TORRICELLA PELIGNA (CHIETI) In una gremitissima piazza Unità d’Italia, l’attesa per il professore è palpabile. Accenti di tutta Italia sono il cocktail inaspettato del mormorio di sottofondo che esorcizza l’inizio della conferenza.
Il professor Umberto Galimberti è arrivato in compagnia di vecchi amici Torricellani, suoi compagni di studi. ”Abbiamo fatto le guerre Puniche insieme!” dirà poi Galimberti.
La Direttrice Giovanna di Lello prende il microfono in mano. Applausi a prescindere.
Una signora anziana, evidentemente residente a Torricella, si fa strada tra la folla cercando di trascinarsi dietro un cesto di pomodori. “Tenga fa li buttijé!” [trad. “Devo fare le conserve di pomodoro”] imprecava tra le persone, ma, ahimè, per le conserve della signora, la platea era incontenibile.
Parla Galimberti.
Il professore introduce la sua conferenza “I nostri figli nell’età del Nichilismo” spiegando alla platea le differenze tra Psiche e Tecné, distinguendo il “soffio vitale” (proprio come uno dei personaggi di John Fante: la madre di Maria, Donna Toscana, in “Aspetta la Primavera, Bandini”) e quello del nichilismo: un binomio che è alla base dell’essere umano.
“I giovani d’oggi vanno più ascoltati e meno interpretati” afferma Galimberti “ I giovani non hanno futuro! Per loro il futuro è una minaccia o, quanto meno , imprevedibile. Questo è un problema culturale che diventa a tutti gli effetti un problema psicologico.”
Il pubblico ora è muto.
“Il futuro non funziona più come motivazione retroattiva” continua “I valori sono coefficiente sociale che la società adotta per ridurre la conflittualità ed ovviamente cambiano nel tempo, nelle epoche.”
Il Professore spiega gli step del Nichilismo secondo Nietzsche con dovizia di dettagli, ed il pubblico , come piccoli rondinini, prendono il nutriente pasto sapiente.
Galimberti afferma che: cadono i valori; manca lo scopo (e qui spiega l’etimologia del verbo greco : guardare minuziosamente, osservare analiticamente una sola cosa); manca la risposta al “perché”.
“I giovani si anestetizzano con l’alcool, con le droghe e dormendo fino a mezzogiorno…”
Ed arriva come una mannaia la considerazione galimbertiana della nostra società occidentale: la visione “cristianizzata” ha trasformato la visione oggettiva delle cose. Pretendere che tutto ciò che è stato <prima> sia un male, sia ignoranza e peccato, che il <presente> sia la redenzione ed il <futuro> la salvezza, ha fatto “ammalare” i giovani. Per galimberti anche Karl Marx ha questa visione “cristianizzata” della società: in qualche modo anche lui ha previsto un “futuro salvifico”, proletariamente paradisiaco.Negli anni ’70 si perde , secondo Galimberti, questa visione del corso delle cose con l’Happy Ending.
“Il Buon Baget Bozzo si domandò se la società Occidentale sopravviverà alla fine del Cristianesimo?” si domanda sornione Umberto Galimberti lasciando spazio ad una silente pausa.
“NO!” tuona il Professore come il “Savonarola di Torricella Peligna” lasciando sgomenti e paralizzati i più …
“Finalmente!” si sente fioca la voce dell’anziana signora dei pomodori che finalmente sficca tra la folla verso il portone di casa sua.
“La nostra società non può più accudire i figli…. ma chi li accudisce?” domanda minaccioso Galimberti.
“Nei primi 6 anni di vita si creano le mappe cognitive ed emotive delle persone, diceva Freud!” e Galimberti pone l’accento sul concetto di “Persona” e non di “bambini” spiegandoci , in separata sede, che parlare di “bambini” è un alibi dell’adulto per facilitarsi il carico di responsabilità.
Il professore descrive la condizione emotiva dei fanciulli: “Non hanno paura di niente, ma hanno angoscia di tutto! E quindi vanno accuditi… I bambini chiedono il perché delle cose: sono alla ricerca del principio di causalità!”
Il professore è convinto che i bambini occidentali abbiano troppi giocattoli, troppi oggetti e non li si lasciano opportunamente annoiare, inventare e quindi creare strategie. É convinto inoltre che un grosso errore compiuto dagli adulti sia il “Parlare male della Maestra!”.
Sostiene che sia gravissimo , poiché il bambino , a scuola, “divarica” la sua affettività tra genitori ed insegnanti: “E di chi si dovrebbe fidare il bambino?”
E questo crea oggettivamente un danno affettivo: “I Traumi affettivi sono più difficilmente recuperabili di quelli psicologici!”
Spiega inoltre che, anche se una maestra è pessima, non bisogna mai criticarla davanti ai bambini. “È gravissimo creare questo senso di sfiducia affettiva nell’età scolare!” e continua “Poi i bambini crescono, arrivano all’età della pubertà e dell’adolescenza: i giovani sono costretti a cambiare la loro visione del mondo!E la scuola? La scuola non deve indurre al suicidio…”
Risata fragorosa del pubblico.
“La scuola Italiana è la migliore del mondo, ve lo assicuro! Sicuramente non è un concorso che fa di un docente un buon docente. I buoni docenti devono essere carismatici, devono conoscere la psicologia dell’età evolutiva. Non possono conoscere solo la loro materia. Devono essere non solo insegnanti ma anche educatori…. Meglio un professore che plagia che uno che demotiva!”
E poi “Dovremmo smetterla di avere classi numerose, per seguire i ragazzi nel migliore dei modi , dovremmo creare classi di soli 12, 15 alunni!”
“Le regole scolastiche non devono essere ultimative… è già difficile ricostruire il proprio “IO” in adolescenza!” continua tempestoso.
“Durante l’adolescenza, soprattutto le ragazze,vivono la dicotomia di “individuo/specie”. Ovvero iniziare a viversi non solo come persone ma anche come potenza per la continuazione del genere umano.”
“Detesto i genitori che fanno gli amici del figlio… così facendo l’”Edipo” che è in loro non si manifesta… e con chi faranno l’”Edipo”? Con la Polizia?”
Il Professore ora si fa meno minaccioso ed inizia a spiegare il perché sia necessaria una educazione affettiva: il saper riconoscere e dare un nome alle emozioni.
“Oggi non è più vero che la differenza tra bene e male si possa sentire dentro di sé , come diceva Kant”. Galimberti sostiene che la carenza emotiva sia alla base di questa problematica. “I sentimenti non sono naturali: gli antichi li imparavano con i Miti. Bisogna mostrare anche il male ai bambini affinché possano decodificarlo: ad esempio trovo totalmente insensato non portare i bambini ai funerali! Per proteggerli? Ma proteggerli da cosa? Da come funziona la vita? E poi da queste convinzioni degli adulti stiamo “patologizzando” tutto!”
“Carissimi… attualmente i migliori conoscitori dei giovani sono gli operatori di mercato! Sanno tutto di loro e come dirglielo… dovete stare molto attenti…” nel pubblico cala un gelo siberiano.
“Dai 15 ai 30 anni gli esseri umani sono alla massima potenza sessuale ed ideativa. Pensate: Einstein a 24 anni ha elaborato la formula della relatività; l’inventore di Facebook a venti ha inventato questo social media, Mozart suonava alle corti di principi e Re la sua musica… e noi cosa stiamo facendo? Tarpiamo le ali ai giovani….una generazione di angeli inespressi, anzi, che non possono e non devono esprimersi…”
Il professore conclude così la sua conferenza in un bagno di folla fatta di giovani e meno giovani, rimanendo tutta la serata al Festival John Fante come spettatore.