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Pomeriggio di “Parole d’Abruzzo” al Festival John Fante


di Alessandra Ventura

In un pomeriggio che minaccia pioggia, il festival si sposta dalla pineta alla Mediateca. Poco a poco il pubblico riempie la sala fino a occupare il cortile esterno, complice l’attesa per l’ospite speciale del giorno, Dacia Maraini, che purtroppo si è infortunata durante il viaggio verso Torricella e pertanto non sarà presente.

Gli eventi si aprono con la presentazione del libro “Parole d’Abruzzo” (Ianieri editore) di Daniela D’Alimonte, dirigente scolastica e cultrice di dialettologia presso l’Università d’Annunzio. L’autrice dialoga con Giovanna Di Lello e Matteo Cacco a partire dall’analisi di alcune delle ventisette parole “iconiche” dell’identità abruzzese indagate nel testo. D’Alimonte sottolinea come la riscoperta del dialetto sia necessaria non in un’ottica di chiusura all’interno dei propri confini culturali, ma piuttosto per mantenere il senso della storia di un popolo e delle sue molteplici radici, anche linguistiche.

Il secondo incontro è quello con Alessio Romano e Dario Voltolini, autore del romanzo “Invernale” (La nave di Teseo). Il libro racconta gli ultimi anni di vita del padre di Dario, morto quarant’anni fa: tanto il tempo necessario non per elaborare il lutto, bensì per allenarsi a quella che Romano definisce una scrittura scorrevole ma chirurgica nella sua precisione, “commovente senza essere patetica”. Con quest’opera Voltolini si inserisce nel filone fantiano de “La confraternita dell’uva”, con la figura del padre macellaio – che richiama in qualche modo quella del padre muratore di Fante – la cui metafora esistenziale riporta tutto alla carne, a ciò che siamo, perché è la carne che “sogna, immagina, ama, si riposa”…

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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