“Here men from the Planet Earth first set foot upon the moon, July 1969, A.D.
We came in peace for all mankind”
È trascorso mezzo secolo da quando i tre astronauti statunitensi della missione Apollo 11, Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins, posero a memoria del primo sbarco sulla Luna una targa in acciaio inossidabile contenente questo messaggio (Qui, uomini dal pianeta Terra posero piede sulla Luna per la prima volta, luglio 1969 d.C. Siamo venuti in pace, a nome di tutta l’umanità.), firmato anche dal Presidente Richard Nixon. Dei tre astronauti solo i primi due camminarono sul suolo lunare, mentre Collins controllava il modulo di comando dall’astronave in orbita.
Oltre alla targa piantarono la bandiera a stelle e strisce, a sigillo di una conquista che, in piena guerra fredda, sancì il dominio americano nei programmi spaziali.
Per capire perché lo sbarco sulla Luna fu un evento di portata eccezionale, oltre che da un punto di vista scientifico, anche storico, va contestualizzato in quella “zona grigia” della storia del dopoguerra che tutti conosciamo come “guerra fredda“, la quale vide nella “corsa allo spazio” uno dei terreni di scontro tra USA e URSS.
La “Corsa alla Luna” di Stati Uniti e Russia
Per 20 anni, scenario privilegiato della Guerra Fredda furono le imprese spaziali. Vennero presto intese come gare tecnologiche e di colonizzazione atte a superare i limiti di un confronto diretto tra due superpotenze. Lo spazio inesplorato, l’ignoto avverso e il cielo sconfinato, con l’ideale di grandezza, progresso e libertà che rappresentavano, sembravano essere un campo di confronto neutrale e meritocratico di due nazioni così diverse e ambiziose.
Il primo atto si consumò ufficialmente il 4 ottobre 1957, con il lancio del primo satellite artificiale, lo Sputnik 1. Carpire il suo segnale dallo spazio, siglò il primo punto a favore dell’Urss. Un “bip” tanto atteso quanto temuto, soprattutto dagli gli Stati Uniti, che furono colti alla sprovvista. Per venti giorni lo Sputnik rimase in orbita irradiando il suo segnale. Un “bip” che per l’Urss fu un orgoglio nazionale e inaugurò, per il mondo intero, l’inizio dell’era spaziale. Tutto il mondo realizzò quindi che l’URSS avrebbe potuto lanciare armi nucleari a distanza intercontinentale.
Solo un mese più tardi, il 3 novembre 1957, l’Urss lanciò lo Sputnik 2, questa volta con un essere vivente a bordo: la piccola cagnetta Laika, immolata sull’altare della corsa allo spazio. La piccola cagnolina, ignara e spaventata, sopravvisse all’ingresso in orbita, ma morì per lo stress e il surriscaldamento tra le 5 e le 7 ore dopo il lancio. Tre anni più tardi, ad andare in orbita furono altri due cani, Belka e Strelka, che furono tuttavia più fortunati di Laika e tornarono sani e salvi dalla loro passeggiata spaziale, insieme al coniglio grigio e agli innumerevoli topi che fecero loro compagnia.
Gli Stati Uniti non rimasero a guardare: dopo una serie di fallimenti dovuti alla velocità russa e all’inesperienza, il primo febbraio 1958 lanciarono finalmente il razzo Explorer I e nel luglio dello stesso anno fondarono l’agenzia spaziale Nasa, diretta da Wernher Von Braun, ingegnere tedesco che vantava la paternità proprio dell’Explorer.
Ma i Russi riuscirono a imprimere una nuova vittoria nella Corsa allo Spazio: il 12 aprile 1961 la navetta Vostok I mandò nello spazio Yuri Gagarin, il primo uomo a compiere un’orbita ellittica attorno alla terra. Subito risposero gli statunitensi, con Alan Shepard che raggiunse lo spazio in un volo suborbitale il 5 maggio a bordo della Mercury 3, e John Glenn, che il 20 febbraio 1962, sulla Mercury 6, raggiunse l’orbita.
Era però il 25 maggio 1961 quando il presidente Usa John Kennedy annunciò al Congresso l’inizio del Programma Apollo, destinato a portare l’uomo sulla Luna entro dieci anni.
Se il primo passo fu il programma Gemini, per sperimentare la fattibilità tecnica dell’operazione, l’Apollo 1 vide la luce solo 6 anni dopo, il 27 gennaio 1967. Purtroppo però, a causa di un malfunzionamento, esplose sulla rampa di lancio.
Furono anni di grande euforia spaziale, una battaglia senza esclusione di colpi che spesso vide i sovietici decisamente più brillanti nei risultati: si deve a loro la prima donna cosmonauta, Valentina Tereskova (1963) e la prima passeggiata spaziale di Alexej Leonov (sempre 1963). Gli Stati Uniti, invece, si accontentarono di lanciare la prima sonda verso Marte, la Mariner 4, il 28 novembre 1964.
La seconda metà degli anni ’60 fu decisiva per il programma lunare USA: nel Natale 1968 l’Apollo 8 entrò in orbita lunare, e mentre i russi lanciavano in ordina lunare i primi animali, tre astronauti di nome Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins si preparavano a mettere piede sulla Luna.
La missione Apollo 11
Accadde al termine della tredicesima rivoluzione: il Lunar Excursion Module, ben più noto come Lem, si separò dall’astronave madre e cominciò la sua calata sul suolo lunare. Fu il momento più difficile dell’intera operazione, quello in cui qualunque manovra può essere decisiva e separare il successo dal fallimento.
Fu per i tre astronauti la seconda e ultima missione. Armstrong e Aldrin approdarono sulla Luna il 20 luglio alle 20:17:40 UTC, dopo quattro giorni di viaggio. Sei ore dopo il loro allunaggio, alle 2:56, Armstrong posò il primo piede sul terreno lunare (in qualità di comandante), nel bel mezzo del “mare tranquillitatis“, scelto perché piuttosto pianeggiante e sgombro da crateri. Tutto venne trasmesso in diretta tv, davanti a milioni di persone, che udirono la storica frase di Armstrong “Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l’umanità“.
La grana del terreno si presentava fine, come sabbia, particolarmente sdrucciolevole. La gravità lunare, circa un sesto di quella terrestre, rendeva difficili gli spostamenti tanto da far “saltare” i due astronauti, o camminare a passi lunghi, per muoversi con più facilità.
Furono raccolti dei campioni di suolo lunare quasi immediatamente, per evitare che una situazione di emergenza richiedesse l’immediato rientro, e fu piantata la bandiera degli Stati Uniti. Immediatamente dopo, Armstrong e Aldrin (che aveva raggiunto Armstrong circa venti minuti dopo) ricevettero una breve chiamata del Presidente Richard Nixon.
Venne poi il momento delle attività di studio: fu posizionato un sismografo e altri macchinari, vennero scattate numerose fotografie. Dopo tre ore e più di venti chili di materiale lunare raccolto, Aldrin e Armstrong fecero ritorno nell’Eagle per riposare. Alle 21:24 del 21 luglio 1969 la Eagle si ricongiunse con la Columbia per rientrare sulla Terra.
L’ammaraggio della Columbia avvenne a una velocità di oltre 2.000 km orari a est dell’Isola Wake, nel Pacifico del nord, il 24 luglio 1969. Armstrong, Aldrin e Collins rimasero isolati in quarantena per due settimane.
Il 13 agosto, i tre astronauti furono protagonisti di una ticker-tape parade a New York e a Chicago, a cui si stima che parteciparono sei milioni di persone. La stessa sera a Los Angeles vi fu una cena ufficiale di stato, al Century Plaza Hotel, per celebrare il volo, alla presenza di membri del Congresso, 44 governatori, il Presidente della Corte suprema degli Stati Uniti d’America e ambasciatori di 83 nazioni. Nixon e Agnew decorarono ogni astronauta con la medaglia presidenziale della libertà.
Il ritorno sulla Luna
Dopo Apollo 11, l’uomo tornò a mettere piede sul suolo lunare con Apollo 15, che introdusse nuovi traguardi nell’esplorazione lunare come l’utilizzo di un rover. Gli astronauti David Scott e James Irwin realizzarono ben tre uscite, con la seconda lunga oltre 7 ore, e si spinsero ben 5 km dal punto di allunaggio. Furono poi recuperati campioni di roccia ad oltre due metri di profondità rispetto a quelli superficiali prelevati da Armstrong e Aldrin.
Infine, Apollo 16 e Apollo 17, con le quali le attività extraveicolari si intensificarono e fu consentito l’allunaggio di uno scienziato-astronauta: il geologo Harrison Schmitt.
Per gli alti costi, l’antieconomicità delle spedizioni e il calo di interesse da parte dell’opinione pubblica, il Programma Apollo fu archiviato prima che vedessero la luce altre tre missioni.
Trasmissione in tv
Oltre 600 milioni di persone in tutto il mondo seguì in diretta l’allunaggio in tv. Per l’Italia fu realizzata dal Primo Canale una no-stop di oltre trenta ore – oggi la chiameremmo “maratona” – commentata, tra gli altri, dal giornalista cagliaritano Tito Stagno (soprannominato “Mr. Moonlight” da Frank Bormand, comandante di Apollo 8) e Ruggero Orlando in collegamento da Houston (resta nella memoria collettiva il misunderstanding tra i due, quando Stagno interpretò male le comunicazioni in diretta da Houston e annunciò l’allunaggio con congruo anticipo, per questo fu subito smentito da Orlando).
Una trasmissione che ancora oggi rappresenta un fiore all’occhiello della tv di Stato, capace di superare in qualità e durata persino il live delle tv americane.
La trasmissione toccò indici di gradimento record, pari al 96%