Intervista a Monica Acito
Nella terza giornata del Festival John Fante, arrivato alla diciannovesima edizione, la redazione ha l’incarico di intervistare le tre finaliste del “Premio Opera Prima: John Fante”: Emanuela Anechoum con il libro Tangerinn, Aurora Tamigio con Il cognome delle donne e Monica Acito Uvaspina. Tre opere che hanno meritato la finale, curioso anche il fatto che in finale siano andate tre donne.
A me è toccato di intervistare con grande piacere, visto che avevo appena finito di leggere il suo libro appena in tempo per il festival Monica Acito, scrittrice nata a Salerno ma vissuta a Napoli negli ultimi anni. Nella Mediateca dedicata a John Fante a Torricella Peligna, una delle locations del festival, ho fatto qualche domanda prima della premiazione.
Quando nasce l’idea dell’uva spina come “frutto” e come libro?
A 8 o 9 anni, mi piaceva sbirciare nelle borse dei parenti o di mia mamma, soprattutto per cercare delle sigarette per provare a fumarne qualcuna per giocare a fare la “donna” grande. Ma mi veniva la tosse, che a volte si prolungava per giorni. Si usava l’uva spina spremuta che veniva usata come sciroppo per sedare la tosse. Chiaramente non era una medicina ufficiale, ma ci si affidava alle fattucchiere amiche del quartiere. Uvaspina che è il protagonista che in realtà si chiama Carmine, rappresenta quelle persone che vengono spremute dalla società e nel caso del libro soprattutto dalla sorella Minuccia.
Perché ambientato a Napoli? Forse domanda ovvia.
Si mi sono trasferita da Salerno a Napoli e i miei personaggi con i loro tratti e abitudini nascono appunto dal quartiere di Forcella. Le donne che vendevano le sigarette di contrabbando, i pescatori, i circoli, i ragazzi che giocavano, tutto era attorno a me.
Sappiamo che la sua casa editoriale la Bompiani ha già venduto i diritti del suo libro. Aveva già l’idea che sarebbe diventato un film? Che regista avrebbe scelto?
Ecco in base al mio immaginario “barocco napoletano”, in questa visione orientale, in questa creazione d’immagine del sud, avrei visto molto bene Mario Martone regista che mi piace molto, ma adesso vedremo cosa deciderà la casa di produzione Indiana Production, che ha preso i diritti del libro.
Quando ho letto il libro e ho pensato l’attrice che poteva impersonare la mamma di Uvaspina, Graziella la Spaiata, chiaramente col suo trucco più consono alla protagonista, d’altronde le attrici fanno anche questo e mi riferisco a Luisa Ranieri.
È vero me lo hanno detto in molti, ma io ci ho immaginato molto di più Cristina Donadio l’attrice che ha raggiunto la notorietà televisiva interpretando la boss malavitosa Scianel nella serie tv Gomorra.
Se fosse con l’accento romano Monica Guerritore sarebbe perfetta?
Si sono d’accordo.
Un romanzo ambientato in qualche modo nel mondo “queer”, tra l’altro va di moda questo termine. Una storia d’amore, questo incontro “puro”. Come ha accolto questo libro la comunità Lgbtq +?
Assolutamente bene, un sacco di messaggi bellissimi sia quando è uscito il libro, sia anche dopo un anno e mezzo dall’uscita. Continuo a sentirmi molto lusingata soprattutto innamorata di questi messaggi che mi arrivano tramite i social. Messaggi molto intimi che mi hanno fatto capire quanto questo romanzo abbia saputo toccare le corde di chiunque lo abbia letto.
Quindi nessun Vannacci alla sua porta?
Scrivere e raccontare, serve anche per ampliare i nostri orizzonti, farci uscire da quella che è la nostra confusione su certi argomenti. Tuttavia con alcune persone è impossibile, io non ho più tempo, né energie da perdere con chi non vuole capire, preferisco appunto continuare a scrivere e rivolgermi a chi mi apprezza.
Ho notato, l’utilizzo dell’”anafora “per tutto il romanzo.
Non tutti usano questo linguaggio strutturale, ci sono appunto ripetizioni e allitterazioni e consonanze che vengono richieste e se in qualche punto c’è qualche anafora in più è perché in quel momento il ritmo mi suggeriva di insistere con la ripetizione. Per esempio in alcune scene tra i protagonisti maschili appunto questa anafora l’ho esasperata per rimarcare alcuni momenti iniziatici della loro amicizia.
Dopo la premiazione, e del suo 2 posto insieme a Emanuela Anechoum, mi sono avvicinato a Monica Acito: “Sono contenta lo stesso! Essere qui è già un traguardo e sono soddisfatta del mio percorso. Grazie per queste attenzioni! Per finire gli ho chiesto se nel libro Uvaspina, c’erano dei finali alternativi. La Acito mi ha detto di sì, ha scelto quello che ha “sognato” qualche notte prima della stesura finale.
Leggendo il libro le emozioni si susseguono, pagina dopo pagina, ci sono tutti gli aspetti dell’amore, e l’amore è la madre di tutte le emozioni.