Ho appena finito di leggere questo magnetico romanzo, “L’Orso“, sulla spiaggia del Poetto a Cagliari.
Tre pomeriggi fitti ed avvincenti, un misto di angosce ataviche e proverbiali speranze affinché le vicende dei protagonisti filassero per la via giusta.
Ho avuto un po’ la stessa sensazione leggendo la Storia Infinita di Michael Ende e La Trilogia della Città di K. di Agota Kristof.
Ovviamente con trame e tematiche totalmente differenti… ma l’emozione tangibile era quella.
Di cosa narra “L’Orso”?
L’Orso narra una vicenda avvenuta realmente in Canada nell’ottobre del 1991 alla famiglia Jakubauskas sulla Bates Island nel Lago Opeongo a trecento chilometri e passa a Nord di Toronto. Ovviamente la Cameron ha sapientemente cesellato utilizzando le parole migliori per quanto è accaduto.
Anna, una bambina che a breve compirà sei anni, assieme al suo fratellino Stick, è in vacanza con i loro genitori in un campeggio
canadese.
Durante la notte, la famiglia felice viene svegliata da un enorme Orso Bruno che si accanisce sui genitori. In un ultimo gesto estremo il padre chiude in un container i due bambini, mentre la bestia continua a nutrirsi della donna per poi finire il suo pasto
notturno con l’uomo.
Il giorno seguente, assolato, i bambini escono dal nascondiglio ed attoniti osservano gli avanzi macabri del banchetto del plantigrado. Da lì i bambini cercano una via di fuga nel mondo selvaggio di un incontaminato parco nazionale canadese.
La recensione
Gli occhi si incollano alle parole e alle frasi che la Cameron utilizza per aprirci la porta a questa inconsapevole avventura di due
bambini piccolissimi.
A libro ultimato il mio cervello ha elaborato molteplici chiavi di lettura dicotomiche di questa storia.
Credo fortemente che scavando nei nostri ricordi più profondi la paura “dipinta” dalla Cameron, nelle vicende di Anna e Stick, in qualche modo, sono patrimonio universale: istintiva reazione vitale al trauma con la limpida necessità di rimanere in vita.
Sarà spettacolare per voi leggere la resa romanzata dei pensieri e delle intenzioni di una bimba così piccola.
E qui è quasi metaletteratura: empatizzare con il protagonista, vivere una storia non nostra. Ecco Michael Ende…
Poi il binomio Essere Umano-Natura , un binomio fragile che da sempre una delle due parti ha cercato di governare sin dall’alba dei tempi senza mai cercare un equilibrio felice.
Ne “L’Orso”, sono due bambini innocenti e privi di ogni sovrastruttura o conoscenza che affrontano la Natura Matrigna loro malgrado, che cercano invano di ripristinare quello che era stato. Una sorta di rito di passaggio dall’età infantile: il risveglio della
coscienza sopito nel cervello umano che affiora, guizzante come nuova sorgente, solo dopo un evento orrendo. Ecco la Kristof…
Non c’è motivo chiaro per ciò che è successo, si può solo ipotizzare che un orso affamato abbia deciso di nutrirsi con qualcosa di nuovo. Ciò che spaventa di più, quindi, è l’idea che non si possa dare l’idea dell’accaduto né alle persone né all’animale.
Identificare un errore ci rassicura perché ci permette di distinguere le circostanze di un incidente da quelle in cui ci troviamo, dandoci la sicurezza che quando è successo agli altri non succederà a noi.
Raccontare il mondo come i bambini lo vedono è senza dubbio un esperimento rischioso che Cameron vince facilmente.
Scrittura fluida e a “flusso di coscienza” senza i filtri di una artificiale narrazione fanno sì che L’Orso sia un vero e proprio Capolavoro.
… e questo è il primo libro che consigliamo a tutti gli orsi che a Luglio sono a prendere il sole sullo scoglio….
Al prossimo Sabato, come sempre!