un lato acclamato da Alberto Moravia che lo recensisce su L’Espresso, poi la vittoria della prestigiosa Grolla d’Oro per la miglior regia al festival di Saint Vincent, dall’altro subisce pesanti tagli della censura mentre Pasolini viene condannato per vilipendio della religione.

In questo capolavoro Pasolini, sempre scarno nei dialoghi e più propenso a far sì che sia l’immagine a diventare parola, mette in atto dei colpi di genio con i due veri e propri tableaux vivants che riproducono le due pietre miliari del Manierismo post michelangiolesco, rispettivamente la Crocifissione di Rosso Fiorentino del 1521 conservata nella Pinacoteca di Volterra e la folgorante Deposizione di Pontormo dipinta negli anni 1526-1528, conservata nella Cappella Capponi in Santa Felìcita a Firenze. (6) Non stento a credere che Pasolini sia rimasto affascinato da quest’opera dove Pontormo si esprime nel modo più libero e visionario, arrivando a “tatuare” il colore sui corpi nudi di alcune figure. Va sottolineato anche che in tutto Ro.Go.Pa.G i quadri viventi di Pasolini sono le uniche scene a colori del film, che per il resto si sviluppa tutto in bianco e nero.

Pasolini riprende la formula del tableau vivant successivamente, nel 1971 in Decameron dove appare una ricostruzione del Giudizio Universale affrescato da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova. (7)

All’Arte Italiana guarda anche il regista giapponese Akira Kurosawa. le sue immagini di battaglie, come ad esempio quelle in Kagemusha del 1980 o Ran del 1985, sono fortemente influenzate dalle atmosfere violentissime e al tempo stesso sospese della Battaglia di San Romano dipinta da Paolo Uccello tra il 1435 e il 1440. Questo trittico, commissionato da Lionardo Bartolini Salimbeni pochissimi anni dopo la battaglia combattuta il 2 giugno del 1432, celebra la vittoria dei Fiorentini sui senesi. Successivamente fu donato a Lorenzo il Magnifico dagli eredi di Lionardo. Attualmente le tre tavole si trovano divise tra Gallerie degli Uffizi, Louvre e National Gallery (8-9-10-11).

L’Arte fa inaspettatamente capolino anche in Arancia Meccanica diretto nel 1971 da Stanley Kubrik, dove la ronda dei carcerati (12) è la citazione dell’omonimo dipinto di Vincent Van Gogh del 1890, che a sua volta è la trasposizione dell’incisione di Gustave Doré, Newgate: The Exercise Yard (1872).

Anche Giuseppe Tornatore, quando la sua Malèna (film del 2000) si trasforma in femme fatale, rende omaggio alla bellissima Georgette Berger dagli occhi acquamarina che conquistarono ispirazione e cuore del pittore René Magritte. Esemplare è la scena della sigaretta (13) che richiama apertamente il ritratto della moglie dipinto da Magritte nel 1934.

Particolarmente degno di nota è lo studio accurato dell’Arte che troviamo nel capolavoro Supernova, diretto nel 2020 da Harry Macqueen. La potente intensità con cui il regista costruisce questo road-Movie sull’amore profondo di due uomini l’uno per l’altro non è data solo dalla bravura dei due protagonisti Colin Firth/Sam e Stanley Tucci/Tusker, ma anche dall’attentissimo uso del colore, del paesaggio, della luce.

Nelle selvagge colline attraversate dai protagonisti a bordo del loro vecchio camper (14) ritroviamo le stesse luci e atmosfere dei paesaggi di Caspar David Friedrich (1774-1840) che fu uno dei massimi esponenti del romanticismo (15). In una scena cruciale del film (16) respiriamo la stessa straodinaria intimità degli interni dipinti dal Danese Vilhelm Hammershøi (1864-1916), le stesse luci e le stesse ombre dense di significato. (17)

Anche il cinema fantasy attinge a piene mani alle arti grafiche. Vastissima la trasposizione di fumetti su pellicola, Marvel in testa, ma intrecciandosi anche ad altre arti: la Reggia di Asgard (18), ad esempio, somiglia in modo impressionante alla cattedrale Hallgrímskirkja a Reykjavík (19), progettata dall’architetto Guðjón Samúelsson in stile “basaltico” Islandese nel 1937 e costruita a partire dal 1945 al termine della seconda guerra mondiale.

Una lunga influenza sul cinema è quella esercitata da Maurits Cornelis Escher (1898-1972) I suoi “Mondi Impossibili”, che esprimono sotto forma artistica il concetto di relatività espresso da Albert Einstein, si rintraccinano non solo nelle celeberrime scale di Hogwarts, ma anche in molti altri film: in Labyrinth del 1986 (20), dove Jim Henson (sì, proprio lui, il creatore dei Muppets) dirige un eccellente David Bowie; o nel thriller fantascientifico Inception del 2010 di Christopher Nolan. (21)

Estremamente interessante è il caso del film Il quinto elemento girato nel 1997 da Luc Besson. Pellicola Fantascientifica assolutamente fuori dagli schemi con protagonisti Bruce Willis/Korben e Milla Jovovic/Leeloo. Besson fa confluire in questa pellicola i migliori talenti creativi del momento. È Jean Paul Gaultier a disegnare i costumi, che per Leloo disegna un abito a fasce bianche direttamente ispirato al drammatico autoritrato di Frida Kalho con Colonna Spezzata. Concept visivi e storyboard sono affidati ai disegni di Jean Claude Mezieres ,creatore di Valérian e al mostro sacro Jean Giraud, in arte Moebius (23-24-25) che, tra l’altro, ha al suo attivo anche influenze e collaborazioni in vari film come Dune e Tron.

Ancora una volta vediamo che l’arte, tutte le arti, sono dialogo, crescita, inclusione, vita…

Fabrizio Tiribilli

Nel prossimo appuntamento, non perdete lo speciale dell’arte nei videoclip musicali.

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Sono nato a Firenze il freddo 8 Febbraio del ’63. Sono di quelli battezzati in Battistero, ma più che l’acqua, temo abbiano influito su di me i fantasmagorici mosaici sopra la mia testa. Per tenermi buono da bambino bisognava darmi un foglio e una matita. Dopo gli studi d’arte e un po’ di università ho fatto per 20 anni il ceramista e il designer. Ora Pittore, Designer, mi occupo anche di Eventi Culturali e di Arti Inclusive. Sono stato definito un Visionario e l’ho trovato un complimento bellissimo. La mia creatività è spinta dalle mie imperfezioni e da quegli inciampi che la vita ci riserva, ma che mi hanno permesso di avere uno sguardo più accogliente e attento. Sono qui perché credo che l’Arte offra a tutti noi uno spicchio di felicità possibile.

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