Per questa seconda settimana bibliofila di marzo vogliamo proporvi un libro che, finalmente, potrà scardinare lo stereotipo di genere che vuole le donne prive di senso dell’umorismo. Anche nell’ambito della comicità, ahinoi, esiste da secoli la convinzione che le donne non possano usare il comico basso o fare allusioni sessuali esattamente come un uomo. Veronica Raimo col suo romanzo autobiografico, Niente di vero, pubblicato da Einaudi, scardinerà indelebilmente questo falso mito.
LA TRAMA
Prendete lo spirito dissacrante che trasforma nevrosi, sesso e disastri famigliari in commedia, da Fleabag al Lamento di Portnoy, aggiungete l’uso spietato che Annie Ernaux fa dei ricordi: avrete la voce di una scrittrice che in Italia ancora non c’era. Veronica Raimo sabota dall’interno il romanzo di formazione. Il suo racconto procede in modo libero, seminando sassolini indimenticabili sulla strada. All’origine ci sono una madre onnipresente che riconosce come unico principio morale la propria ansia; un padre pieno di ossessioni igieniche e architettoniche che condanna i figli a fare presto i conti con la noia; un fratello genio precoce, centro di tutte le attenzioni. Circondata da questa congrega di famigliari difettosi, Veronica scopre l’impostura per inventare se stessa. Se la memoria è una sabotatrice sopraffina e la scrittura, come il ricordo, rischia di falsare allegramente la tua identità, allora il comico è una precisa scelta letteraria, il grimaldello per aprire all’indicibile. In questa storia all’apparenza intima, c’è il racconto precisissimo di certi cortocircuiti emotivi, di quell’energia paralizzante che può essere la famiglia, dell’impresa sempre incerta che è il diventare donna. Con una prosa nervosa, pungente, dall’intelligenza sempre inquieta, Veronica Raimo ci regala un monologo ustionante.
LA RECENSIONE
Ho trovato assolutamente convincente il nuovo libro dell’autrice romana Raimo. Ammetto che la composizione del testo è a tratti anarchica. Nella sua forma caotica si plasma una più che puntuale e analitica visione del mondo e dei processi sociali che si compongono una famiglia tragicamente tradizionale. La lingua utilizzata da Raimo è permeata di veleni antichissimi e di sagacità. Il libro è super digeribile perché, pagina dopo pagina, si ride a crepapelle e, come dicono a Roma, de core!
In Niente di vero si ripercorre la goffa e grottesca adolescenza della protagonista che, non per suo volere, vive con due figure genitoriali amorevolmente imperfette. Sia la madre che il padre della protagonista trasudano manie, ansie e, concedetemi, miasmi, che normalmente sono riscontrabili in tutti i genitori della terra. In questo libro, finalmente, si cancella l’aura del ruolo genitoriale da manuale montessoriano e, con comicità intelligente, si affronta il tema con una pragmaticità caustica. Nel testo, Raimo, infila delle perle incredibili che, spero, diventino aforismi alla Woody Allen. In questa dimensione familiare imperfetta i personaggi danzano alla rinfusa rincorrendosi e anteponendo in maniera inconscia le proprie necessità. Raimo spezzetta sapientemente la costellazione familiare aprendo una ilare autopsia al concetto stesso di famiglia e di narrazioni familiari.
“Nella mia famiglia ognuno ha il proprio modo di sabotare la memoria per tornaconto personale. Abbiamo sempre manipolato la verità come se fosse un esercizio di stile, l’espressione più completa della nostra identità”.
Nel titolo c’è la chiave di lettura dell’intero testo: non è Niente di Vero. Tutto quello che realmente ci appartiene emotivamente è un nostro possesso perché desideriamo ardentemente di averlo a tutti i costi e ineluttabilmente. Raccontiamo a noi stessi una storia che non è mai quella oggettiva per raggiungere quel labile equilibrio relazionale che, a giorni alterni, ci fa stare bene.
Una lettura illuminante!
NB Vi assicuro che si ride tantissimo nonostante il mio compendio cervellotico!